KUMA, “La luce circolante” dall’estremo Oriente

Di per sé il Chiostro di San Francesco della Vigna, nei
pressi dell’Arsenale, dove vi sono due originali
installazioni “La Luce circolante”, un insieme di prismi di
vetro e ferro dal peso di 200 Kg e “La Campanella”, una
scultura di metallo composta di lastre incise per una
lunghezza di 100 metri dell’artista giapponese Kuma(Venezia
12 giugno- 2 novembre 2003), è un luogo sublime.

Nel chiostro, dove tombe sacre ricordano uomini virtuosi
dell’antichità, si respira un’aria di luoghi eterni ed
immoti che danno pace all’animo.

Lì, tra quelle mura, Kuma, maestro nipponico di fama
mondiale, eclettico, potentemente visionario, vitale e
passionale nel suo rapporto con la materia, sempre poetico
anche nei suoi esiti apparentemente più ingenui, ha
innalzato una torre di luce.

L’artista che ha un’avviata e famosa Factory nelle vicinanze
di Tokyo, sembra, sebbene conosca i segreti più nascosti
delle sofisticate tecnologie(Cfr.www.kuma-3.com), un nobile
samurai. Ha realizzato manifesti, sculture in ferro, ha
lavorato con Kitano( il regista giapponese che ha vinto il
leone d’oro per il suo film “Fuochi d’artificio” alla Mostra
di Venezia), è conosciutissimo a Monaco, Milano, New York,
Pechino, in India…

Tra i suoi lavori più noti vi è Tree of Wind, installato nel
Sahara nigeriano, a Tenerè, nel 1988 e Kuma Blue nel tempio
Gangoji di Nara, riconosciuto dall’UNESCO come Sito
patrimonio dell’umanità.

Allegro e spiritoso, non lascia indifferenti per la sua
forte personalità .

Le sue risposte alle nostre domande, inducono a riflettere
seriamente sul destino del mondo e di come si pone un
artista di fronte ai tormenti del nostro tempo(immigrazione,
interculturalità, globalizzazione, tolleranza…)

Com’è che tra i tanti posti bellissimi di Venezia, per le
sue sculture ha scelto s. Francesco della Vigna?

Nel novembre scorso sono tornato a Venezia per vedere questo
posto indicatomi dalla co- organizzazione Arte
Communications. Il Chiostro era illuminato dalla luce
limpida del cielo terso e fui ispirato come nel deserto del
Sahara quando creai L’albero del Vento o in

Mongolia con l’arrivo dell’inverno dal deserto del Gobi. In
Giappone, poi, ho elaborato questo progetto, una torre di
luce che ho montato con la sola forza dei muscoli ,
aiutandomi con rulli, leve, scale.

Ma dopo la Biennale 2003, che cosa ne farà di questa
intrigante torre?

Se non ci saranno altre proposte, non avrò altro da fare che
smontarla e riportarla nella mia Factory che è a circa
un’ora da Tokyo, dove costruisco e creo le mie opere.

Come concilia la sua vita così movimentata, con la sua
cultura(lo shinto) che è tutto un contemplare e vivere nella
natura?

Essendo nato in Giappone, lo shintoismo è parte della mia
formazione naturale, perché qualsiasi cosa: l’erba, i sassi,
il cielo, il vento esprimono un’idea di quello che è Dio(il
Kami). Essendo poi un artista, riesco a connettere le
ispirazioni che mi provengono dalla natura, con il mio agire
molto frenetico e passionale. Non vedo un contrasto tra di
loro, perché anche nella mia attività vi è poi una quiete
che mi fa rientrare nella natura e nella naturalità delle
cose.

Si dice che tutti i giapponesi oggi non fanno che correre
dietro i soldi e al potere. E’ soddisfatto di quello che fa
e di come si realizza?

Quando creo, la mia concentrazione è posta esclusivamente
nell’opera che sto modellando: mi estraneo totalmente da
quello che fa la gente o dai possibili risultati derivanti
dalla mia creazione( cioè se sarà venduta o meno).

Per me quest’aspetto non è primario, perché sto bene
solamente quando forgio un’opera, però debbo dire che alla
fine, mi viene da riflettere su cosa ne farò.

Quindi, entra in gioco la parte più legata all’economia.

E’ più shintoista o buddhista?

Siccome sono giapponese, dentro di me vi sono entrambe le
cose. Il buddhismo è più legato alla filosofia, mentre lo
Shinto lo è alla natura, a quanto ci circonda.

Il buddhismo, essendo più concettuale, risulta difficile
alla struttura semplice dei miei compatrioti. L’essere umano
è un invitato dalla vita e dovrà lasciare la “casa” in cui è
stato ospitato, più bella, più pulita, più sicura di come
l’ha trovata.

Lei, allora, condivide le lotte ecologiche?

Certamente. L’inquinamento ambientale, lo scempio e lo
sfruttamento del nostro piccolissimo e sovrappopolato
pianeta, si sono trasformati in una frenesia suicida, cui
bisogna mettere fine.

E quelle per sentirsi Oneworld?

Mi considero un uomo senza confini: se c’è futuro o non
futuro, non mi interessa. Appartengo al mondo, mi sento del
mondo al di là delle persone presenti o delle religioni. Mi
sento una parte del Tutto.

Inoltre, ciascuno di noi se è ospite della vita in un altro
Paese, ne apprenderà gli usi, le credenze, le leggi e si
adopererà, per quanto è possibile, di contribuire al suo
benessere e al patrimonio culturale, mai dimenticando di
salutarsi scambievolmente con simpatia, nel condiviso
miracolo della vita.
Maria De Falco - Marotta

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Maria De Falco - Marotta
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