I politici sono “potenti”?
di Maria de falco Marotta
Divertendosi con il doppio significato della parola “Beruf“, che in tedesco significa sia professione che vocazione, nella sua lezione intitolata La politica come professione (Politik als Beruf, Einaudi Editore, 2004), fatta all’Università di Monaco nel 1919, Max Weber analizza e svela le qualità che un uomo dovrebbe possedere se aspirasse “mettere le mani negli ingranaggi della ruota della storia”, e si domanda “con quali qualità può egli sperare di far fronte a questo potere e quindi alla responsabilità che esso gli accolla?”
Secondo Weber, l’uomo che sceglie la carriera politica ha il compiacimento di sentirsi potente. L’attività politica infatti, essendo interiormente legata al potere e all’uso della forza legittima come mezzo, fa sentire chi la svolge in grado di ottenere il potere e di partecipare alla sua distribuzione sia all’interno che all’esterno dello Stato. Per questo motivo, ogni politico per quanto modesto sia il suo incarico avrà la sensazione di tenere in mano fili cruciali di eventi storicamente importanti per il suo paese. E’ così, basta guardare ai “piccoli politici” che-ahimè- abbiamo.
In particolare, all’uomo politico compete primariamente di trovare un equilibrio tra la passione, la capacità di valutazione e il senso di responsabilità. Ne sono capaci?
La passione non è altro che la causa, l’ideale che sostiene, quello intorno a cui è attaccata tutta la sua vita politica. Il percorso che porta alla causa deve essere guidato da un lato dalla previdenza, una capacità di valutazione ampia e razionale, un atteggiamento di calma e riflessione, grazie al quale si realizza una distanza tra l’azione e la causa. Dall’altro lato dal senso di responsabilità, cioè dall’assunzione della responsabilità delle conseguenze sia positive che negative, soprattutto quelle negative, che escono dall’esercizio del potere e dall’azione politica. L’uomo politico non può riversare le proprie responsabilità né su altri politici né attribuirle a diverse cause.
Il rischio di un uomo politico inadatto, o che non possegga queste tre caratteristiche, è di cadere nella trappola della vanità e di commettere quelli che Weber chiama i “due peccati mortali”: l’infedeltà alla causa e la mancanza di responsabilità. In questo caso, l’uomo politico termina infatti per mirare all’apparenza vuota del potere invece del potere reale, o di cambiare l’esercizio di quest’ultimo in un godimento personale.
È tipico nella capacità di bilanciare queste tensioni in costante contrasto, con la possibile conseguenza di uscirne danneggiati interiormente e moralmente, che sta l’aspetto della vocazione equilibrata nella parola Beruf. E così “solo chi è sicuro di non spezzarsi se il mondo è troppo stupido o volgare per quel gli vuole offrire ha la ‘vocazione’ per la politica”.
Avendo sostenuto la questione dalla prospettiva non solo morale ma anche etica, Weber ci avverte in modo esplicito che la politica non è un mestiere alla portata di tutti. Allora? Allora liberiamo il nostro Parlamento dal pollaio che è attualmente. Ricordiamolo quando voteremo!
Informazioni
Max Weber, La scienza come professione, la Politica come professione, Piccola Biblioteca Einaudi, Einaudi Editore, 2004.