– Caterina e le figure retoriche. L’elaborazione

Terzo racconto della serie

Caterina odia da sempre le frasi fatte, le parole di moda.

Avendo ormai visto parecchie primavere potrebbe fare una
collezione di queste espressioni, ne ricorda almeno una per
anno, nell’ultimo decennio. Valido, un certo tipo di discorso,
cioè, nella misura in cui, parametro, realizzarsi, un attimino,
non c’è problema, nel senso, suggestione, fino alla più attuale
e recente: la Metafora.

Che cosa non ha la sua metafora oggi? Tutto è metafora di tutto.


Da piccola Caterina non ha studiato le figure retoriche, le ha
conosciute molto più tardi, forse leggendo Umberto Eco o i libri
di David Lodge?

Le sue preferite sono la sinèddoche, che non le è ancora proprio
chiara ma suona bene , la litote, (non è un’aquila), e l’òssimoro,
(il giovane vecchio, lo stupido intelligente, una vacanza di
studio a Malta)).

Non ama però la metafora.

Già aveva faticato ad assimilare il concetto di monofora,
bifora, trifora, ma metafora non la possiede ancora.

Era rimasta al simbolo e all’allegoria pur trovando difficile
fare una distinzione chiara tra i due.

Ma le figure retoriche l’affascinano, come tutte le cose che non
conosce bene, che non possiede. Prima o poi, ne è certa,
riuscirà ad impararle tutte a memoria con le relative
definizioni.

Metafora. Chissà perché stamattina si è svegliata con questa
parola in testa.

La ferita lasciatale dall’insulto lanciatole dal suo allievo non
si è ancora rimarginata e Caterina continua a porsi domande.
Dove sbaglio, si chiede, perché non riesco a comunicare con
questi ragazzi?

All’improvviso, sempre nel dormiveglia, finalmente le si
chiarisce il significato di Metafora.

La metafora dell’apprendimento è l’alimentazione.

Non ci voleva molto, penseranno le persone intelligenti.

Ma, ed è nientemeno che il grande Pascal a dirlo, sono le
ragioni che trovi da solo a convincerti più di tutte.

Il bambino è dapprima alimentato dalla mamma, seno o biberon, e
c’è uno strettissimo contatto fisico. Il bambino viene nutrito.
Assimila, cibo e informazioni senza rendersene conto.

Poi l’alimentazione cambia gradatamente, ma è sempre
controllata.

Appena il bambino è in grado di dire no comincia a scegliere, a
chiedere ciò che preferisce, o rifiutare ciò che non vuole, non
solo cibo.

Inoltre si inseriscono elementi esterni alla famiglia – leggi
televisione - e propongono altro, giochi pronti, cibo poco
genuino, poco sano, superfluo.

Non a caso gli addetti ai lavori parlano di “dieta mediatica”.

Il bambino, non ancora sufficientemente autonomo, non sa
discernere, opera scelte sbagliate. E’ attratto più dall’aspetto
che dalla sostanza. Preferisce il lecca lecca alla mela, il
ghiacciolo alla spremuta, le patatine fritte ai pomodori. Le
mamme cedono e corrompono il bambino con schifezze colorate, con
inutili giocattoli di plastica, che saranno buttati o
dimenticati dopo poche ore.

Per tornare alla nostra metafora, il bambino riceve tanto, da
genitori, adulti, compagni e società, ma non sempre ciò che è
essenziale alla sua crescita e maturazione. Riceve troppo, tropo
cibo, troppo tutto, e infatti ci sono troppi bambini già obesi
in tenera età.

E poi, il disordine alimentare, la poca ritualità, la scarsa
varietà. Le patologie. Mai come in questo periodo i giovani
soffrono di disturbi dell’alimentazione. Anoressia, bulimia.
Desiderio di droghe.

Raramente si ha vera fame o vera sete, che equivalgono alla
curiosità o alla motivazione, indispensabili per poter imparare
checchessia.

Per quel che riguarda l’apprendimento fanno indigestione di
suoni, immagini, assimilano slogan propagandistici
pseudopolitici, ma rifiutano lo studio serio e la ricerca che li
porterà verso la consapevolezza.

Troppi giovani sono attratti da maestri che non sono maestri, da
falsi profeti che propongono soluzioni facili ma sterili, se non
dannose.

Si rende conto Caterina che l’eccesso di informazioni inutili e
frammentarie, di frasi fatte senza sostanza, di immagini false,
violente, ripetitive, equivale agli zuccheri, ai grassi in
eccesso, ai coloranti e conservanti chimici di snack, merendine
e fast food e fanno diventare i ragazzi “obesi” anche in senso
figurato.

Molti preferiscono ciò che viene proposto al di fuori della
scuola, e non ci sarebbe niente di male, anzi, ma viene
privilegiato ciò che è più attrattivo (altra orribile parola di
moda), e che soprattutto non richiede fatica, così come vengono
preferiti cibi pronti a piatti da preparare.

La dimostrazione di questa Metafora potrebbe andare avanti ad
oltranza.

Ecco perché, pensa Caterina, soddisfatta di aver chiarito il
significato della figura retorica, il suo scolaro le ha detto
“Ignorante sarà lei”, io so altre cose, che lei non sa”.

Anzi ha preso due piccioni con una fava, perché si rende conto
di avere a disposizione anche un perfetto esempio di Ossimoro,
uno studente ignorante e dotto al tempo stesso .
Cristina Cattaneo


GdS 30 VII 2005 - www.gazzettadisondrio.it

Cristina Cattaneo
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