Il 2006? Né nero, né bianco

C'é anche Valori & Problemi del terzo Millennio

L’ultimo periodo dell’anno è caratterizzato da
bilanci e previsioni, per fare il punto sull’anno ormai morente
e su quello che nascerà.

Prima di avventurarci nel futuro, è beneaugurante sapere che il
2006, essendo un numero pari, per la numerologia, antichissima
scienza indù, pitagorica, babilonese, facente parte dei primi
dieci numeri, ha uno stretto legame con lo spirito.

Il sei indica equilibrio (quanto ne ha bisogno il mondo
odierno!), armonia e - per il filosofo greco Filone - è “Il più
produttivo di tutti i numeri”. Forse perché simboleggia l’unione
delle polarità (maschile- femminile), amore, salute, bellezza,
occasioni, fortuna, perfezione(la stella, l’universo, la
creazione, l’intelligenza, la meditazione…Cfr.: J.C. Cooper,
Dizionario dei Simboli, Franco Muzzio editore,1988).

A parte questo significato, che cosa si aspettano gli italiani
dal futuro a medio e a lungo termine? Vedono rosa o vedono nero?

Scienza e tecnologia risolveranno problemi o ne creeranno di
nuovi?



Secondo una delle ultimissime indagini promosse dal centro
ricerche Observa- Science in Society( www.observa.it) il quadro
generale delle aspettative, è segnato dal pessimismo. Sono stati
intervistati via telefono, 1021 persone per età, genere,
ripartizione geografica e solo il 23% ritiene che le cose
andranno meglio nei prossimi cinquanta anni, mentre oltre la
metà si attende un peggioramento. Per un italiano su cinque non
cambierà nulla. Le previsioni diventano più negative con il
diminuire dell’età degli interrogati: i più giovani sono anche i
più pessimisti riguardo al futuro. Questo orientamento si
concentra soprattutto nella fascia d’età compresa fra i 20 e i
29 anni (per il 65,6% le cose andranno peggio, contro il 47,3%
di chi ha 65 anni o più); invece fra i più giovani (15 - 19
anni) pare emergere un atteggiamento più interpretabile come
rassegnazione o disillusione, dal momento che quasi un terzo
ritiene che non ci sarà nessun cambiamento.

I dati più interessanti concernono le cause associate alle
diverse previsioni. I due fattori che, nel bene e nel male,
entrano in gioco con maggiore frequenza
hanno a che vedere, da un lato, con la scienza e la tecnologia,
dall’altro con l'inquinamento.

La maggioranza di chi immagina un miglioramento lo attribuisce
infatti al progresso scientifico e tecnologico, al contrario, di
chi scorge nella perdita della nostra capacità di controllo
sulla tecnoscienza la principale causa del peggioramento
dell’attuale situazione (11,5% contro 6,6%).

Un ruolo di rilievo spetta all'economia, soprattutto fra chi si
attende un peggioramento; a maggior ragione se poi si considera
che lo sviluppo o l'ulteriore arretramento dei paesi poveri
possono essere a loro volta interpretati in chiave economica.

Le visioni del futuro sono popolate, come è noto, di innovazioni
e di scoperte che incarnano i nostri desideri al di là della
loro plausibilità scientifica e tecnica. In questa prospettiva
le previsioni avanzate dagli italiani
si fondono con le loro speranze (il cancro verrà sconfitto e nel
giro di cinquant’anni disporremo di fonti energetiche pulite e
rinnovabili, vi sarà più capacità di prevedere in modo accurato
l’avvento di catastrofi naturali. La clonazione dell’uomo,
l’avvento di robot in grado di sbrigare le faccende domestiche e
la conquista di Marte restano invece sullo sfondo, nettamente
staccati).

Ulteriori differenze emergono considerando il livello
d’istruzione e l’orientamento religioso.

Così, la sconfitta del cancro viene indicata soprattutto dai
cattolici e dalle persone meno scolarizzate, mentre la scoperta
di energie pulite e illimitate riscuote maggiori consensi fra i
non credenti e chi ha un elevato titolo di studio.

Al di là delle diversità, rimane un messaggio forte al mondo
della ricerca: la speranza di poterne presto riconoscere
l’utilità nella vita di ogni giorno (Cfr.: tSt, n.° 1210, 28
dicembre 2005).

Ma allora, come sarà la vita nei prossimi 50 anni?

Anche a ciascuno di noi come dice Woody Allen:«Il futuro mi
interessa molto

perché conto di passarci la maggior parte della mia vita».Questo
è un obiettivo che condividiamo tutti.

«Mondi futuri» è un libro dell’astrofisico Mario Menichella (SciBooks
397 pagine, 23 euro). Egli dice che l’Homo sapiens ormai lascia
il posto all’Homo technologicus, una creatura integrata con le
macchine che ha inventato. Guardarsi in giro per notare
telefonini e lettori MP3 all’orecchio dei più nelle strade e in
ogni dove per convenire che ormai queste sono autentiche
protesi, indispensabili alla sopravvivenza. Presto la
miniaturizzazione permetterà di installarle sotto pelle come
tatuaggi. Parlare con una persona lontana è ormai una funzione
quasi secondaria del telefonino: il cellulare oggi è anche una
radio, un registratore, una macchina fotografica, una
telecamera, un accesso a internet, un fax, un computer, un
ufficio da cui inviare e ricevere e-mail, un televisore, una
carta di credito, un navigatore satellitare. Presto includerà
una cartella clinica con l’anamnesi delle nostre vicende
sanitarie e la mappa del nostro DNA, una biblioteca, l’archivio
dei nostri ricordi.

Però il futuro non sarà senza molte minacce: bomba demografica,
guerra nucleare, nuove epidemie, effetto serra a valanga,
esaurimento delle risorse,
drammi dell’emigrazione di massa, scontri con asteroidi. Ma
prospetta anche un mondo che sappia usare bene scienza e
tecnologia: il pianeta Terra trasformato in un «superorganismo
sociale» dotato di «cervello globale».

Chi vivrà , vedrà

Non posso fare a meno, a tale proposito, di citare una pagina
del mio libro Valori & Problemi del terzo Millennio (spero di
prossima pubblicazione), Ramesh e il futuro, premiato da un’alta
giuria internazionale (Cfr. Il Mondo nel 2001, pag. 37, allegato
a La Stampa,16 dicembre 2000) che fa parlare un ragazzino che
avrà dodici anni nel 2050.

Egli illustra al suo amico coetaneo che vive nel Texas, una
serie di innovazioni così impensabili, che lasciano sbalorditi,
per l’ingegnosità e l’inventività che pure oggi non sembrano
turbare più di tanto, tant’è che persino le innovative
tecnologie del film di S. Spielberg Minority Report, ambientato
nel 2054, secondo gli scienziati sono già esistenti, seppure
allo stato embrionale (Cfr. tSt, tutto scienze e tecnologia,
supplemento de La Stampa, 22 ottobre 2002).

Tra i comportamenti e i valori da lui esposti, la famiglia,
seppure a tempo, magari con modificazioni impensabili, terrà
tranquillamente la sua leadership, la programmazione biologica
permetterà di vivere da un minimo di 120 anni, vaccinandosi
contro le malattie più terribili (AIDS, cancro…), si viaggerà
liberamente dalla terra su Marte e i capi religiosi locali
eserciteranno un controllo rigorosissimo sugli Amici Virtuali in
Rete che potrebbero sviare, essendo solamente un simulacro di
Dio.

Risulta che il Pianeta, seppure disastrato, sembra avviato ad
essere più vantaggioso.

Fuor di metafora, la società del domani diverrà una società
nella quale sarà sempre più difficile ignorare l'altro che,
dallo sport alla produzione, da Internet al turismo, camminerà
fianco a fianco con noi. Meno che mai si sopporterà la
disattenzione civile e religiosa. Occorrerà, invece, un'apertura
mentale nuova, perché scoprirsi vicendevolmente nella diversità,
produrrà inevitabilmente dei conflitti.

La società multietnica non sarà semplice, né senza contrasti.


Già da ora, converrebbe imparare a vivere nello scontro,
trasformandolo in occasione di crescita collettiva. Anche per il
motivo che Il panorama sociale e religioso in Europa è
caratterizzato dalla presenza ormai di fedi diverse dal
cristianesimo, rendendo, così, più pluralistica la sua realtà.


La convivenza non si manifesterà senza difficoltà, sebbene
ciascuno avrà i possibili riferimenti cardinali sulla mappa di
un proprio percorso individuale e, al tempo stesso, i
significati che hanno capacità di aggregare le comunità con le
esperienze, le credenze, le condizioni materiali di vita che
danno valore all'esistenza e che permettono agli uomini di
sentirsi uniti in progetti e speranze comuni.

E le religioni?

Sulla Voce evangelica, mensile edito dalla Conferenza delle
chiese evangeliche di lingua italiana in Svizzera, il 17
ottobre 2005 è stato pubblicato che nel 2006 vi sarà un grande
incontro tra le religioni a Mosca, tra il 4 e 5 luglio.

L’incontro ai massimi vertici delle religioni è previsto alla
vigilia della riunione del G-8 che si terrà a San Pietroburgo.
Il metropolita Cirillo, della chiesa russo- ortodossa ha detto
che in quella occasione la sua chiesa intende presentare le
proprie esperienze alle chiese e religioni degli altri paesi del
mondo. Egli ha auspicato che, accanto ai rappresentanti
cristiani e delle grandi religioni, sia presente all’incontro
anche il Vaticano, con una delegazione di alto profilo(speriamo,
visti i notevoli attriti tra le alte sfere religiose).

In ogni caso, Il pluralismo religioso italiano nel contesto
postmoderno è una realtà e muta continuamente( Cfr.: Centro
Studi sulle Nuove Religioni, http://www.cesnur.org). A trent'anni
da La città secolare di Harvey Cox , la fede non è per niente
solo un'eredità culturale, un rimasuglio in ridotti etnici o
abitudini di famiglia( e le masse spontanee che si sono trovate
a Piazza s. Pietro durante l’agonia di Giovanni Paolo II? E
quelle tuttora presenti nei vari raduni della gioventù?…)
Naturalmente, chi ritiene che oggi sia la secolarizzazione a
essere "vicina all'estinzione" fa riferimento a una nozione
quantitativa di questa. Se invece si pensa alla secolarizzazione
come a un processo prevalentemente qualitativo, in cui la
religione - pur continuando a interessare molte persone - non
determina più la gran parte delle scelte culturali, politiche e
sociali, si può sostenere che essa è ancora saldamente fra noi.
In alcuni Paesi del mondo i sociologi dubitano perfino che un
processo quantitativo di secolarizzazione si sia mai verificato.
Infatti, il fenomeno del "ritorno del religioso" è così evidente
da non potere essere ignorato. In alcuni Paesi - fra cui gli
Stati Uniti e l'Italia - il numero di cristiani praticanti,
dalla fine degli anni 1980 a oggi, mostra quasi ogni anno un
lieve incremento quantitativo. All'interno delle religioni
tradizionali, e dello stesso cristianesimo, vi sono movimenti i
cui ritmi di crescita non hanno nulla da invidiare a gruppi neo-
religiosi. Dopo l'11 settembre 2001 molti credenti - e anche
alcuni non credenti – sono stati indotti a riscoprire l'eredità
cristiana. Prescindendo dai fenomeni complessi che avvengono
all'interno dell'Islam, dell'induismo e dell'ebraismo -
accomunati dall'etichetta, non sempre precisa, di "fondamentalismi"
- si può notare, con Harvey Cox, che i movimenti di rinnovamento
carismatico all'interno della Chiesa cattolica e le comunità
pentecostali nel mondo protestante contano nel mondo qualche
centinaio di milioni di fedeli e possono contare ritmi di
crescita superiori a quelli, spesso citati come spettacolari,
dei mormoni o dei Testimoni di Geova. Non rimane peraltro meno
vero che, per quanto questi fenomeni siano interessanti e
importanti, una parte di rilievo del ritorno del sacro va
cercata al di fuori delle grandi religioni e delle Chiese
storiche.

In un Paese dove il pluralismo religioso è più recente, come
l'Italia, le sigle "nuove" sono comunque numerose (ortodossi,
protestanti, ebrei, testimoni di Geova, musulmani, baha’i,
induisti e neo- induisti, buddhisti, gruppi di Osho, sikh, New
Age, Next Age, holiness, pentecostali, avventisti, valdesi,
luterani, riformati, calvinisti, battisti, metodisti, mormoni, Soka Gakkai, zoroastriani Società Teosofica Italiana,
Associazione Antroposofica, 'AMORC, il Lectorium Rosicrucianum,
alcuni gruppi gnostici ispirati all'esoterista colombiano Samael
Aun Weor, i Gruppi di Pratica di Tensegrità di Carlos Castaneda,
la Religione Raeliana, martinisti, neo- templari, movimento dei
dischi volanti, satanismo, scientology, Paris Energy Method… Cfr.:Dossier
Statistico Immigrazione della Caritas Diocesana di Roma, 1°
gennaio 2005).

Allora?

Prepariamoci . il 2006 sarà un anno da vivere pericolosamente. I
soldati americani continueranno a combattere per evitare una
guerra civile in Iraq. La politica del rischio calcolato
nucleare in Iran si intensificherà. L’economia globale
rallenterà, anche bruscamente se qualcuno dei molteplici fattori
di instabilità colpirà con decisione. Fra questi numerosi rischi
ci sono: la bolla immobiliare, gli alti prezzi del petrolio, il
possibile collasso del dollaro o ancora - un incubo che si
profila - la pandemia dei polli. In economia i pessimisti
prevalgono sugli ottimisti nei sondaggi sulle aspettative per
l’anno a venire. Ma tutti questi per adesso sono solo rischi,
non (ancora) realtà.

Però ci sono concrete possibilità che l’anno prossimo la
crescita economica si riveli accettabile, per quanto moderata. E
così «Il mondo nel 2006» non risulterà più pericoloso del 2005


Forse, il grandafare di tante stelle della musica e
dell’arte (Solo a Venezia i Musei Civici hanno in calendario una
girandola di Mostre spettacolari da commuovere anche un cinico),
per i Paesi più poveri sarà un anno di speranza. Benché la
maggioranza dei bambini africani sia destinata ad andare a letto
con la fame anche nel 2006, gli sforzi concentrati degli anni
scorsi porteranno un certo sollievo nel debito e a maggiori
aiuti internazionali.

Inoltre, le tecnologie a buon mercato sviluppate per diffondere
i loro benefici nel Terzo mondo cominceranno ad essere
disponibili su larga scala. L’anno prossimo ci saranno computer
da 100 dollari, cellulari da 20 e una panoplia di trattamenti
medici a basso prezzo, con la promessa di altri in arrivo grazie
a ricerche ormai adeguatamente finanziate. Sul palcoscenico
mondiale l’India affiancherà la Cina nello status di potenza
emergente. Molte previsioni negative sono destinate a non
realizzarsi(speriamo nella saggezza dei governanti).

A dispetto del rallentamento economico gli investimenti
industriali beneficeranno di un incremento.

Nel 2006 i record saranno battuti in molti campi e in altri si
raggiungeranno i limiti. La più grande platea televisiva mai
vista seguirà la finale della Coppa del mondo di calcio il 9
luglio a Berlino( Cfr.: Il mondo nel 2006, supplemento a La
Stampa, 22 dicembre 2005).

Ma queste sono una speranza per ciascuno di noi, nel nome di
quella umanità che dovrebbe farci sempre abbracciare: bianchi,
neri, gialli, creoli…perché Dio, checché ne dicano i non
credenti, è il Padre di tutti( anche se quello descritto
nell’Antico Testamento, mi fa paura).

Maria De
Falco Marotta

GdS 30 XII 2005 - www.gazzettadisondrio.it

Maria De Falco Marotta
Società