- Caterina e la zingara

D

Nella

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Caterina e la zingara


“I soldi non danno la felicità, ecco perché non do mai
l’elemosina.”

Questa una freddura udita alcuni anni fa che torna in mente a
Caterina ogni volta che un mendicante le tende la mano.

Caterina non crede che i soldi diano la felicità, solo benessere
e una certa tranquillità, quindi dà sempre qualcosa, per zittire
i suoi sensi di colpa.

Così l’altro giorno, tornando a casa dopo aver finalmente
trovato la camicetta adatta al tailleur di shantung color ocra
da indossare al matrimonio di suo figlio, Caterina fruga
affannosamente nella borsa in cerca del borsellino per dare
qualcosa a quella giovane donna.

L’aveva notata anche un’altra volta. Una ragazza con due bambini
che offriva discretamente un fiore in cambio di un piccolo
aiuto.

Trova solo pochi centesimi e si scusa con la ragazza. I loro
occhi si incontrano.

Fatti pochi passi senta la giovane che le dice: “Posso farle una
domanda?”

“Certo, mi dica”

“Non chiedo soldi, ma mi potrebbe comprare un pacco di pannolini
per il bambino?”

Caterina guarda i due bimbi, uno sul passeggino e uno, di poco
più grande con una vistosa fasciatura ad una mano.

“Di che misura?

“9-18 Kg”

” Va bene” si sente dire Caterina e prosegue come telecomandata
verso il grande magazzino lì vicino.

Sta per dirigersi verso il piano inferiore quando si trova
accanto la giovane che le dice gentilmente:

”No, sono al terzo piano” e insieme prendono l’ascensore.

La vicinanza di Caterina regala normalità alla famigliola e il
bambino ferito riceve parole gentili e compassionevoli da un
compagno di salita.

Adesso Caterina segue la giovane mamma che le indica il pacco di
pannolini. Si fermano poi vicino ad un cesto pieno di sandaletti
per bambini. Costano poco, Caterina ne indica un paio azzurri.
Forse sono meglio questi neri, meno delicati, dice la giovane
con un leggero accento straniero, misurando le parole. Caterina
sente ancora la sua voce che dice “Va bene, prendiamoli”.

“Ho altri figli”, aggiunge. “Pillola, dice Caterina, pillola!”
Lei annuisce.

Intanto il piccolo con la mano fasciata abbraccia
voluttuosamente un pallone. Caterina immagina immediatamente il
pallone che rotola in mezzo alla strada. Troppo pericoloso.

Quando stava imparando a guidare suo papà le diceva sempre,
attenta, se vedi un pallone in mezzo alla strada sappi che sarà
certamente seguito da un bambino.

Caterina pensa però che anche il figlio di una mendicante ha
voglia di giocare con un giocattolo nuovo e prende da un altro
cesto un camion di plastica carico di attrezzi. Lo mette in mano
al bimbo più piccolo che non vuole lasciarlo nemmeno per un
attimo. Il bimbo più grande è contento, sa che potranno giocarci
tutti e due.

Intanto la ragazza che sorride esibendo due bei denti d’oro le
mostra un foglio. ASL Piemonte… Caterina non legge, chiede solo
“Come mai siete qui?” “Clandestina, cerco lavoro”. “Non lo dica
forte” in Svizzera infatti l’accattonaggio è proibito e i
clandestini non hanno vita facile.

Viene in mente a Caterina che durante una visita a Parigi alcuni
anni fa era stata colpita dalla quantità di mendicanti lungo i
bei boulevard del quartiere latino, St Michel, St. Germani des
Prés. Probabilmente non solo lei perché in quegli stessi giorni
aveva notato un articolo su Le Figaro in cui si diceva che
proibire l’accattonaggio sarebbe costato troppo ai servizi
sociali.

Chissà cosa direbbe la sua amica, si fa per dire, Giacinta che,
chiedendole se in Svizzera c’erano extracomunitari, aveva
aggiunto, “Io li odio, magari gli do qualcosa, ma li odio.”

Caterina le aveva fatto notare che anche gli svizzeri sono
extracomunitari. Non le aveva però detto che Edoardo, il figlio
che si stava per sposare, era molto impegnato a Zurigo per
l’aiuto ai “Sans papiers”, clandestini perlopiù sudamericani che
forniscono manodopera a buon mercato, ma vivono nel terrore di
essere presi e rimandati al loro paese senza passare dal via.

Il nostro cervello è più veloce di un motore di ricerca,
certamente più della mano che scrive queste parole. Così
Caterina in quei pochi minuti di attesa alla cassa oltre a
leggere questi suoi pensieri si trova ad osservare la ragazza,
probabilmente dell’età dei suoi figli, che indossa una gonna
jeans lunga il cui spacco lascia intravedere una gamba, giovane
e ben fatta. Ha un portamento elegante questa donna, una grazia
innata. I bambini seppur vivaci non hanno proferito parola.

La deformazione professionale di Caterina, insegnante, le fa
scomporre tutto ciò per analizzarlo da un punto di vista
didattico. Contenuti, metodi, obiettivi raggiunti. Ammira
l’intelligenza e la dignità di questa persona e si rammarica di
non averla avuta come studente.

Non osa confessarselo Caterina, ma spera in cuor suo di rivedere
questa ragazza e poterle comprare ancora qualcosa di utile,
pannolini, biscotti, una confezione di Lego, un libro di favole
per lei e per i suoi bambini.



Cristina cattaneo


GdS 20 VII 2005 - www.gazzettadisondrio.it

Cristina Cattaneo
Società