CINEMA: IL SARTO DI PANAMA



Cos’è che prima fa nascere e poi alimenta i conflitti tra stati
e tra civiltà? Cos’è che giustifica la mobilitazione delle
masse? Cosa ci accompagna inesorabilmente attraverso ogni
guerra? Le bugie.


Allora perchè non inventare una piccola bugia per i propri scopi
personali, per migliorare la propria reputazione, per guadagnare
soldi, e poco importa se poi le cose sfuggono di mano, o forse
no.


Questa ultima pellicola di John Boorman tratta dal romanzo
omonimo di John le Carrè “The tailor of Panama”, spende
malissimo un’idea a dire il vero molto originale, nella quale
Mr. Pierce “Bond” Brosnan, in esilio sull’isola delle ultime
chances, perde l’occasione di ricostruire la propria identità di
attore ancorata ai film figli dei romanzi di Ian Fleming, in un
ruolo da cattivissimo e seduttore francamene troppo facile, e
Geoffrey Rush, in un ruolo bizzarro e improbabile quanto la
pettinatura, gioca il ruolo di sarto-moralista ma senza
convincere.


Il risultato è un incrocio tra un B- movie americano ed uno di
quegli stranissimi film impegnati francesi, dove fino al secondo
tempo non si ha la minima idea di dove si voglia andare a
parare; infatti il film, nonostante sia giocato su corde
ironiche, langue, tentenna e sinceramente, stanca.


A poco vale l’interpretazione della sempre bravissima Jamie Lee
Curtis; una rondine, anche se bellissima, non ha mai fatto
primavera, e “Il sarto di Panama” è in pieno inverno.
Mirko Spelta


12 1 2002



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