CINEMA: MI CHIAMO SAM



“... perché tuo padre si comporta come un ritardato? ” “perché
lo è”.

E’ stato un ruolo evidentemente difficile questo per Sean
Penn, che finalmente sorpassati i quarant’anni ci dà una prova
da vero, grande attore. La tensione dei muscoli quasi
involontaria, la mimica, gli sguardi nel vuoto segnano
un’interpretazione davvero riuscita, veramente impressionante. Come
impressionante è la piccola Dakota Fanning nata solo ieri e
talmente brava e graziosa da sembrare finta.


Un lavoro questo del regista Jessie Nelson che va dritto al
cuore, condito di buoni sentimenti dal primo all’ultimo minuto,
in cui tutte le miserie dell’umano esistere lasciano spazio al
sentimento puro, trionfante e trionfale dell’idiota dal grande
cuore per la sua comprensiva-matura-bionda-perfetta bambina,
dove anche lo spietato avvocato Harrison-Pfeiffer, in una
proiezione interpretativa di se stessa, non può fare a meno di
sciogliersi ed esternare quel briciolo di umanità che gli
americani stentano a credere esista ancora nei rappresentanti
della categoria.


Ad essere sinceri la trama non brilla certo di originalità né si
pensa la si sia cercata; inoltre la pellicola perde l’occasione
di affrontare seriamente il dilemma epocale del rapporto
genitori figli lasciando tutto troppo in superficie, ma si sa,
questa è Hollywood, la fabbrica dei sogni, ed il film deve
arrivare direttamente alle lacrime; in questo il regista non
delude gli appassionati del fazzoletto.

Mirko Spelta

               

Per comunicazioni all'autore della recensione:

               
ginodilegno@inwind.it



GdS 28 III 2002

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Mirko Spelta
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