Anniversario della Comunità di Sant’Egidiodi

Oltre 50.000 membri in 70 Paesi

Appuntamento per qualche migliaio di membri della
Comunità di Sant'Egidio e di amici e ospiti della Comunità,
vescovi e cardinali, ambasciatori, poveri, rappresentanti delle
comunità nell'Africa sub-sahariana e delegazioni europee, per il
38esimo anniversario della Comunità di Sant'Egidio, nata a Roma
nel febbraio del 1968, e che raccoglie oltre 50 mila membri,
tutti volontari, in più di 70 paesi del mondo. Come è noto, in
ogni paese del mondo in cui la Comunità di Sant’Egidio opera, è
presente con persone locali e questo ne fa una realtà non comune
, dove missione e inculturazione si intrecciano con naturalezza
e dove globalizzazione e solidarietà camminano assieme.


Un anno non facile da raccontare quello appena trascorso, che si
conclude a ridosso del martirio di un amico della Comunità, don
Andrea Santoro, un testimone disarmato dell’amore e del dialogo,
che non voleva che la bellezza del Vangelo smettesse di creare
simpatia e vita nelle terre che hanno visto nascere San Paolo e
il cristianesimo, e dopo la memoria di Gebran Tueni in
Campidoglio, il 3 febbraio 2006. Un giornalista e un
protagonista della rinascita democratica del Libano, vittima del
terrorismo, anche lui un simbolo della convivenza pacifica in un
mondo attratto dall’odio e dalle semplificazioni dello scontro
tra le civiltà. In questa occasione il padre di Gebran, Ghassan
Tueni, ha ripetuto le parole pronunciate al funerale del figlio:
“In quest’occasione non invito alla vendetta e all’odio, ma,
insieme a mio figlio, voglio che anche l’odio sia seppellito per
sempre”.


Un anno difficile da sintetizzare, di cui si può dar conto solo
in parte. L’anno della malattia di Giovanni Paolo II, della
preghiera con tanti vescovi al Policlinico Gemelli, del dolore
per la perdita di un padre che ha accompagnato la vita della
Comunità in maniera intima e affettuosa fin dalla sua prima
visita a una parrocchia romana alla Garbatella, nel novembre
1978, e l’anno in cui un nuovo padre e vescovo, Benedetto XVI è
stato donato alla Chiesa universale e, con la diocesi di Roma,
alla Comunità. Un Papa che ha messo al centro del suo
pontificato l’amore e che ha ricordato a tutti, ai cristiani e
al mondo che l’amore è possibile e che questo è il nome stesso
di Dio.


Un bilancio della vita delle comunità di Sant’Egidio in Italia,
in Europa e nel mondo potrebbe essere un elenco di azioni,
iniziative e, in qualche caso di risultati. Ma il filo che lega
tutto, la vita difficile di piccole comunità di cristiani in
terre complicate come il Pakistan, l’India, l’Indonesia, o
comunità che vivono la loro amicizia con i poveri e la preghiera
serale nelle più confortevoli città europee, è stato lo sforzo
di vivere con i poveri l’amore di Gesù per i poveri. I poveri
come amici di Gesù e i nostri amici, è un latro modo di
raccontare un anno difficile per il mondo, tra terrorismo,
guerra, nuovi scenari inquietanti in Medio Oriente quando la
pace sembrava più vicina, mentre il mondo europeo e l’Italia
sentono sempre meno il debito verso il Sud del mondo e l’Africa
in particolare. Il sacramento del povero e il sacramento
dell’eucaristia. E’ così che si spiega come la preghiera
principale della comunità di Sant’Egidio, ospitata nella
basilica di Santa Maria in Trastevere, sia diventato un luogo di
pellegrinaggio e di preghiera nella città di Roma, con circa 300
mila presenze in un anno. La preghiera che è trasmessa in
diretta alla radio dal circuito radiofonico InBlu, in Italia, e
che può essere seguita sul sito web, in diretta.


E’ così che si spiega come sia diventato un punto di riferimento
la chiesa di San Bartolomeo all’Isola Tiberina, che ospita il
primo Memoriale dei Martiri del Nostro Tempo - e raccoglie
reliquie di monsignor Romero e di Paul Schneider, di Franz
Haegerstatter, il contadino tedesco che da solo ha resistito al
nazismo per fedeltà evangelica e Alberto Hurtado, André Jarlan,
dei martiti ruandesi e russi . E’ diventata un altro centro
aperto a tutti per la preghiera e ritrovare il senso profondo di
un amore che non risparmia se stessi e che parla a tutti.


Un anno che si può guardare dal particolare punto di vista di
chi è escluso dalla convivenza civile: il lavoro nelle carceri
in Italia, in Africa, in America Latina, ha portato a
migliorarne le condizioni di vita, ha accompagnato migliaia di
detenuti. Tra gli 80 mila poveri che hanno potuto celebrare il
Natale anche con la festa a tavola della comunità, alcune
migliaia sono prigionieri in carceri africani. E quasi 2000 sono
i detenuti nel braccio della morte seguiti individualmente dalla
Comunità negli Stati Uniti, in Africa, in Giappone, nei paesi
arabi e in altre zone del mondo. La battaglia contro la pena di
morte ha visto dichiarata illegale l’esecuzione di persone
disabili mentali negli Stati Uniti, il consolidamento della
Giornata Mondiale delle Città per la Vita-Contro la Pena di
morte, No Justice Without Life. Le capitali che hanno aderito
sono diventate 30, nel mondo, da quindici che erano, e quasi 400
le città che hanno scelto di fare di questa campagna una scelta
di civiltà, per una giustizia più alta, senza tortura e
vendetta. La Conferenza internazionale organizzata dalla
Comunità con 11 ministri della giustizia africani, in
collaborazione con la Toscana, ha avviato un processo di
collaborazione che dovrebbe portare all’abolizione per legge
della pena di morte in tre paesi africani e all’esclusione della
pena capitale dalla costituzione della Liberia, mentre il New
Jersey ha dichiarato una moratoria delle esecuzioni. La Texas
Coalition e la National Coalition Against the Death penalty,
Death Penalty Focus California e Journey of Hope, Amnesty
International e Forum 90 Japan, le organizzazioni presenti nella
World Coalition Against the Death Penalty sono diventati partner
abituali in uno sforzo per i diritti umani che ha visto la
comunità coinvolta nel promuovere uno schieramento
internazionale, culturale, interreligioso, umanitario,
istituzionale, il più largo possibile per raggiungere obiettivi
comuni in grado di toccare vertici e opinioni pubbliche dei
paesi mantenitori.


E’ stato l’anno dell’Africa. Africa dimenticata ma anche
Eurafrica, una alleanza che offre all’Europa un significato e un
ruolo oltre il mercato, e che è indispensabile all’Africa per
uscire da guerre, sottosviluppo, carestie e Aids. Il programma
DREAM si è consolidato come il più efficace programma di cura
globale dell’AIDS nell’Africa sub-sahariana. Dal Mozambico si è
esteso ad altri 5 paesi, ma soprattutto è diventato un modello
operativo di riferimento per la lotta all’AIDS in Africa,
studiato e sostenuto dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità
e da numerosi governi e sanità pubbliche. Oltre ad essere un
formidabile strumento di cura, compatibile con le poverissime
infrastrutture dei paesi più colpiti, DREAM è diventato un
laboratorio di formazione panafricana sul campo di tutte le
professionalità necessarie alla cura dell’AIDS e delle malattie
opportunistiche in Africa. Oltre 1500 persone, medici, tecnici,
infermieri, informatici, assistenti domiciliari si sono formati
con lo staff internazionale di DREAM e questo sta rendendo
possibile, finalmente, l’allargamento del numero dei pazienti in
cura nel continente africano. Il programma iniziato con il
sostegno del Gruppo Unicredit e che nel tempo ha visto
aggiungersi molte Cooperazioni e Fondazioni internazionali,
migliaia di piccoli sostenitori, istituzioni come la World Bank
e partner come le Suore Vincenziane e Banca Intesa, copre il 4
per cento di tutte le persone in cura e assistenza nell’Africa
sub-sahariana e riesce a far nascere 97 bambini su cento senza
virus HIV da madri che hanno il virus nel sangue, fa vivere le
madri coprendole con la terapia, interrompe la catena che ha
visto il numero degli orfani di AIDS arrivare a 14 milioni.


Africa ha voluto e vuole dire anche sforzo per la pace , in
Togo, dove la Comunità ha riavviato un negoziato tra governo e
opposizione, lotta alla carestia che colpisce la zona di Sofala
e il Malawi, dove un terzo della popolazione di un paese già
svuotato dall’AIDS di giovani e di professionalità è a grave
rischio.


Un anno che si può leggere anche a partire dalle emergenze del
mondo che per Sant’Egidio sono state quasi sempre emergenze
anche interne. Lo tsunami, che ha visto la più grande raccolta
di solidarietà mondiale della storia recente, ha avuto una
difficoltà in più, che è stata quella della capacità di spesa e
della difficoltà per enti internazionali ad operare in Indonesia
e India, paesi di grande tradizione che hanno privilegiato
l’intervento diretto. Grazie alla presenza e all'intervento
diretto in loco di persone delle comunità Indonesiane e Indiane,
che hanno permesso un intervento di aiuto "diretto", non si è
assistito a un processo di burocratizzazione degli aiuti,
piuttosto generalizzato.Immediatamente sono stati ricostruiti
alcuni villaggi nel Tamil Nadu e fornite barche e reti da pesca
alla popolazione locale per ricominciare a vivere. Già nei primi
mesi il 50 per cento dei fondi raccolti sono stati spesi
nell’emergenza e nelle prime ricostruzioni e alla fine dell’anno
si è arrivati all’80 per cento:sono state ricostruite 3 scuole
in Indonesia, 3 scuole in India, in tutto 6 villaggi in India
meridionale.


Sono in corso 48 progetti legati alla ricostruzione e allo
sviluppo: scuole, villaggi, barche, reti, sostegno alle diocesi,
mezzi di locomozione, sostegno a distanza di villaggi e bambini.


Lo stesso, con aiuti di emergenza, tende, cibo e protezione per
l’inverno, è accaduto per il terremoto in Pakistan, con gli
aiuti alimentari, le tende per i villaggi colpiti dall’uragano
in Salvador (un container di emergenza di 10 tonnellate partito
il 29 dicembre) e con la distribuzione alimentare che da
novembre in poi è iniziata in Burkina Faso e Niger, sostenuta
dalle raccolte in Europa.


Un anno di amicizia e di battaglie civili a fianco dei più
poveri.Gli anziani innanzi tutto. Le campagne “Sole si, soli
no”, “A casa è meglio” e “Insieme fa meno freddo” sono diventati
i progetti pilota , in Italia, per prevenire le morti da caldo e
da freddo e per andare a proporre modelli alternativi di
sostegno a chi è anziano nelle grandi città europee. Un modello
non fondato sull’istituzionalizzazione, ma sulla prossimità, che
riduce i rischi combinati della malattia, della povertà e
dell’isolamento, e che fa passi avanti anche dal punto di vista
culturale, come una proposta radicale di ripensamento della
organizzazione sociale e sanitaria e della convivenza civile
nelle grandi città occidentali. Le Guide “Come rimanere a casa
propria da anziani” sono diventate un punto di riferimento
stabile in 10 città italiane e i consigli per il freddo e per il
caldo sono diventate campagne ufficiali di molti comuni italiani
e del M ministero della Salute.


Un anno vissuto per strada, nelle grandi periferie
latinoamericane e asiatiche, nel centro delle grandi città
europee, con immigrati e persone senza dimora. Le campagne per
l’”emergenza freddo”, le guide “DOVE” per la sopravvivenza nella
città , ma anche la riflessione pubblica sul cambiamento della
povertà in Italia e sulle nuove povertà, le proposte per ridurre
i danni di una maggiore fragilità sociale, il sostegno per il
rispetto dei diritti umani anche delle fasce più deboli e degli
zingari in particolare, la campagna per l’amnistia e l’indulto
in Italia e per rendere possibile, con la nuova legislatura, la
cittadinanza italiana per i bambini figli di immigrati sono
stati i filoni abituali di una vicinanza ai più poveri che solo
in Italia ha coinvolto in questi anni oltre 120 mila immigrati,
uno ogni venti presenti nel paese. La campagna per fermare gli
sfratti, che colpiscono soprattutto famiglie numerose e anziani
soli, ha contribuito, almeno a Roma, a un provvedimento di
urgenza che ha diminuito la pressione sui più poveri ed esiti
drammatici.


La battaglia per la cittadinanza e una riforma dell’istituto
della cittadinanza in Italia rimane al centro delle priorità e
una chiave per l’integrazione e il superamento di possibili
scontri sociali e culturali nel paese. E a fianco dei bambini e
dei disabili fisici e mentali, con le scuole della pace in tutti
i paesi del mondo in cui la comunità è presente, con il
movimento del Paese dell’Arcobaleno e i suoi 40 mila bambini
iscritti, con la crescita delle adozioni a distanza che hanno
adottato migliaia di bambini e intere famiglie e villaggi,
garantendo la rinascita e un po’ di futuro dalla Bolivia alla
Guinea Bissau, le adozioni internazionali, le manifestazioni del
RiGiocattolo che sono diventate un appuntamento in molte
capitali europee e non e un modo permanente per educare a un
consumo consapevole, incoraggiando una cultura ecologica,
coinvolgendo decine (in alcuni casi centinaia) di scuole e
migliaia di ragazzi in ogni paese coinvolto. Il Movimento degli
“Amici” ha prodotto il secondo volume delle catechesi per i
disabili mentali Il Vangelo per Tutti e si è rivelato un
importante accompagnamento per vivere la domenica e le grandi
tappe della vita cristiana per chi ha un handicap mentale,
mentre è cresciuta in bellezza e qualità la grande mostra di
arte “Abbasso il Grigio!” che raccoglie le migliori opere delle
Scuole d’Arte del Movimento degli Amici e di altre associazioni
storiche di amicizia e vicinanza al mondo dell’ handicap.
L’opera che è stata premiata dalla giuria dei critici, “L’Africa
Spremuta”, dovrebbe essere esposta all’Aeroporto di Roma
Leonardo da Vinci.


Impossibile un rassegna completa di un anno che in ogni paese ha
dato vita a momenti importanti di preghiera e di impegno
pubblico. L’impegno a fianco delle comunità ebraiche in tutto il
mondo per ridurre i rischi dell’antisemitismo e di revisionismo,
con la giornata e la marcia della memoria in tante capitali
europee e in America Latina, ha avuto nella Marcia della Memoria
di Roma, il 16 ottobre 2005, il momento più intenso, frutto di
venti anni in cui la Marcia della Memoria è diventata un
importante appuntamento della città, da piccola testimonianza
iniziale quale era. La presenza del rabbino capo Di Segni, di
Amos Luzzatto, ha corrisposto a quanto accaduto in altre città,
da Antwerpen a Buenos Aires.


Il dialogo ecumenico si è rafforzato nelle molte visite e scambi
con le Chiese ortodosse di Romania e di Mosca e Costantinopoli e
Serbia e Grecia, mentre il Consiglio delle Conferenze Episcopali
Europee e la Conferenza delle Chiese Europee si sono incontrati
a Sant’Egidio e a Santa Maria in Trastevere con la comunità.
Sono stati i momenti più rappresentativi di un dialogo
ecumenico, con tutte le diverse confessioni cristiane, che è
cresciuto in tutto il mondo e che ha visto nella consegna di
reliquie di testimoni della fede evangelici e di altre
confessioni cristiane alla chiesa di San Bartolomeo all’Isola
Tiberina momenti di crescita di un ecumenismo di popolo e della
memoria che affonda le sue radici nella testimonianza dei
martiri del Novecento.


Sono continuati gli incontri di amicizia e di collaborazione tra
movimenti e nuove comunità ecclesiali (Stoccarda, Lucca), sulla
scia dell’iniziativa avviata dalla Comunità di Sant’Egidio e dal
Movimento dei Focolari dopo la storica Pentecoste del 1998 con
Giovanni Paolo II a San Pietro.


Ma è stata la pace e il dialogo l’altra dimensione che, con la
preghiera, ha attraversato la vita di tutte le Comunità di Sant’Egidio.
La marcia del primo dell’anno, che ha visto una mobilitazione di
circa 500 mila persone nel mondo e quindicimila a Roma, ha
raccolto il primo messaggio per la pace di papa Benedetto XVI in
un momento di gravi incertezze per il mondo e per la pace
stessa.


Impossibile dire i modi, l’amicizia, gli incontri fatti di
collaborazione concreta, le scuole della pace per i bambini
musulmani e non cristiani in Africa, Indonesia, altre parti del
mondo, che rappresentano la faccia quotidiana di un dialogo che
è l’alternativa permanente alla tentazione dello scontro tra le
civiltà, l’apertura di un canale di comunicazione che aiuta a
evitare le semplificazioni e la caricaturizzazione dell’altro, e
che è il modo strutturale per resistere alla follia di un
terrorismo che chiede scontro, violenza e guerra per alimentare
se stesso e legittimarsi di fronte ai propri mondi di
riferimento.


Il momento più alto è stato sicuramente, però, il Meeting
Internazionale uomini e Religioni, il diciannovesimo incontro
mondiale interreligioso per la pace, che si è tenuto per la
prima volta in Francia. “Nel nome di Dio, cercate la pace e
rifiutate l’odio” è stato il messaggio centrale di una ricerca
che ha visto i leader delle grandi religioni mondiali e
esponenti della cultura laica raccogliere insieme le sfide della
globalizzazione, per costruire le vie di un comune “umanesimo di
pace”. L’accoglienza del mondo francese è stata straordinaria,
per molti inaspettata.


Un anno di maggiore radicamento in molte situazioni
internazionali, testimoniata anche dalla crescita del sito della
Comunità, multilingue, triplicato negli ultimi due anni. Con
trecentomila lettori abituali e oltre un milione di pagine al
mese consultate, mentre i contatti non regolari sono stati
quattro volte di più, con oltre quattro milioni di pagine lette
al mese.
CS


GdS 10 II 2006 - www.gazzettadisondrio.it

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