Batti il tamburo, finché puoi!

di

12
milioni di orfani (e saranno 50)



Secondo gli ultimi dati presentati alla conferenza internazionale sull'Aids a
Bangkok (luglio 2004), nel 2010 l'Africa a Sud del Sahara avrà 50 milioni di orfani, mentre oggi ce ne sono oltre dodici milioni.

Per gli esperti dell'Onu, questa situazione è ancora più pericolosa della stessa epidemia di Aids, perché provoca una destabilizzazione nel lungo periodo delle società africane. Qualche tempo fa, la Banca Mondiale aveva già lanciato l'allarme per il Sudafrica: l'alto numero di orfani, avvertiva l'istituzione finanziaria, si potrebbe tradurre in futuro in una diminuzione della forza lavoro a disposizione dell'economia del paese.

Un altro grave problema è lo scarso interesse nei confronti degli orfani da parte dei programmi di aiuto internazionale. Solo 700 mila bambini nel mondo ricevono infatti una qualche forma di sostegno economico dai programmi contro l'Aids.

A parere dell'Onu, anche i singoli governi dimostrano poca attenzione alla questione. Solo 17
Paesi sui 93 esaminati nel rapporto nel 2003 hanno messo a punto strategie operative per aiutare i
bambini (Cfr: New Scientist).

In altre parole, i bambini che rimangono orfani, senza una casa e senza cibo, sono destinati a finire per strada, vittime della prostituzione o della criminalità, e vedono diminuire drammaticamente le loro speranze di vita. Il fenomeno degli orfani dell’Aids continua ad essere una delle grandi piaghe del continente: le statistiche mondiali rivelano che sono africani nove su dieci bambini siero-positivi e otto su dieci orfani dell’Aids. 

Una volta per tutte, bisogna che si capisca che L’AIDS è una cosa seria. Ha cambiato i costumi sessuali degli ultimi 15 anni, nei giovani e nei meno giovani. Sicuramente le campagne di prevenzione e l’utilizzo del profilattico hanno portato ad una visione della sessualità più responsabile e alla riduzione di altre malattie trasmissibili attraverso gli stessi canali. Esistono però anche dei dilemmi generati dalle campagne di informazione, spesso condotte al limite del terrorismo e non sufficientemente suffragate da dati di realtà. 


Rompere
il silenzio


A Durban, in Sudafrica, la XIII Conferenza internazionale sull'Aids, ha adottato lo slogan “Rompere il silenzio” che suona come un grido di protesta contro la sordità dei Paesi occidentali nei confronti di un'emergenza sanitaria di proporzioni catastrofiche che si sta verificando nei Paesi in via di sviluppo. L'Africa ne è l'epicentro e il Sudafrica è il primo Paese al mondo per numero di malati e siero- positivi. In questo vive la più alta concentrazione di persone infettate dall'Aids in tutto il pianeta. Le
Nazioni dell'Africa sub-sahariana perderanno un quarto della popolazione, a causa dell'Aids, nei prossimi 10 anni. Colpa della mancanza di farmaci, dell'arretratezza delle strutture sanitarie, della miopia dei governi e delle specificità culturali del continente.


Beat the
Drum (Batti il tamburo)



A tale proposito, è di una chiarezza strabiliante e di una delicatezza commovente, il film
Beat the Drum (Batti il tamburo) di David Hickson, presentato al Giffoni Film
Festival (17-24 luglio 2004), nella sezione Free to Fly (12-14 anni ).

Il film Beat the Drum

Il piccolo Musa, un bambino Zulu di 9 anni, rimane orfano, dopo che una malattia “misteriosa” ha colpito il suo villaggio natale e sterminato la sua famiglia. Decide, per procurare alla nonna una nuova mucca e trovare uno zio da tempo trasferitosi in città, di partire alla volta di Johannesburg. Trasporta con sé un piccolo tamburo, ultimo regalo del padre prima di morire, e affronta un viaggio che cambierà radicalmente la sua vita. L’incontro con la grande città sarà molto più difficile del previsto, ma le persone che contatterà e gli imprevisti da fronteggiare lo aiuteranno ad affrontare l’agghiacciante concretezza di un paese terrorizzato dall’incubo dell’Aids. Con il pesante fardello della verità il piccolo tornerà al villaggio e suo sarà il drammatico compito di rivelare agli amici l’emozionante scoperta. Traspare dal film la dicotomia tra la semplicità di una vita sognata più che vissuta e la spietata realtà di un destino che mette continuamente alla prova le nostre difese emotive. I vari personaggi sono spontanei ed immediati. Aiutano a calarsi nel dramma e a soffrirne con loro.

Premiato al Mill Valley Film Festival in California, Beat the Drum ha di recente vinto due premi al Newport Beach Film Festival, fra i quali quello per il miglior attore drammatico conferito al piccolo Junior Singo, il protagonista, che è bellissimo, intelligentissimo, delicatissimo, proprio un amore di ragazzino che tutti vorrebbero avere per figlio e per fratello, oltre che amico.


Il regista



Il regista è il sudafricano David Hickson , cresciuto a Cape Town. Ha 36 anni e ha lavorato a Londra come architetto, prima di intraprendere la carriera cinematografica con uno stile “sudafricano”, capace di sfruttare la forte cultura narrativa del suo Paese. Beat the Drum è il suo primo lungometraggio. In precedenza ha diretto due cortometraggi, Angels in a Cage, vincitore del Premio Avanti Craft per la regia, e Skeletons at the Feast, con il quale ha ottenuto il Premio
Kodak.


L’INTERVISTA a David Hickson



- Perchè hai scelto di fare un film sull’AIDS, quando ce ne sono parecchi in giro?

La maggior parte dei film trattano dell’AIDS a livello di malattia e a livello politico. Invece ho cercato di trattare questo tema vedendolo dalla parte degli africani e della tradizione africana confrontata con la realtà dove scoppia l’AIDS.

- Come mai in Sudafrica, visto che il tuo film parla dell’etnia Zulu, non esiste nessun tipo di prevenzione- informazione sulla malattia, in modo che da parte dei giovani vi sia più attenzione?

Vi sono un paio di motivi. Per quanta riguarda l’informazione- educazione essa è scarsa e poi va contro le tradizioni africane. Per esempio, se muore il marito di una donna, è usanza che diventi moglie del fratello, anche se questo è malato.

- Nel tuo film, con molta delicatezza, si vede una bambina che si aggiusta la gonna, mentre il “maestro” si affaccia a parlare con
Musa (il protagonista) che capisce la violenza sessuale ricevuta dalla sua piccola amica.

- E’ ancora vero questo tipo di comportamento sessuale degli adulti che credono di “salvarsi” dalla malattia facendo sesso con una bambina?

Per tradizione si ritiene un valore fare sesso con una vergine e se un europeo dice loro che tale comportamento è sbagliato, credono solo che si voglia sradicare la loro cultura.

Naturalmente, a livello politico e governativo, si sono promossi vari programmi per far arrivare questo messaggio a mezzo di mediatori. E’ un processo molto lento e duro che va a cozzare contro una questione di valori africani, come qualcosa che li voglia sradicare, distruggere.

- Non sarebbe meglio investire di più nel campo educativo- preventivo, anziché in quello curativo?

Anch’io credo sia più importante l’educazione della cura, ma ci si trova ad un livello tale della malattia che non si può basare il programma soltanto sull’educazione. Necessita assolutamente, che la cura prosegua la sua strada, sperando di salvare qualcuno. In realtà, oggi in Sudafrica, si lavora su doppi binari. In ogni modo, la terapia non è basata sull’imposizione: si cerca di far capire il problema, come ho mostrato nel mio film, dove si nota una certa presa di coscienza da parte della gente.

Personalmente mi impegno a cercare di trasmettere quello in cui credo, non in modo impositivo, ma come messaggio.

- Pensi che questo film possa smuovere qualcosa nei paesi occidentali?

Il mio film ha due possibilità: essere un film educativo per il Sudafrica e un film didattico per gli altri
Paesi, soprattutto per gli educatori.

Debbo anche dire che è stato già proiettato in America, a Los Angeles ed altre città, oltre che a Giffoni. Le reazioni sia lì che qui sono state positive perché i ragazzi hanno colto l’insieme della storia e si sono appassionati al problema, in modo coinvolgente, emotivo e diretto.

- Negli ultimi convegni internazionali sull’AIDS, si è notato un certo disinteresse dell’occidente: Quanto ritieni vero ciò?

C’è sempre a base del disinteresse, innanzitutto, una questione economica e poi si pensa che questa malattia colpisca solo alcuni ceti, mentre, in realtà, si cerca di far capire che l’AIDS non guarda in faccia nessuno.

- E gli europei cosa potrebbero fare?

Gli europei avendo una cultura diversa, non si sentono coinvolti nel problema se non con il sovvenzionamento nel campo educativo. Quindi non vi sono forme di aiuto più vicine per incrementarle.

Personalmente mi adopero nei canali dell’informazione- educazione per sollevare sul problema maggiore attenzione, più che indurre gli europei a maggiori investimenti nei prodotti farmaceutici.

- E parliamo di un argomento discutibile e molto discusso. Pensi che insegnando ai giovani l’uso del preservativo, sia il modo più adatto, per tenere sotto controllo la malattia, oppure bisognerebbe educare i giovani ad un maggior controllo della sessualità?

L’idea di educare i giovani ad un maggior controllo della propria sessualità è più che giusta, ma nella realtà non è possibile. Quando vi sono elementi quali l’emozione e l’istinto, riesce molto difficile un autocontrollo. Il preservativo è da considerarsi un mezzo idoneo, però in Africa non è accettato. E’ considerato una cosa innaturale e non ha nulla a che fare con gli insegnamenti morali delle religioni. Accettare poi l’uso del preservativo, non credo sia andare contro i dettami morali delle religioni. Esse possono dare il loro contributo, però l’educazione deve basarsi sui fatti.
E, purtroppo, i fatti sono disarmanti.

- Oltre che ad informare ed emozionare, il tuo film - almeno tra gli italiani- toglierà un pregiudizio non indifferente. Per dire che una persona era maleducata, asociale, si diceva che si comportava come uno zulu. Invece che botta! Musa e la sua tribù zulu, sono talmente rispettosi degli anziani, della tradizione, di tutte le regole che c’è solo da vergognarsi nell’aver usato nel passato il termine “zulu” in modo dispregiativo!

I pregiudizi sulle culture stanno scemando in ogni parte del mondo, anche per la ragione che la gente, maggiormente acculturata, guarda agli altri con occhi più amichevoli e benevoli.

In pratica, il razzismo sta sparendo e non è una questione di educazione, ma di un cambiamento interiore delle persone.

- Nella vostra Costituzione tutte le religioni e le fedi delle moltissime etnie sudafricane godono degli stessi diritti. Cosa ne pensi? 

La nostra Costituzione è una cosa fantastica: è una delle migliori del mondo. Tutti sono posti sullo stesso piano con uguali diritti.

- Credi che la Commissione per la pacificazione politica e sociale delle varie etnie dopo l’apartheid ha ancora molto lavoro da fare?

Sicuramente. Quando Mandela nel 1991 ha iniziato il processo di democratizzazione, nessuno pensava si potesse realizzare. Dopo dieci anni, esso è verificabile, anche se molti non lo condividono. In ogni caso, è già un notevole progresso il fatto che tutti si parlino, mentre prima tutti si odiavano. Certo, il lavoro sarà ancora pieno di incognite, però la fiducia nella democrazia e nella convivenza pacifica, la sosterrà nel cammino verso il futuro.

Mandela nel mondo è il simbolo della libertà.

- Cosa pensano di lui i sudafricani e come oggi, il processo della libertà, continua il suo corso?

Mandela è veramente amato dai sudafricani, perché alle persone di colore ha portato la libertà e agli europei una visione pacifica, in modo che non prevalga più la violenza, ma la democrazia.

Egli è un simbolo positivo per tutti.


ALCUNI
FILMS SUL TEMA AIDS



- "Una gelata precoce" di J. Erman – USA 1985

- "Rosso Sangue" di L. Carax – Francia 1986

- "Once More" di P. Vecchiali – Francia 1988

- "In una notte al chiaro di luna" di L. Wertmuller – Italia 1989

- "Che mi dici di Willy" di N. Rene' – USA 1990

- "Mercie la vie" di B. Blier – Francia 1991

- "Notti selvagge" di C. Collard – Francia, Italia 1992

- "Gli amici di Peter" di K. Branagh – Gran Bretagna 1992 

- "Blue" di D. Jarman - Gran Bretagna 1993

- "Philadelphia" di J. Demme – USA 1993

- "A proposito di donne" di W. Goldberg – USA 1994

- "Amici per sempre" di P. Herton – USA 1995

- "Da morire" di G. Van Sant – USA 1995

- "Io ballo da sola" di B. Bertolucci – Francia, Italia1996

- "Trainspotting" di D. Boyle – Gran Bretagna 1996


e, sensibilissimo, in grado di smuovere pietre e sassi che spesso sono al posto del cuore, da proporre ai ragazzi e a quanti si prodigano per il progresso dell’umanità:

- Beat the Drum(Batti il tamburo) di David Hickson, presentato al Giffoni Film Festival( 17-24 luglio 2004), nella sezione Free to Fly (12-14 anni).
Maria
& Elisa Marotta





GdS 30 VII 2004 - www.gazzettadisondrio.it

Maria & Elisa Marotta
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