La nuova normativa anti-fumo: Imprenditori o "sceriffi"?
È partito il conto alla rovescia per l’entrata in vigore della
‘legge anti-fumo’, fissata per il 10 gennaio 2005.
Un provvedimento che fa e farà discutere, non tanto e non solo
per le sue conseguenze sulle abitudini quotidiane di gestori e
clienti, ma soprattutto per le modalità richieste per la sua
applicazione.
Anche a nostro giudizio, come già sottolineato da Confcommercio
e dalla FIPE, la Legge Sirchia presenta diversi punti critici,
se si considerano i ritardi nei regolamenti attuativi, le
carenze di interpretazioni ufficiali, la difficoltà di
installazione degli impianti di ventilazione, l’assoggettamento
delle discoteche alle nuove disposizioni, e, soprattutto, il
ruolo di ‘sceriffo’ affidato agli esercenti.
A questo riteniamo si debba aggiungere la totale assenza di
comunicazione delle novità in vigore dal 10 gennaio da parte
delle istituzioni ai cittadini, che sono in egual misura toccati
da questa norma in quanto clienti.
Una corretta campagna di sensibilizzazione potrebbe sicuramente
portare ad una maggiore comprensione e condivisione dei nuovi
divieti ed evitare spiacevoli situazioni di malinteso.
Nonostante i punti critici riteniamo comprensibile il principio
ispiratore della legge e cioè la tutela della salute dei
cittadini.
L’atteggiamento di commercianti, pubblici esercenti e più in
generale di tutti gli imprenditori del terziario siamo certi non
sarà quello di “boicottatori” della norma, come molti stanno
cominciando ad insinuare, ma di professionisti rispettosi della
norma dello Stato.
Il nostro invito a tutti i soci dell'Unione Commercio e Turismo coinvolti da questo
provvedimento è quello di esporre i cartelli che devono
contraddistinguere le aree non fumatori e quelle fumatori e di
invitare gli eventuali trasgressori, con la consueta cortesia, a
desistere.
Particolarmente penalizzante è, invece, l’attribuzione agli
operatori del ruolo di “sceriffi” che li porrebbe agli occhi dei
clienti quasi quali dei “delatori”, nel momento in cui la legge
stabilisce che siano proprio questi ultimi a dovere segnalare
alle autorità competenti eventuali sue violazioni.
A questo proposito siamo certi che gli operatori se si
trovassero di fronte ad un loro cliente che fuma nonostante il
divieto, non mancheranno di invitarlo a spegnere la sigaretta o
ad uscire temporaneamente dal locale per il rispetto degli altri
clienti non fumatori.
Impegnarsi a dovere chiamare la polizia in presenza di una
violazione della norma, riteniamo sia assolutamente
incompatibile con quello che è il ruolo di un operatore
commerciale.
E questo lo dice anche la Legge Italiana, quando con l’articolo
333 del Codice di Procedura Penale, stabilisce che chi non ha la
qualifica di pubblico ufficiale, non ha l’obbligo di denunciare
i reati ai quali assiste e tanto meno la facoltà di identificare
un eventuale trasgressore.
Condivisibile quindi il principio di tutela della salute dei
cittadini, ma la norma nel modo in cui è concepita rappresenta
un tipico esempio di come la Pubblica Amministrazione non sappia
affrontare in maniera seria problemi complessi e di come, in
mancanza di soluzioni efficaci, li scarichi su norme
estremamente proibizioniste.
Siamo confortati dalla convinzione che i nostri operatori sono
depositari di molto più buon senso di quanto ne stiano
dimostrando i nostri amministratori con l’introduzione di questa
norma.
Beatrice Martelli
GdS 10 I 2005 - www.gazzettadisondrio.it