Il Limbo…e cos’è?

Ma come, si parla ancora del Limbo? - I teologi, teste d?uovo molto complesse, sono stati illuminati - Storia del Limbo -

Ma come, si parla ancora del Limbo? -

A leggere certe notizie, come per esempio quella “Aboliamo il
Limbo. Tutti i bambini vanno in Paradiso” (La Stampa, 29 novembre
2005 e altri quotidiani), ti viene spontaneo un OH di meraviglia
e la domanda: Ma come, si parla ancora del Limbo, in tempi in
cui i bambini nel mondo sono i più penalizzati- ne muoiono 6
milioni all’anno per fame ,secondo il recente rapporto della FAO
e altrettanti vengono abbandonati(Programma d’azione comunitaria
per la lotta all’esclusione sociale 2002- 2006), altri vengono
concepiti e soppressi, altri ancora non possono difendersi dalla
furia omicida che oscura la ragione dei grandi, altri ancora
sono torturati ed uccisi per l’espianto degli organi e altri,
ancora, sono indotti alla prostituzione?

I teologi, teste d’uovo molto complesse, sono
stati illuminati -

Evidentemente i teologi, teste d’uovo molto complesse che vivono
in uno stato di grazia singolare (volete mettere uno che sta
sempre chino sui libri, che ha i piedi più per aria, cioè
rivolti al Regno di Dio, che non sa come si fatica a combinare
insieme uno straccio di pranzo e cena nelle famiglie a basso
reddito che devono sfamare più di un figlio?) sono stati-
finalmente!- illuminati e rigettano la dottrina medioevale
concepita da Agostino, Tommaso (che imbarazzo, a leggere di
gente come loro impigliati in questioni tanto meschine che
riguardano in modo particolare i piccoli, quelli che non si
possono mai difendere dal Potere) ed altri sulla salvezza dei
bambini non battezzati che vengono posti nell’Aldilà in un luogo
dove non vedono Dio, però non subiscono pene particolari: nel
Limbo, collocato al limite con l’inferno, visto che non hanno
ricevuto il battesimo d’acqua come ha comandato Gesù (E dire che
Lui ha chiaramente detto che se non ci si fa piccoli come loro,
non si entra nel suo Regno: cfr.: i Vangeli).

Riferiscono le cronache, che perfino l’attuale Papa Benedetto
XVI quando era il Presidente della Commissione teologica
internazionale aveva consigliato di “cassare” per sempre dal
catechismo la parola Limbo (e Ratzinger non è uno troppo tenero
con le deviazioni dalla dottrina cattolica), perché la
situazione planetaria dei bambini di ogni religione e razza, non
è per niente rosea e non può essere ulteriormente penalizzata
con “condanne” assurde come quella di confinarli lì per il
motivo che non hanno ricevuto il battesimo!

Bisogna smettere di essere incongruenti, fanatici,
fondamentalisti in religione che dovrebbe essere la “scaletta”
che ci solleva in alto da questo mondo sporco.

Storia del Limbo

Sui vocabolari italiani si trova, più o meno, questa
definizione: “il Limbo è il luogo e lo stato dove si suppone
vengano a trovarsi i bambini non battezzati che muoiono col
peccato originale, ma con nessuna colpa personale. Quanto alle
anime delle persone rette che sono morte prima della venuta di
Cristo, si pensa che abbiano atteso la sua venuta nel limbo dei
Padri. I teologi hanno pensato comunemente che il limbo non
comportasse nessun castigo, ma una felicità naturale che, però,
è priva della felicità piena proveniente dalla visione beatifica
di Dio”.

Evidentemente, i grandi uomini religiosi cattolici che hanno
contribuito al permanere di tale concetto nel tempo, non avranno
mai avuto a che fare con bambini, con la loro innocenza, con il
loro candore, con la loro fiducia nei grandi.

La storia del Limbo è lunga e complessa, però vale la pena di
conoscerla.

Nel medioevo, l’uomo era convinto che ciascuno riceveva una
ricompensa secondo i propri meriti, condanna eterna o
beatitudine paradisiaca dopo che la sua anima aveva soggiornato
in certi luoghi prima che il suo corpo sarebbe resuscitato dopo
il Giudizio universale. Il timore dell'inferno e la speranza del
paradiso guidavano (quasi) il comportamento di ognuno.
L'organizzazione stessa della società si basava in gran parte
sull'importanza dell'altro mondo, se è vero che la posizione
dominante della Chiesa e dei chierici in questo tempo, trova la
sua legittimità nella loro missione di guidare i fedeli fino
alla salvezza eterna(come, poi, è a tutti noto).
In ogni caso, non si accenna quasi mai ai bambini.

Per il cristianesimo medievale, l'aldilà è il luogo in cui si
realizza la giustizia divina, dove si rivela la verità del
mondo, mentre nei disordini di quaggiù essa è spesso schernita e
la verità di solito offuscata: solo nell’aldilà regna l'ordine
divino. Così, secondo la visione medievale dominante, non sono i
morti a essere le ombre dei vivi, ma i vivi a essere le ombre
dei morti. Ed è questa la ragione per cui Dante, accintosi a
tracciare l'atlante completo dell'umanità, abbandona il mondo
terreno e si impegna a esplorare, nel modo più esaustivo
possibile, i luoghi dell'aldilà, scrivendo quel capolavoro che è
La Divina Commedia, che stupisce ancora per la sua bellezza
stilistica e poetica.

L'aldilà informa la visione medievale del mondo: è un modello
perfetto in funzione del quale si giudica il mondo terreno e che
ha come posta la maniera di reggere la società degli uomini.

Il XII secolo rappresenta al riguardo un periodo decisivo,
perché è non solo il secolo della nascita del purgatorio, ma
anche quello di una profonda "riorganizzazione della geografia
dell'aldilà" che si è potuta fondare sul tratto caratteristico
del cristianesimo, una dualità radicale (Inferno- Paradiso). La
Grecia antica e il giudaismo primitivo raggruppano tutti i morti
in un universo sotterraneo: Ade e Sheol .

Annunziato dal Nuovo Testamento, soprattutto dal Vangelo di
Matteo (24-25) e dall'Apocalisse (20), considerato da san Paolo
un articolo fondamentale della fede (Lettera agli Ebrei, 6,
1-2), e integrato nelle formule del Credo, il Giudizio
universale offre la prospettiva - alla fine dei tempi - della
seconda venuta del Cristo, che separerà le pecore dai montoni
(Matteo, 25, 32), cacciando i malvagi nel fuoco eterno della
condanna ed elevando i giusti al Regno dei Cieli. Il messaggio
evangelico, amplificato dai Padri della Chiesa, fonda dunque la
credenza in un aldilà dualistico, che divide l'umanità in due
destini esattamente opposti: gloria celeste del paradiso per gli
uni, castigo eterno dell'inferno per gli altri. Già, ma i
bambini???

Questa visione terribile non s'impone però senza difficoltà, al
punto che Sant'Agostino - figura emblematica per il mondo
medievale - giungerà a scrivere il libro de La Città di Dio per
difendere l'idea dell'eternità delle pene infernali. Infatti,
come ammettere che Dio condannerà tutti i non- battezzati e i
cristiani deceduti in stato di peccato mortale a un tormento
così atroce, senza la speranza di liberarsi per l'eternità da
queste tremende fiamme? Non è forse contrario all'immagine di un
Dio d'amore e di perdono vederlo rigettare lontano da sé una
parte tanto importante della sua creazione? Non basterebbe
concepire pene temporanee, sufficienti a far scontare ai
peccatori le colpe commesse? È la posizione sostenuta non solo
da Origene e dai fautori di un ritorno finale di tutte le
creature a Dio, ma anche, in senso più lato, da coloro che
Agostino chiama i misericordiosi(meno male). Però il Padre della
Chiesa è inflessibile e combatte senza scrupoli questi
sentimenti troppo umani: il perdono ha i suoi limiti, egli
afferma, e il rigore della giustizia divina impone che il
castigo sia eterno(eppure lui non era proprio stato uno stinco
di santo da giovane). Dopo di lui, la dottrina cristiana non
evolverà su questo punto. Vi sono però buone ragioni per pensare
che molti uomini dei secoli medievali abbiano condiviso le
concezioni più misericordiose di Agostino: è per lo meno quanto
si deduce dallo sforzo incessante dei predicatori che, per tutto
il Medioevo, furono costretti a fomentare senza posa la paura
dei castighi eterni e a scoprire gli stratagemmi dei fedeli per
sottrarsi a questo terrore o per attenuarne gli effetti.

Per altri aspetti, le concezioni dell'aldilà conosceranno nel
corso del Medioevo adattamenti ed evoluzioni. Nei primi secoli
del cristianesimo domina l'attesa del Giudizio universale e
della resurrezione dei corpi, credenza basilare tra le più
originali della dottrina cristiana. L'aldilà si inscrive allora
principalmente in una prospettiva escatologica e riguarda l'uomo
nel suo complesso, ovvero come insieme di corpo e di anima. La
sorte nel mondo ultraterreno non concerne soltanto la
sopravvivenza dell'anima, ma anche il destino eterno del corpo
resuscitato. Benché le preghiere per la salvezza delle anime
risalgano alla notte dei tempi, una grande incertezza avvolge la
sorte che le attende nell'attesa del Giudizio finale. I Padri
della Chiesa, come Agostino o Gregorio Magno, devono ammettere
che, sebbene non accedano all'inferno o al Regno celeste
propriamente detti, le anime ricevano fin dal momento della
morte ricompense o castighi.

All'imprecisione dei primi secoli(i bambini non vengono mai
considerati), avevano fatto seguito riflessioni sempre più
minuziose. L'idea di un giudizio dell'anima, individuale o
talvolta collettivo, pronunciato subito dopo la morte, era
comparsa in numerosi racconti, come già nel Venerabile Beda, e
aveva poi dato luogo a scenari giudiziari sempre più complessi.
Le rappresentazioni iconografiche del giudizio dell'anima
compaiono in Occidente nel X secolo, e si sviluppano soprattutto
a partire dal XII, epoca in cui i teologi lo introducono nel
loro sistema, attribuendogli il nome di iudicium. L'attenzione
dei vivi si focalizza sempre più sulla sorte dell'anima, quella
che ciascuno spera o teme per sé, dopo la propria morte, o anche
per i parenti defunti, per i quali è bene moltiplicare le
preghiere e i doni di carità. Mai per i piccoli che se morivano,
venivano considerati “angeli” . E tuttavia, nello stesso tempo,
l'attesa del Giudizio universale rimane una prospettiva
fondamentale, continuamente ricordata e rappresentata con sempre
maggiore insistenza. Il mondo dei vivi e quello dei morti
coesistono: benché siano ben separati dalla barriera della
morte, gli scambi tra questi due sono intensi (suffragi dei vivi
per i morti, intercessione dei morti - e in particolare dei
santi - in favore dei vivi), e tra loro rimangono possibili
diverse forme di comunicazione e di passaggio. I morti possono
tornare quaggiù, o almeno apparire ai vivi, di solito per
chiedere un aiuto o per avvertire di un destino nell'oltretomba.
Per esempio, sebbene la dottrina della chiesa è contraria, i
racconti sugli spettri si moltiplicano per tutto il Medioevo,
tanto che spesso ve ne sono rappresentazioni folcloristiche.

Per gli abitanti di Montaillou all'inizio del XIV secolo (Cfr.
E. Le Roy Ladurie, Montaillou, village occitan de 1294 à 1324,
Paris 1975, cap. XXVII [trad. it. di G. Bogliolo, Storia di un
paese: Montaillou, Milano 1991], i morti non sono suddivisi tra
inferno e paradiso, ma conoscono un destino molto più omogeneo,
subendo la prova di un tempo di erranza, al termine del quale
accedono al riposo eterno. Ora, dal momento che la prova si
svolge in questo mondo, ma in modo invisibile, viene suggerito
ai vivi di non stendere le braccia quando camminano per evitare
di gettare a terra un'anima errante. Gli abitanti di Montaillou
sostengono però che il castigo si svolge non in un universo
sotterraneo e inaccessibile, ma nelle montagne circostanti e
familiari (una credenza che fa pensare a quelle rivelate
dall'etnologia africana, per le quali il mondo dei morti è
talvolta situato "dietro la collina" che fiancheggia il
villaggio). Così, nelle concezioni folcloristiche, morti e vivi
condividono i medesimi spazi, e non esiste un vero e proprio
aldilà, inteso come insieme di luoghi separati da questo mondo.
Al contrario, è peculiare del modello cristiano porre la sua
forza nella dualità che separa e oppone l'aldilà al mondo
terreno.

Tra il 1150 e il 1300 la cristianità si dedica a un grande
rimaneggiamento cartografico, riguardante la terra e l'aldilà.
La nascita del purgatorio e la concomitante affermazione dei
limbi, dove porre i bambini non battezzati, ne sono le
manifestazioni più evidenti. I testi degli anni 1170-80
riportano affermazioni precise sul fatto che le anime accedano
direttamente ai luoghi definitivi, che sono l'inferno e il
paradiso, a meno che un tempo funzionale di purificazione non
imponga loro un soggiorno in purgatorio(per fortuna, non si
parla mai di bambini e neanche appaiono nelle numerose
iconografie del purgatorio). Alcuni luoghi si dissociano gli uni
dagli altri, secondo la loro carica specifica, e questo porta
alla nascita del purgatorio, del limbo dei Padri e del limbo dei
bambini. Così il purgatorio, benché definito in quanto nome e
come luogo fisico fin dagli anni 1170-80, conserva per lungo
tempo una localizzazione incerta. Guglielmo d'Alvernia parla di
disseminazione delle pene purgatorie in innumerevoli luoghi
della terra, mentre san Bonaventura evoca il purgatorio come un
"locus indeterminatus", mostrando così di essere vicino a una
concezione della pena purgatoria in termini di stato più che di
luogo. Tommaso d'Aquino afferma invece a chiare lettere che il
purgatorio è ipogeo e contiguo all'inferno, e che vi brucia lo
stesso fuoco, sicché solo una dispensa divina autorizza una
purgazione in un luogo terrestre.

Infine, si afferma il sistema scolastico dei cinque luoghi
dell'aldilà, che san Tommaso esplicita in modo esemplare,
affermando la chiara razionalità di ciascuno di essi,
corrispondente a uno status specifico delle anime a causa dei
loro meriti e demeriti. Questo il suo ragionamento: al momento
della morte le anime possono essere nella condizione di ricevere
la loro ricompensa finale, sia in bene (nel paradiso), sia in
male (nell'inferno, se si tratta di peccato attuale; nel limbo
dei bambini, se si tratta di peccato originale); se non possono
ricevere la ricompensa finale, può essere a causa di una colpa
personale (e allora vanno in purgatorio) o a causa di una colpa
naturale (e devono dunque attendere il Cristo nel limbo dei
Padri). Al tempo degli Scolastici del XIII secolo, diventa
possibile parlare di una geografia dell'aldilà delle anime.

Allora, secondo la dottrina cattolica, dove vanno le anime dei
bambini che muoiono prima del parto, o subito dopo, e comunque
prima di essere battezzati, o le anime dei bambini che vengono
abortiti, o quelli di altre culture e religioni?

Per la dottrina cattolica tutti nascono con il peccato
originale, nessuno può entrare nella visione beatifica se il
peccato originale non è superato. La via normale è quella di
contrarre il Battesimo, questo è un mezzo infallibile che noi
abbiamo per assicurare la piena felicità nella visione
beatifica(ed ora che i Media ci fanno entrare nelle altre
culture con rituali diversi, creduti assolutamente unici per la
salvezza individuale e collettiva, metti, ad esempio, l’islam
dove i bambini vengono accolti con grande gioia nella loro
comunità, l’unica che porta a Dio?)

E , sempre per quanto afferma la dottrina cattolica, cosa
succede a coloro che muoiono senza Battesimo?

Nel corso della storia ci sono state opinioni diverse in
proposito: nel sommo Magistero della Chiesa esistono documenti e
affermazioni abbastanza precise.

In particolare nella lotta tra Sant'Agostino e Pelagio,
quest'ultimo negava il peccato originale(una cosa che ho trovato
stranissima ma che mi ha colpito non poco è che tra i taoisti vi
è la credenza che le colpe degli antenati “passano” sui figli,
una specie di peccato originale) mentre Agostino, dottore della
Chiesa, ne affermava l'esistenza. Al tempo di sant'Agostino si
trovava l’insegnamento secondo cui fuori della Chiesa non c'è
salvezza, per cui le persone che non sono state battezzate,
adulti o neonati, non possono partecipare alla visione
salvifica.

In questo contesto Sant'Agostino parla anche dei bambini morti
senza battesimo, e li assegna all'inferno, dicendo che sono
soggetti alle fiamme dell'inferno, sebbene aggiunga a "fiamme
mitissime"(generoso, non c’è che dire).

San Tommaso d'Aquino e gli scolastici propongono però una
visione diversa da quella di sant'Agostino. Essi abbandonano la
sua teoria secondo cui i bambini non battezzati vanno
all'inferno, anche se in forma mitigata, e costruiscono una
forma intermedia che è conosciuta come Limbo. Si tratta di una
costruzione teologica per spiegare la condizione di quegli
esseri umani che sono morti, ma che però non sono in cielo(e i
bambini cosa mai hanno fatto di male?).

Questa teoria del Limbo non è mai stata proposta in modo
obbligatorio nella Chiesa. Infatti, sono stati compiuti molti
studi a riguardo, compresi quelli sui Concili ecumenici e si è
arrivati alla conclusione che credere al Limbo non è
necessario(che sollievo, però).

In preparazione al Concilio Vaticano II fu elaborato uno schema
che aveva come titolo: "Per salvare nella sua purezza il
deposito della fede". Vi era anche un capitolo che condannava
formalmente coloro che attaccavano il Limbo. Quando questo
progetto giunse alla Commissione generale preparatoria del
Concilio, ci fu una tale obiezione da parte di cardinali ed
altri vescovi che fu deciso di cancellarlo.

Però nel Catechismo della Chiesa Cattolica pubblicato nel 1992,
vi è il numero 1261 (pag.331) dedicato proprio alla sorte dei
bambini morti senza battesimo.

Scrive il CCC: "Quanto ai bambini morti senza Battesimo, la
Chiesa non può che affidarli alla misericordia di Dio, come
appunto fa nel rito dei funerali per loro. Infatti, la grande
misericordia di Dio, 'il quale vuole che tutti gli uomini siano
salvati' (1 Tm 2,4), e la tenerezza di Gesù verso i bambini, che
gli ha fatto dire: 'Lasciate che i bambini vengano a me e non
glielo impedite' (Mc 10,14), ci consentono di sperare che vi sia
una via di salvezza per i bambini morti senza Battesimo. Tanto
più pressante è perciò l'invito della Chiesa a non impedire che
i bambini vengano a Cristo mediante il dono del santo
Battesimo".

Già e per quelli che sono “lontani”?

Forse è per questo che la Commissione teologica (ma figuriamoci)
ha pensato brillantemente di “abolire il limbo” che nessuno sa
cos’è, però una considerazione da fare s’impone.

Oggi si è consapevoli che ogni essere umano anche se feto in
utero o embrione, fa parte della famiglia umana, e quindi
ontologicamente nel suo essere ha un rapporto con tutti gli
uomini e, per i cristiani, anche con Gesù Cristo che è il capo
della nuova umanità, il nuovo Adamo., Colui che salva tutti,
indistintamente, al di là dei riti delle varie religioni.

Inoltre , dalla Sacra Scrittura sappiamo della volontà salvifica
universale di Dio, Cristo è il Redentore di tutti e vuole che
tutti siano salvati.

Bisogna anche aggiungere che in nessuna delle molte religioni
che ora abbiamo la fortuna di conoscere e di contattare sia per
gli immigrati che per Internet, oltre che per le numerose guerre
che falcidiano prima di tutto gli innocenti piccoli dell’uomo,
vi è solo la preoccupazione di sapere dove va a finire l’anima,
dopo la morte, perché assolutamente non ci si può convincere che
si svanisca nel nulla.

I bambini che vediamo in TV, specie quelli dei Paesi straziati
dalle guerre, muoiono innocenti, sono gli stessi per i quali “
Una voce si è sentita in Rama, pianti e lunghi lamenti.

Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata,
perché essi non ci sono più (Matteo 2, 18).

Speriamo che non si parli più del Limbo ma di come concretamente
far nascere il sorriso sulle tante labbra di troppi bambini
torturati.

Ma questo è un altro discorso.

Daria Donati

GdS 10 XII 2005 - www.gazzettadisondrio.it

Daria Donati
Società