Il lato oscuro degli Anni Settanta - 'Buongiorno, notte'

Tre premi interessanti - La lettera del figlio di Moro La storia - Il regista e le sue parole - La scheda del film

TRE PREMI
INTERESSANTI

'Buongiorno, notte', il film
del regista Marco Bellocchio prodotto da Rai Cinema che
racconta fantasticamente con una vena psicanalitica, una
delle pagine più oscure della storia italiana del
dopoguerra, la prigionia di Aldo Moro, ha ricevuto il
‘Leoncino d'Oro Agis scuola’, il premio ‘Cinemavvenire’ e il
premio ‘Arca cinema giovani’. "Sono premi preziosi - perché
assegnati da questi ragazzi. Riuscire ad emozionare e a
coinvolgere ragazzi che, nel '78, all'epoca del sequestro
Moro, non erano neppure nati, mi sembra bellissimo". Così
Marco Bellocchio ha commentato i tre premi assegnati a lui e
al suo 'Buongiorno, notte', proprio da giurie di giovani.

Al di là delle diatribe suscitate dalla mancata assegnazione
del Leone d’oro, crediamo sinceramente che, l’attestato
migliore per il suo film sia la lettera del figlio di Moro
inviata a Giancarlo Leone, amministratore di Rai Cinema, che
ha coprodotto il film «Buongorno, notte» e che riportiamo


LA
LETTERA DEL FIGLIO DI MORO


La lettera del figlio dello statista

«Ho molto apprezzato il film di Bellocchio.

Trovo che Bellocchio scegliendo di riflettere
sull'esperienza dell’uomo Aldo Moro in carcere senza vincoli
o ambizioni di ricostruzione storica o di fedeltà
all'insieme dei fatti, abbia illuminato aspetti importanti
di quella vicenda. Non sono un critico cinematografico, ma
mi viene da dire che questo è un caso in cui una creazione
artistica è stata capace, proprio restando tale, di
accrescere la conoscenza della realtà.

Penso che chi vedrà il film potrà cogliere il senso del
dramma di un uomo posto di fronte a un destino tragico
quanto insensato, non necessario, da lui vissuto in modo
tanto più acuto quanto più era netta la sua percezione
dell'incombente fine del mondo diviso in blocchi e
dell’obsolescenza delle ideologie che aveva improntato di sé
il secolo».


LA STORIA


«Buongiorno, notte» incarna un viaggio di fantafiction
attraverso le immagini dello showdown clamoroso della Prima
Repubblica, il rapimento e l'assassinio di Aldo Moro: la
miserevole fine, nella primavera del '78, dei «Dreamers»
(sognatori) col pugno chiuso e l'inizio degli anni di piombo
contrassegnato dal cadavere dello statista rannicchiato nel
bagagliaio di un'automobile abbandonata. Il regista propone
la sua verità, tanto amara da convivere con gli incubi di
un'intera generazione. Tratto liberamente dalla sconvolgente
ricostruzione «Il prigioniero» di Anna Laura Braghetti,
condannata all'ergastolo e attualmente ammessa, dopo
ventidue anni di carcere, alla libertà condizionale,
«Buongiorno, notte» si concentra sul rapporto tra Moro -
interpretato da Roberto Herlitzka - e i suoi fantasmi
persecutori, in particolare la vivandiera Chiara (Maya
Sansa) per nulla convinta della necessità politica di
uccidere l'ostaggio, che si scopre sempre più a disagio nel
vivere i ritmi di sempre: un ufficio anonimo, il lavoro
insospettabile, le reazioni dei colleghi distanti anni luce
dal suo ruolo di «combattente» e le attenzioni di un
coetaneo che sembra leggerla nel profondo, più di quanto a
lei stessa riesca.

Così le sagome dei brigatisti emergono dalle stanze del covo
con i flash dal teleschermo del bilancio sanguinoso
dell'agguato di via Fani, delle dichiarazioni dei leader
democristiani, dei rituali raduni della sinistra
parlamentare (con il violento rigetto dei criminali affidata
alla retorica di Luciano Lama) si riflettono nei volti che
hanno la funebre, vitrea fissità di “statue” di sale.

Nel mix di ripetitiva realtà e ricorrenti incubi, il ricordo
del padre di Chiara ritorna sotto forma di «Paisà» e «Tre
canti su Lenin», lampi di orgoglio partigiano e spezzoni di
sfilate del Primo maggio staliniano che riportano i dubbi e
i tormenti in un album di famiglia inequivocabile, eppure
così distorto. Un'evocazione stupefacente, con slogan
insensati («la classe operaia deve dirigere tutto»)
sottolineano il dignitoso atteggiamento di Moro, che non sa
più quali parole scegliere per tranquillizzare la famiglia o
implorare l'aiuto dei potenti. Impossibile, poi, restare
indifferenti al sogno incredibile che fa sentire l'aria
fresca del mattino sui passi frettolosi dello statista
liberato e la solenne carrellata sui funerali di stato.
Ingrao accanto ad Andreotti, Cossiga accanto a Zaccagnini,
Craxi accanto a Berlinguer, Almirante accanto a Dalla
Chiesa… Da brividi.

Il film di Bellocchio non pretende di raccontare la verità
storica, come lo stesso regista ha chiarito. Morucci, e
Gallinari i due brigadisti, assieme alla Braghetti,
carcerieri di Moro, contestano la tesi che fossero
«deliranti e avulsi dalla realtà» Dice Gallinari: «La
drammaticità dello scontro con cui volevamo mettere in
discussione le regole del Paese era chiaro a tutti; eravamo
consapevoli che poteva anche non esserci via d'uscita.
D'altronde, è anche vero che nessuno volle trovarla. Il
riferimento del film al Papa è puntuale: il Papa, e in
particolare il Pci, hanno avuto grosse responsabilità. Ciò
non toglie che è storicamente falso sostenere che fossimo
chiusi. Come organizzazione politica osservavamo,
calcolavamo ed eravamo radicati nei quartieri, nelle
fabbriche, sapevamo dunque quello che la gente pensava»(Cfr.
quotidiani di settembre 2003)

Tuttavia, il merito di «Buongiorno, notte» sta «nel non
parlare del caso Moro come di un giallo, ma di una storia di
persone, un dramma di uomini: Moro non è uno statista ma un
uomo, un padre e i brigatisti sono uomini disperati e
distrutti, non solo dei mostri». Parole di Pier Giorgio
Bellocchio, figlio del regista, che interpreta la parte di
Germano Maccari, l'uccisore materiale di Aldo Moro. «Tutti
noi come interpreti di personaggi storici sul set sentivamo
di vivere un destino ineluttabile», spiega Giovanni
Calcagno, nel film Primo, ruolo ricalcato su Prospero
Gallinari. E Luigi Lo Cascio (Mariano, nella parte di Mario
Moretti) ricorda una singolare coincidenza: «Peppino
Impastato, che ho interpretato in ”I cento passi” fu
ritrovato morto il 9 maggio, lo stesso giorno di Moro.
Abitavo a Palermo, avevo 11 anni allora e ricordo benissimo
quel giorno. Forse uscimmo prima da scuola, mi è rimasto
impresso il ritorno a casa, sull'autobus il conducente fece
ascoltare tutte le edizioni straordinarie dei gr».

La protagonista Maya Sansa (la brigatista Chiara, ispirata
ad Anna Laura Braghetti) aveva solo due anni quel 9 maggio:
«Non ne sapevo quasi nulla prima di girare il film, lo
ammetto. Ma la trama è soprattutto basata sul percorso di un
personaggio che deve fare i conti con la grande fiducia che
aveva nella rivoluzione e poi con una realtà dei fatti che
non comprende più».

«C'è stata una precisa intenzione di non salvare Moro».
Roberto Herlitzka, che nel film interpreta la parte dello
statista, critica duramente la decisione di non trattare ai
tempi del rapimento: «Durante la prigionia lo Stato faceva
azioni di mera facciata. Moro doveva essere eliminato, lo
volevano russi e americani». Ancora più duro il resto del
cast: «Nella vicenda Moro lo Stato non ha vinto, ma ha
stravinto», rilancia Calcagno, «non trattando ha cancellato
insieme un movimento e l'unico politico che poteva portare a
un accordo con il Pci». «Questi cinque poveri esseri umani,
Moro compreso, non aspettavano altro. Si vedono espressioni
smarrite, teste precocemente incanutite, sguardi testardi,
volti annichiliti di chi ha consumato tutte le parole, tutte
le speranze. Dice il regista: «Lasciare uccidere Moro fu un
errore politico. Un gesto di debolezza e non di forza da
parte dello Stato. Del resto, non sono io ma gli storici a
sostenere che la catastrofe della prima Repubblica sia
cominciata lì. Come cittadino ero per la trattativa, la
possibilità che un uomo venisse assassinato così, a freddo,
mi sembrava folle»(Dalla Conferenza Stampa, Venezia,5
settembre 2003).


Il regista e
le sue parole


- Perché «Buongiorno, notte»?

E’ un verso di Emily Dickinson fin troppo evocativo, per
riandare a un periodo oscuro, notturno, angosciante.
«Buongiorno, notte», come un sogno o un'invocazione, per un
film volutamente infedele alla storia, per una vicenda
plausibile.

- Lei, però, ha fatto il ’68….

In quegli anni non appartenevo a schieramenti, la mia
stagione politica era finita nel '69, e quindi oggi mi trovo
nella condizione di non dover chiudere conti con nessuno, di
poter avere una certa libertà. Ho cercato di fare un film
con una struttura solida. Come reagirà il pubblico? Da chi
all'epoca non era ancora nato o era troppo piccolo per
ricordare, ho avuto segnali di sorprendente emozione. I più
adulti potrebbero arrabbiarsi, non tanto a destra, forse,
quanto a sinistra. Comunque, mi auguro non ci siano
strumentalizzazioni. Ho preso una vicenda clou della storia
italiana per raccontarla in chiave personale. Ad altre
condizioni non avrei accettato il film quando Rai Cinema me
lo propose.

- Pensava che la figura di Moro potesse suscitare tanta
commozione ,oggi?

Mi sono stupito della positiva accoglienza che ha avuto il
mio film( di fatto, noi avevamo detto: guardiamo per dieci
minuti e nulla più. Invece siamo rimasti fine allo score
finale). Non mi aspettavo che la figura di Moro suscitasse
tanta pietà e tanta simpatia. Di quei giorni del 1978
ricordo la confusione, lo sperdimento, l'indignazione. Mi
colpì che le scuole furono chiuse e i bambini mandati a
casa, come dopo una calamità, e infatti l'idea originale era
di far cominciare il film con il nipotino di Moro, Luca, che
tornava improvvisamente da scuola. Sempre in un primo
momento, per sottolineare il taglio particolarissimo del
film, del presidente della Dc si sarebbe dovuta sentire solo
la voce. Avrei voluto girare nella casa, filmare quella
finta vita di famiglia messa in scena dai brigatisti
carcerieri e poi rischiare di guardare nella cella del
prigioniero.

- Come si è documentato su questo travagliato momento
storico del nostro Paese?

Ho letto molti libri, documenti, atti, da Sciascia a
Flamigni, e il libro della Br Anna Laura Braghetti, «Il
prigioniero», perché racconta dal di dentro i giorni della
prigionia, la doppia vita dei sequestratori divisi tra la
ferocia della loro azione e i riti della quotidianità usati
come copertura. A Maya Sansa, una sorta di alter ego della
Braghetti, così come Lo Cascio interpreta Moretti, Pier
Giorgio Bellocchio Maccari e Giovanni Calcagno Gallinari. Il
ruolo centrale è quello della Braghetti che fa da tramite
per un ipotetico rapporto umano tra Moro e i suoi aguzzini.

- Di fatto, lei è abbastanza infedele alla storia, a come si
conclude questa tristissima vicenda.

Non ho accettato l'ineluttabilità della tragedia né mi
interessava indicare i responsabili, capire chi c'era dietro
i terroristi, affrontare quel dibattito sul complotto che
per anni ha riempito le cronache. Diventando infedele alla
storia, ho dato alla ragazza una possibilità di reagire,
come purtroppo non è avvenuto nella realtà. Non volevo, in
alcun modo, fare un film politico o storico, non cercavo le
motivazioni e le ragioni e del sequestro dello statista
democristiano. Mi interessava piuttosto la vicenda umana, di
Moro ma anche dei suoi carcerieri, in particolare la lotta
interiore vissuta dal personaggio di Chiara (interpretata da
Maya Sansa) che, pur credendo nelle ragioni della lotta
armata si scopre a "sognare" la liberazione di un leader che
sente anche persona e uomo e che tiene segregato in casa.
Per raccontare questo ho dovuto tradire, essere infedele
alla cronaca, smentire la tragica fatalità del sequestro e
dell'uccisione barbara di Moro. Infatti, il suo assassinio a
freddo, mi ha ricordato la fine tragica dei partigiani
buttati a fiume dai tedeschi. Non ci posso fare nulla, non
so se sia lecito o meno l'accostamento, ma così è stato.

- Perché dà due versioni (la reale e la fantastica) della
vicenda Moro?

Nel film vi sono due opposte conclusioni - la libertà e la
morte – Credo che corrispondano a quanto fu vissuto dal
prigioniero e insieme pongono in luce in modo equilibrato ma
netto il nodo, ancora non sciolto, di quella vicenda anche
dal punto di vista storico, politico e giudiziario.

- La storia è sottolineata da musiche molto particolari,
specie da quelle dei Pink Floyd. C’è un motivo particolare,
per tale scelta?

La musica va da Schubert e Verdi ai Pink Floyd, ed è un
azzardo che funziona. il pezzo notissimo dei Pink Floyd mi
pareva che rendesse bene il clima di quegli anni, disperato
ed estremo. Mi sembrava che valesse più quella musica di
tante parole.

- Le curiosità

Stessa rabbia, stessa primavera (da una canzone di De Andrè)
è il titolo scelto da Stefano Incerti per il suo
documentario su Marco Bellocchio e il suo Buongiorno, notte,
presentato nei Nuovi Territori di Venezia 60. Più che un
backstage, è un ritratto del regista tra vita, cinema e
politica.

La produzione è di Sergio Pelone per Filmalbatros e Dario
Formisano per Elleu Multimedia, marchio che distribuirà il
dvd.

Nella scena della seduta spiritica si scorgono alcune
persone del club intente a giocare a carte sullo sfondo. Tra
questi lo stesso Bellocchio.

Il film è piaciuto «tantissimo» anche al Presidente della
Rai, Lucia Annunziata: che ha dichiarato:«”Buongiorno,
notte” prende in contropiede la mia generazione che ha
rimosso il caso perché fu una sconfitta, fu la fine di
tutto. Trovo liberatorio che Bellocchio abbia lasciato sullo
sfondo il dibattito dietrologico su Cia, Kgb e complotti su
cui molti di noi si incagliarono e si persero».

Dopo la strage di Portella della Ginestra («Segreti di
Stato») e il Sessantotto («The Dreamers»), Marco Bellocchio
chiude una sorta di ideale trilogia festivaliera sulla
Storia del dopoguerra.


La Scheda del
film


Buongiorno notte

Regia: Marco Bellocchio

Cast: Maya Sansa , Pier Giorgio Bellocchio , Luigi Lo Cascio
, Paolo Briguglia , Roberto Herlitzka

Provocato da 'Il prigioniero' della ex terrorista Anna Laura
Braghetti Buongiorno notte (il titolo è tratto da un verso
di Emily Dickinson) di Marco Bellocchio ha già vinto un
record: è uscito nelle sale di tutta Italia con 170 copie,
un numero altissimo per un film d'autore ad inizio stagione.

Chiara, giovane terrorista appartenente alla lotta armata, è
coinvolta nel sequestro Moro. Di contro è chiamata a vivere
la normalità del quotidiano con i suoi ritmi di sempre: un
ufficio, un lavoro dei colleghi e un amico che sembra
leggerla...
Team De Falco - Marotta

GdS 18 IX 03  www.gazzettadisondrio.it

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