Karole Armitage, la regina del Punk rock sulle punte

di Maria De Falco Marotta & Team

L'INTERVISTA
Vestita con un grembiulino a quadretti verdi e bianchi, con calzini e scarpe rigorosamente basse, un ciuffo biondo ribelle, un sorriso e una risata travolgente, sembra una delle tante giovanissime ballerine che circolano nei teatri di Venezia per il 2.festival internazionale della Danza contemporanea( giugno- luglio 2004) promosso dalla Biennale e di cui è la qualificata direttrice.

Karole ha due occhi di un blu’ intenso che sembrano due spilli pungenti che ti penetrano fin dentro l’anima e un modo di fare sicuro e determinato, proprio di chi comanda e sa comandare. Non ha tentennamenti a rispondere anche alle domande più imbarazzanti, non si nasconde dietro alle solite frasi diplomatiche.

Siamo certi che guiderà con mano sicura le 16 compagnie con oltre 40 coreografie che interpretano il linguaggio classico del balletto nel segno del contemporaneo.

La danza è la sua vita ed è bello, ogni tanto, incontrarsi con gente che parla di arte e non di soldi.


- Karole, tu paragoni la danza ad un’esperienza contemplativa. Pensi che i giovani di oggi possano condividerla?

Questa è una bella domanda perché la contemplazione non è una cosa abituale nel mondo moderno. Assolutamente. Però anche tra i giovani può realizzarsi , per esempio nell’amore che unisce una coppia. Nella danza si possono trovare storie d’amore senza problemi. Credo, poi, nella necessità di fermare i rumori della frenesia del tempo. E’ un’esigenza sentita da noi tutti e anche dai giovani.

- Tu dici che i giovani possono provare quest’esperienza, ma se guardiamo dove e come si muovono nelle rumorose discoteche, non è una contraddizione?

Ballare non è una cosa da tutti, ma di gente sensibile ad un’espressione artistica e questo è fondamentale. Però la danza è sempre qualcosa collegata ai giovani perché in essa c’è l’energia della gioventù, essendo per se stessa vitalità, in quanto c’è la forza dei movimenti naturali propri della giovinezza.

- Tu la danza la immagini eternamente giovane?

Sì. Ai giovani riesce più facile eseguire il ballo tecnico con tutti i movimenti che richiedono forza. Difficile fare questo tipo di danza dopo una certa età, dopo i 40 anni( e lei ne ha 50!), anche se vi sono persone che sanno ballare con grazia e stile, avendo superato questo limite temporale.

- Tu affermi (e nessuno lo discute) che la danza è un linguaggio universale, però attualmente non si sta contaminando troppo? 

Potrebbe essere perché siamo in una società capitalistica e c’è la tendenza ad attirare i giovani. Penso vi sia troppa contaminazione, mentre sarebbe auspicabile che ci si riferisse alla vera e propria danza, in alternativa alla musica pop che ora è di gran moda. La danza contemporanea è opzione alla musica ascoltata dai ragazzi.

- Certi ti chiamano la guastatrice della danza contemporanea. Sei contenta di quest’appellativo e perché?

Questo è il punto di vista di qualcuno che vede un linguaggio nuovo nella danza contemporanea. Non condivido quest’opinione perché le mie radici sono nella danza classica, seppure stia compiendo un’evoluzione. E’ bene, a volte, rompere le abitudini senza creare fratture, in quanto la danza classica non è solo il balletto dei cigni, ma qualcosa di più complesso.

Il mio lavoro è proprio una crescita in creatività nella danza classica, anche se qualche modifica può essere apportata.

- In Italia i Rave Party( la festa finale del 29 luglio che coinvolgerà il Ballet De Lorraine, Francia- USA, di cui è coreografa stabile e il pubblico presente al Teatro alle Tese)hanno una brutta fama, per via della droga. Non ti senti un po’ a rischio?

- L’hai scelto per venire incontro ai giovani o perché pensi che sia il linguaggio che possono capire meglio?

Per me il Rave Party è un’occasione per ballare tutti insieme per un divertimento garbato, dettato da questo ritmo che celebra la gioia della vita, in quanto vi sono tutte le danze nate nella strada: kung fu, vogue, free style, catwalk, capoeira, yoga, Bollywood, balli etnici africani…

In questo vi è praticamente una universalità che crea uno spettacolo, che celebra la danza universale.

- Tu pensi che tale linguaggio, questa mescolanza di stili, avvicini di più i popoli, li aiuti a comunicare meglio?

Nella storia della danza c’è tanto folklore( danza russa, slava, cinese) e ciò costituisce un’immagine di un popolo per consentire al pubblico di capirlo meglio.

- La danza è qualcosa di spirituale, che eleva lo spirito umano. Tu riesci con le danze moderne a far capire questo?

La mia creazione che ho portato alla Biennale ma che mostrerò in altri luoghi ha proprio questo scopo: indurre a vedere nella danza contemporanea l’idea della bellezza e della spiritualità.

- Pensi che un gruppo di giovani di diverso colore ballando riuscirebbe a volersi bene, a guardarsi con simpatia?

Me lo auguro di cuore, perché la danza è gioventù, bellezza, fascino, intesa, amore.

- Tu sei americana, viaggi spesso da un capo all’altro del mondo, hai una vita agitata: hai famiglia, figli?

Impossibile! Rinunciare ad avere una famiglia è stata una scelta difficile o meglio: il destino e la condizione per restare nel campo della danza, per sopravvivere. Ho, tuttavia, amici in tutti i paesi del mondo e ciò mi consente di avere un dialogo ovunque.

Come donna hai avuto difficoltà ad essere una coreografa a livello internazionale?

- Ti senti “arrivata”?

No, non mi sento arrivata. Nella società vi sono abitudini profonde: la gente non si rende conto come il potere e i soldi sono dati agli uomini. Questa è la realtà ed io mi sento purtroppo sempre a rischio per la fragilità della mia situazione. Stavolta mi è andata bene nell’essere stata incaricata dalla Biennale a dirigere il 2 Festival Internazionale di Danza contemporanea( giugno –luglio 2004), grazie all’appoggio di Elisa Vaccarino( critica di danza) che ha sostenuto la mia candidatura. E’ molto bello che una donna ne aiuti un‘altra: bello e difficile. Un’altra cosa interessante è che tutti i colleghi maschi hanno una compagna in situazione fissa, invece io no. Così è evidente che è più problematico dare potere ad una donna, perdipiù sola.

Le donne, come dico sempre, devono fare una vita molto più complessa, mentre gli uomini abituati come sono al potere, possono delegare agli altri. Una donna deve assumersi personalmente ogni responsabilità e portarne il peso sulle proprie spalle.

La gente da una donna si aspetta sempre che faccia la mamma. Un tale atteggiamento mi sconvolge, perché sono molto professionale. Nel nostro lavoro non devono esistere distinzioni di genere. In Italia, soprattutto, non è possibile e ciò comporta che è più razionale dare poteri a un uomo, anche se di meno valore perché secondo la mentalità corrente, dà più garanzie.

- E da Venezia, dove hai portato spettacoli eccezionali, cosa ti aspetti e come sopporti tanta responsabilità?

Per me è un piacere perché il campo in cui tratto non c’è politica o moda o agenti, ma solo cuore e arte senza compromessi. Vivo magnificamente quest’esperienza straordinaria in una città straordinaria. Mi auguro che anche il pubblico la condivida.

CHI E'

Karole Armitage è nata in U.S.A., Madison nel 1954. Cresciuta alla scuola di Balanchine e di Cunningham, ha scoperto nuovi linguaggi della coreografia intesa come danza del corpo( il punk il rock il rap), tanto che il 2. Festival internazionale di Danza contemporanea, si chiama ABCD- LA GRAMMATICA UNIVERSALE DEL CORPO. Ha un’accurata conoscenza del balletto e della danza praticati negli Stati Uniti e in Europa, al punto da essere soprannominata la "regina del punk-rock in versione ballettistica".

Per il 2. Festival Internazionale di Danza Contemporanea della Biennale di Venezia, che si svolgerà dall'11 al 30 giugno e dal 9 al 30 luglio 2004, come direttrice ha invitato i coreografi più innovativi che operano sul linguaggio della danza in sé attenti all'abilità metaforica del corpo di creare significato più che alle idee teatrali, letterarie, concettuali. 

Dopo gli studi con Tatiana Dokudovska e alla North Carolina School of Arts, si trasferisce in Europa, dove danza il repertorio balanchiniano nel Ballet du Grand Théâtre de Genève (1972-1974), sotto la direzione di Patricia Neary. Di ritorno negli Usa, entra nella compagnia di Cunningham (1976-1981), che ne valorizza le qualità estetiche e formali interpretando con lei un duetto in Squaregame (1976) e mettendola al centro di Channels/Inserts (1981), uno dei suoi capolavori. La tecnica limpidamente padroneggiata, la carica energetica, il temperamento ribelle ne fanno un'interprete radicalmente innovativa, di inedito impatto scenico.

Inizia intanto la sua attività di coreografa (Fractions, 1978) e si impone poi all'attenzione generale con Drastic Classicism (1981), sulla musica rock di Rhys Chatham a tutto volume, facendo parlare per la prima volta di `balletto punk'. In Watteau Duet (1985), un'altra delle sue coreografie esemplari, alterna le scarpe da punta con i tacchi a stiletto e utilizza il vocabolario accademico estremizzandolo nelle linee e nella velocità. Questo suo approccio al classico le porta molti consensi in Francia, dove crea Slaughter per il Gruppo di Ricerca dell'Opéra di Parigi nel 1982 e The Tarnished Angels per l'intera compagnia nel 1987, lavoro commissionato da Rudolf Nureyev che le frutta successivamente una commissione da parte dell'American Ballet Theatre, per cui coreografa The Mollino Room (1986), ispirato all'architetto italiano Carlo Mollino, interprete Mikhail Baryshnikov. Comincia, in questo periodo, la sua collaborazione con due importanti artisti neofigurativi statunitensi, David Salle e Jeff Koons, che disegnano scene e oggetti per i suoi titoli neo-pop come Go-Go Ballerina (1988).

Dopo lo scioglimento del proprio gruppo, coreografa Strictly Genteel (1989) su musica di Frank Zappa per il Lyon Opéra Ballet e I had a Dream (1993) per i Ballets de Monte-Carlo. Dal 1995 al 1998 viene chiamata a dirigere il corpo di ballo del Teatro Comunale di Firenze nell'ambito del Maggio Danza, per cui firma Il viaggio di Sheherazade (1995), The Predator's Ball (1996), Apollo e Dafne di Häendel con scene di James Ivory e Weather of Reality (1997), Pinocchio (1998). Al termine di un periodo contrastato, per le accoglienze alterne riservate ai suoi lavori, sempre in bilico tra manierismo post-neoclassico e scandalo, nel 1998 lascia la guida della compagnia toscana.

Dal 2000 (fino al 2006) è coreografa residente del Centre Corégraphique Nationale - Ballet de Lorraine (Nancy) mentre continua a dirigere la sua compagnia newyorchese, Armitage Gone! Dance, fondata nel 1979. Nel 1986 ha vinto la Guggenheim Fellowship in coreografia e nel 1992 è stata insignita Chevalier dans l'ordre des Arts et
Lettres.

Dichiarazione di Karole Armitage


"ABCD La grammatica universale del corpo" è il titolo del programma che ho proposto per il 2. Festival Internazionale di Danza Contemporanea della Biennale di Venezia. Il programma presenta i lavori più innovativi dei coreografi che operano sul linguaggio della danza in sé. Molti lavori contemporanei hanno ignorato gli aspetti linguistici della danza a favore di idee teatrali, letterarie, concettuali. I modi presi a prestito da altre discipline sono stati usati per creare forme ibride di danza, che puntano ampiamente su scene e costumi anziché sull'abilità metaforica specifica del corpo di creare significato. Eppure, la bravura dei danzatori di oggi non ha eguali nella storia. Non solo il livello tecnico si è considerevolmente elevato formando grandi atleti capaci di movimenti complessi e articolati, ma l'abilità di adottare numerosi stili, al di là delle barriere tra classico, modern dance, street dance, etc., ha fatto del danzatore attuale uno strumento ricchissimo in grado di esprimere nel modo più umano l'esperienza di un universo inter-connesso, ad alta velocità, multi-culturale. Questa purezza, che è insieme futuribile e antica, rende la danza il mezzo ideale per esprimere la sensazione di essere vivi, ora. La danza-danza ha bisogno di essere riscoperta come una forma d'arte del nostro tempo.

I coreografi e i danzatori invitati sono fra quelli che esplorano le proprietà metaforiche e linguistiche della danza con ballerini di altissimo standard formativo. A loro è stato chiesto di superare le frontiere concettuali e fisiche del movimento verso nuovi territori, basandosi su una profonda conoscenza e comprensione della tecnica e della storia della danza. La poesia del movimento ha proiettato il suo incantesimo sul pubblico dalla notte dei tempi. La caratteristica unica della danza di proiettare il suo sguardo sia all'interno che all'esterno permette anche di meditare su questioni universali nel momento stesso in cui stupisce il pubblico con nuove forme e nuove strutture. Questa Biennale porterà la tradizione classica nel nuovo secolo.

Dunque la danza pura in un programma innovativo, divertente, ricco di virtuosismi che lascerà però spazio anche alla riflessione. Un cantiere di lavoro dove si formano nuovi linguaggi e strutture. Un simile approccio darà modo ai coreografi più innovativi di creare un lavoro nuovo, significativo, che parli alla nostra esperienza contemporanea su un piano formale, emotivo e filosofico. Il programma sarà costituito da due sezioni: "Vecchio Mondo" e "Nuovo Mondo". Gli spettacoli si svolgeranno tra Teatro Piccolo Arsenale, Corderie dell'Arsenale, Teatro alle Tese e PalaFenice, rispettivamente dall'11 al 30 giugno e dal 9 al 30 luglio. Questa dualità mostrerà come le nuove idee possano essere condivise anche in continenti diversi e allo stesso tempo chiarirà che le tradizioni delle culture più differenti restano intatte quando il nuovo arriva dalla tradizione”
Maria De Falco Marotta
& Team



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http://www.labiennale.org/it/danza/



GdS 30 VI 2004 - www.gazzettadisondrio.it

Maria De Falco Marotta & Team
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