Insieme ad ascoltare una storia che era la loro - Intervista a Claudio Chieffo

di Laura Rabini

I
festeggiamenti per l’inaugurazione, a Mosca,della nuova sede del
Centro Culturale Biblioteca dello Spirito sono culminati nel concerto del noto cantautore italiano
Claudio Chieffo. Chi c’era, riferisce un evento appassionante di
incontro e di amicizia, dove italiani e russi si sono ritrovati
insieme a cantare e ad ascoltare una testimonianza che ha il
dono di rispecchiare in bellezza il senso vero della storia e
delle vicende di ciascuno. Claudio ci accompagna da anni, con le
sue canzoni, con il suo stile caratteristico ed il suo tratto
artistico inconfondibile, a riflettere, a divenire più
consapevoli dell’esperienza cristiana, così come dell’esperienza
umana nei suoi aspetti più profondi e veri. Sono tanti - ma
proprio tanti - i giovani, delle generazioni che vanno dagli
anni ’60 ad oggi, per i quali le canzoni di Chieffo hanno
rappresentato un insegnamento impagabile di fede e di vita. Gli
rivolgiamo alcune domande.


-Sappiamo che ormai da anni viaggi nei Paesi dell’est europeo. Raccontaci
un po’ quello che hai fatto, per tanto tempo, in condizione di
clandestinità.


-Ho cominciato ad andare a cantare clandestinamente nei paesi
dell'est europeo seguendo le indicazioni di don Francesco RICCI,
sacerdote e mio amico che si recava di nascosto in quei Paesi e
aveva una fitta trama di rapporti con uomini di cultura,
cattolici e non, che resistevano a costo della loro libertà e
volte della stessa vita, alla censura imposta dal regime
marxista. Dove lui era già stato o dove non poteva più andare,
mandava me con la mia chitarra e le mie canzoni.

I primi concerti clandestini li ho fatti in un granaio di un
paesino della Slovenia (allora Yugoslavia di Tito !), di notte,
senza luce, per un centinaio di giovani chiamati dal loro prete,
Padre Vinco, che si era già fatto un bel numero d’anni di
carcere. Poi a Lubjana, Zagabria e Belgrado.

Gli anni successivi sono poi andato oltre che in Yugoslavia
ripetutamente, in Polonia, Cecoslovacchia e Ungheria, sempre con
le medesime modalità.


-In tutti questi viaggi, che cambiamenti hai visto nella gente,
che differenze hai percepito?

- L'anelito di Libertà e di Giustizia e Verità nelle persone che
incontravo era palpabile e crescente: si avvertiva il desiderio
di una liberazione che era, nelle persone che incontravo (uomini
di cultura perseguitati o semplici contadini e artigiani) una
liberazione anche più grande di quella politica... a parte il
fatto che mi sembravano già molto più liberi loro dei loro
"carcerieri".

Generalmente la gente che si incontrava per strada, o nei treni,
o nelle campagne, aveva occhi pieni di una tristezza infinita...
ma quando la dignità non aveva lasciato il posto alla birra,
erano occhi pieni anche di fierezza; gente che nemmeno il
comunismo aveva piegato.

Era gente che si aiutava molto, gli uni gli altri, a resistere e
a cercare qualcosa per cui valesse la pena lottare.

Devo dire che chi aveva incontrato Cristo e la Chiesa era,
generalmente, più sereno.

Le cose sono cambiate abbastanza dopo la caduta del Muro di
Berlino, perché molti, che si erano finalmente liberati dal
comunismo, sono diventati preda del consumismo. I modelli
occidentali si sono imposti con i loro pregi e difetti. Però
almeno ora le persone possono scegliere.

Cresce così anche la responsabilità di chi, avendo incontrato
Cristo e la Chiesa, non annuncia la Vera Salvezza.


-Che cosa pensi di aver comunicato di te e della tua esperienza,
che cosa vorresti che fosse rimasto?

-In realtà io che andavo a cantare pensando di aiutare quelle
persone, ricevevo molto di più di quel poco che davo. Ma siccome
il Signore è buono e misericordioso, la gioia e l'aiuto erano
reciproci. Vorrei che fosse rimasto il senso di quel mio
desiderio di condividere, che in realtà non è un mio desiderio,
ma la strada che Dio ci insegna per aiutarci a volerci e a
volerGli bene.


- Puoi raccontarci qualcosa del tuo concerto, per come tu stesso
lo hai vissuto? Che percezione avevi del pubblico che e venuto
ad ascoltarti e del suo bisogno, del suo atteggiamento?

-Per quanto riguarda il mio concerto a Mosca, devo dire che per
me personalmente è stato un dono che gli amici di Russia
Cristiana abbiano voluto concludere l'inaugurazione della
Biblioteca dello Spirito invitandomi a cantare le mie canzoni.

Devo dire che prima del concerto ho avuto come la consapevolezza
che tutto era già stato fatto e che io dovevo solo stare attento
a non rovinare niente: infatti, il concerto era inserito in un
grande momento d’unità tra ortodossi e cattolici. Era palpabile
ed avvertibile anche dai più distratti che l'attesa del concerto
era in realtà l'attesa di un evento che andava ben oltre il
concerto stesso.

Erano tutti desiderosi di ascoltare una storia che era già, o
poteva essere, anche la loro. E così è avvenuto, con grande e
profonda partecipazione di tutti.


- Hai qualche episodio indicativo di quello che questo incontro
ha lasciato?

Il calore con cui sono stato accolto e "adottato" come nonno da
tutti i giovani e meno giovani presenti si è concretato in tanti
piccoli episodi che cercherò di non dimenticare; il più
"strano", ma ugualmente gratuito è stata la presenza "casuale"(
ma io non credo al caso) di un giornalista italiano che poi ha
scritto un bellissimo articolo sul concerto (Pietro
Vinciguerra,”Mezzanotte a Mosca”, N.d.R.).


-A te, cosa ha lasciato?

-A me questo avvenimento ha lasciato la gioiosa consapevolezza
che quello che ho avuto io è unico ed io ne voglio essere
felicemente responsabile fino alla fine.
Laura Rabini



GdS 10 III 2005 - www.gazzettadisondrio.it

Laura Rabini
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