La Fiat - Pinocchio - iRAK - PS

di Alberto Frizziero

                    
La Fiat - Irak - Pinocchio - Post Scriptum


LA FIAT


La "Fabbrica Italiana Automobili Torino", abbreviata e
conosciuta come FIAT, non é soltanto una società per azioni di
diritto privato e quindi, come tale, soggetta alle sole leggi
dell'economia e quindi del mercato.

La FIAT é la quintessenza della storia dell'auto in Italia con
marchi che hanno contribuito alla storia dell'auto nel mondo.
Ferrari a parte ricordiamo l'Alfa Romeo per lungo tempo
invincibile sulle piste o la Lancia, per lungo tempo dominatrice
dei rallyes, ma magari anche la Bianchi ed altre.

La FIAT é un pezzo importante della storia dello sviluppo
industriale italiano, compreso il settore aeronautico ed anche
quello spaziale.

La FIAT é un simbolo.

La FIAT é anche un serbatoio, diretto e indiretto, di
occupazione e quindi con una sfera umana di primaria importanza.

La famiglia Agnelli, il management, altri ancora ci interessano
fino a un certo punto.

Ci interessa che la FIAT resti, e resti italiana. Con un'idonea
politica industriale, carente negli ultimi tempi come analisi
giustamente impietose hanno evidenziato, soprattutto per buchi
nella gamma di modelli e magari anche cadute di qualità,
incomprensibili in un Gruppo che annovera la Ferrari e la sua
strepitosa superiorità mondiale.

Certo, c'é anche una riflessione da fare. Se andiamo in Germania
é rarissimo trovare, ad esempio nelle pubbliche Amministrazioni,
flotte di auto non tedesche, e così in Francia o in Gran
Bretagna. Dall'Amministrazione Statale sino ai Comuni c'é una
gamma variegata di marche. In qualche, secondario, caso la
scelta poteva essere giustificata dalla mancanza di modelli
similari FIAT, ma in tanti altri?

E' strategico interesse di tutti gli italiani contribuire al
salvataggio. Poi, si sa, come illustri precedenti dimostrano,
quella dote particolare del nostro popolo che é la fantasia può
essere di supporto per un rilancio anche in tempi più brevi di
quelli oggi ipotizzabili.


IRAK
E ora si va alla
doppia risoluzione all'ONU. La prima per fissare il mandato
degli ispettori dell'ONU. La seconda, se Saddam non fa giudizio,
o se si ritiene che non abbia fatto giudizio, per dare il via ai
bombardieri, ai missili e a tutto il resto.

Rigidissimi.

E' giusto che sia così, altrimenti le risoluzioni dell'ONU fanno
evocare le Grida di manzoniana memoria.

Chissà che così non si riesca a risolvere il problema irakeno, e
chissà però che in questo modo si riesca finalmente a far
applicare le risoluzioni dell'ONU anche ad Israele. Il quale
continua, come rappresaglie, anziché a prendersela con gli
estremisti di Hamas e soci, con chi non c'entra niente. Per
esempio con la scuola dell'altro giorno, con i bambini dentro,
parte dei quali finiti al cimitero con tanti altri all'ospedale.

Estremisti sullo stesso piano, quelli palestinesi che fanno
stragi tra i civili, e quelle teste calde dell'esercito
israeliano che fanno altrettanto.

Ed é inutile, nella propaganda quotidiana, voler presentare chi
dice queste cose come "anti-ebreo": é un giochino che non regge.
Se anche reggesse, se anche qualche gonzo cascasse in questo
tranello, andremmo avanti a dire le stesse cose, perché é quello
che detta la coscienza di chiunque non sia fazioso, di chiunque,
italiano, ebreo, palestinese, ottentotto, boscimano, tibetano.
Di chiunque abbia un briciolo di umanità.


PINOCCHIO


Quando il film Don Camillo vinse al Festival di Lugano, il
settimanale “Candido”, allora diffusissimo, pubblicò una
fotografia di Guareschi mentre riceveva la grande coppa.
Illuminante la didascalia: “Il nostro direttore Giovanni
Guareschi brinda con la coppa alla salute del critico del
Corriere della Sera che nella sua recensione aveva stroncato il
film”.

Nessuno ricorda il professore di matematica che al Liceo bocciò
Einstein e così, fatte le proporzioni, nessuno ricorda chi fosse
il Carneade della critica. Intanto tutti hanno saputo quale
genio fosse Einstein e, fatte le proporzioni, tanti hanno
valutato la magnificenza di quel film, reso alla perfezione da
due interpreti così assortiti come Fernandel e Gino Cervi. Un
film visto e rivisto e che ancora oggi viene trasmesso in TV non
in prima ma forse, se basta, in quindicesima visione.

Vedendo Pinocchio, ultima fatica di Benigni, ci è venuto in
mente quell’episodio, dopo aver letto di alcuni che, visto il
film nell’anteprima per la stampa, hanno avuto da dire e ridire,
persino scrivendo che la proiezione aveva fatto venire la
sonnolenza.

Un film, come una commedia, un’opera, come qualsiasi spettacolo
può piacere o non piacere. Che a noi sia piaciuto moltissimo non
fa dunque testo.

Avanziamo però una previsione, a suo tempo verificabile. Quando
nessuno si ricorderà del nome dei vari critici – alcuni, sia di
destra che di sinistra, condizionati dal tarlo politico, meglio
dal taglio politico-ideologico -. Pinocchio verrà ancora
proiettato e magari, come è successo in questi giorni, al di
fuori del cinema si vedranno ancora quei capannelli di gente
intenta a discutere del film, un particolare che non risulta
proprio abituale.
Alberto Frizziero

PS

Un post-scriptum curioso.

In Parlamento si discute, anche litigando e urlando, sulla legge
che ha reso noto a tutti un parlamentare prima sconosciuto, Cirami
dal nome a sua volta curioso visto che si chiama Melchiorre,
come uno dei tre Re Magi, che con Gaspare e Baldassarre portò
oro, incenso e mirra al Salvatore.

In questo caso diventa magari lui il salvatore, con la esse
minuscola però, portando una cosa altrettanto preziosa: una
legge particolare...

Ebbene, in quasi mille sale cinematografiche italiane,
contemporaneamente, é uscito "Pinocchio" di Benigni, che ha fra
i suoi autori, anche qui, un quasi omonimo (solo una "e" al
posto di una ")  Vincenzo Cerami. E la cosa non finisce
qui, visto che la sua ultima opera é stata "Fantasmi".

Come usava una volta in fondo ai films, la stessa scritta: ogni
riferimento a persone o fatti reali é puramente casuale,
compresi eventuali fantasmi che qualcuno pensasse volteggianti
sul Palazzo di Giustizia di Milano.


GdS 18 X 2002 - www.gazzettadisondrio.it

Alberto Frizziero
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