BLAIR E BUSH AMMETTONO GLI ERRORI IN IRAK

E intanto noi ritiriamo i soldati. Proprio tutti? No, forse ad alcuni cambieremo nome

Tony Blair, dopo l'incontro con Bush ha dichiarato che è immenso il compito che attende la coalizione internazionale, quella dalla quale staremmo per ritirar i soldati italiani, ma su questo aspetto torneremo dopo.

La novità è che per entrambi scottano le ustioni recentemente ricevute. Blair alle elezioni amministrative, un mezzo disastro per il Labour, il suo partito, mai così in basso. Bush per ora dagli indici di gradimento ormai verso la cantina con rischi gravi per i repubblicani alle imminenti elezioni di mezzo mandato. A denti stretti hanno dovuto fare di necessità virtù. Per la verità la possibile prima donna futuro Presidente degli Stati Uniti, Condoleeza Rice, se n’era già uscita qualche settimana fa in maniera molto secca denunciando le migliaia di errori compiuti in Irak. Ce ne sarebbe a iosa, da tempo peraltro, per mandare a casa, e magari con ignominia, il falco del Pentagono, che Bush non deve certo ringraziare per la sua politica, ma mandarlo a casa sarebbe un atto autolesionistico per cui non è possibile. Il Presidente USA è arrivato persino a èparlare dell’orribile carcere iracheno di Abu Graibh, in cui si sono verificati fatti che “pesano come macigni e non ce ne libereremo presto". Blair realisticamente ha ammesso quello che molti dicono da tempo e noi prima ancora della guerra: tempi duri per tutti da parte dei terroristi con un governo debole e una forza militare demotivata e obiettivamente non in grado di controllare capillarmente tutto il territorio irakeno. In una situazione poi di etnie contrapposte.

I nostri soldati

Il Presidente Berlusconi aveva annunciato il ritiro dei soldati. Prodi ha detto che “il suo” ritiro si basa sulla linea già in precedenza stabilita dai predecessori. Settori consistenti della maggioranza vogliono il ritiro subito. Il Ministro degli Esteri D’Alema dice che oggi non è questione di date. Tocca alle Forze Armate organizzare i rientri. Tutto giusto, tutto vero, ma…

Ma circolano voci che 800 soldati resterebbero giù cambiando “missione”, restando dunque per proteggere i civili italiani impegnati nella ricostruzione.

Sovviene la storia del missionario che convertito un africano lo esamina valutando se abbia appreso bene le regole religiose compresa quella del venerdì di magro (allora era regola ferrea, persino in molti ristoranti) concludendo “io ti battezzo. D’ora in poi non ti chiamerai più Alì ma Giuseppe”.

L’indomani il missionario vede il neo-convertito che sta tranquillamente mangiando della carne e lo rimprovera aspramente chiedendogli conto del peccato commesso. “Nessun peccato padrone. Io prima di mangiare ho dato il battesimo: da oggi in poi tu non ti chiami più carne ma pesce”.

Gli 800 soldati italiani resteranno ma basterà cambiare il nome per calmare qualche bollento spirito in Italia. D’altronde c’è un precedente. Quando D’Alema era Presidente del Consiglio (con una sua gestione del “conflitto” – anche se non dichiarato tale - decisamente positiva) i nostri aerei partecipavano alle missioni NATO in Yugoslavia ne più né meno di quelli degli altri Paesi. Ufficialmente però i nostri “solo con scopi difensivi”. E con questo tutto era a posto.

Domanda: le armi, leggere e pesanti gliele lasceremo per forza ma cambieremo per casola divisa?

Luca Alessandrini

Luca Alessandrini
Politica