CINEMA: L'UOMO RAGNO
Dopo aver svoltato l’angolo del nuovo millennio, non poteva
mancare la trasposizione cinematografica del fumetto della
Marvel e relativo cartone animato anni 80 che ha cresciuto
l’odierna generazione di trentenni e non solo.
Purtroppo, con tutto l’affetto di chi scrive verso il
personaggio (si rientra nella categoria dei trentenni cresciuti
a pasta, Mazinga e uomo ragno appunto), questo lavoro del
regista Sam Raimi non è certo all’altezza del mito che descrive.
La pellicola è, se così si può definire, di “grana grossa”, nel
senso che tutto è abbastanza approssimativo: la bella è
sottotono e non buca particolarmente il video, le scene
acrobatiche sono esageratamente computerizzate, e l’eroe deve
essere una persona normale d’accordo, ma così si esagera.
Lanciato in Italia e nel mondo con una campagna pubblicitaria
riuscitissima e costata il solito bidone di dollari, l’uomo
ragno è in realtà più che altro un prodotto squisitamente ad uso
e consumo statunitense, adatto per essere la rivincita di quegli
adolescenti che guardano 20 ore al giorno MTV sognando di
diventare uno dei Blink 182 per poter girare un video con Janine
Lindemulder (vedere su yahoo), ma in Europa ed in Italia
soprattutto, il Background culturale differente confluisce in
modelli di identificazione di altro genere ed avulsi rispetto
all’eroe menomato della Marvel che tanto ci ha cullato in età
pre-pubere.
Peccato, all’uscita dal cinema resta in bocca la sensazione di
un’occasione sprecata, della mediocre copia di un originale
capolavoro.
Mirko Spelta
Per comunicazioni all'autore della recensione:
ginodilegno@inwind.it
GdS 8 VI 2002
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