SANITÀ USA: NONNI CONTRO NIPOTI?

Quando Kayla Cervantes ebbe un raffreddore con una febbre alta e una tosse che non finiva mai nel mese di dicembre del 2006 i genitori la portarono in Messico per farla curare. Il viaggio è lungo ma senza diritto alla sanità a Los Angeles, dove la famiglia abita, il costo era molto più basso in Messico, solo 40 dollari per la visita medica e gli antibiotici. Kayla ha solo cinque anni ed è una dei nove milioni di bambini americani che non ha diritto alle cure mediche disponibili a tutti i bambini dei paesi industrializzati.

Il governo americano federale che ora è dominato dal Partito democratico vorrebbe cambiare la situazione aumentando la spesa sanitaria per coprire i bambini. Il costo sarebbe di 60 miliardi di dollari per i prossimi cinque anni. Dati i problemi con il bilancio alcuni parlamentari pensano di tagliare i fondi del Medicare (cassa mutua per gli anziani) per offrire la sanità ai bambini. Questi fondi sarebbero usati per ampliare un programma che già offre servizi di sanità ai poveri. L’ampliamento coprirebbe anche le famiglie di classe media che attualmente guadagnano “troppo” per qualificare ma non abbastanza per comprare la loro assicurazione privata.

Il padre di Kayla, per esempio, assicurato dalla sua ditta, doveva pagare un supplemento di 600 dollari al mese per coprire il resto della sua famiglia. Il suo reddito non gli permette di assorbire quella spesa e quindi la figlia deve fare senza cure mediche eccetto in casi di emergenza quando il padre la porta al Messico dove la famiglia, che risiede in America da due generazioni, ha ancora parenti.

L’ampliamento del programma di sanità per i bambini causerebbe una riduzione alla sanità degli anziani. Si tratterebbe infatti di un taglio anche ai profitti delle Health Maintenance Organizations (HMO), le assicurazioni, le quali hanno spinto il governo federale per un bonus del 12% nella cura degli anziani. Il governo che prima era dominato dal Partito repubblicano, un alleato naturale delle assicurazioni, aveva approvato la legge per assicurarsi che gli anziani ricevessero le necessarie cure dato che alcuni medici ed ospedali si rifiutavano di accettare pazienti con Medicare a causa dei bassi rimborsi. L’aumento dei rimborsi del 12% sembra costare troppo e almeno una parte dei fondi viene sprecata a beneficio delle HMOs. Le lobbie delle assicurazioni dunque si oppongono alla riduzione che andrebbe a beneficio dei bambini.

Trovare i fondi per coprire tutti i bambini non sarà dunque facile. Un’idea è di aumentare le tasse per il tabacco. Ma naturalmente l’aumento della tasse è sempre impopolare in America e i democratici, il cui controllo delle due camere legislative è rosicato, sono timorosi di qualunque mossa che confermi la propaganda del Partito repubblicano che i loro avversari sempre vogliono aumentare le tasse.

L’American Association of Retired People (AARP), la potente associazione americana della terza età, con i suoi 35 milioni di iscritti, favorisce la riduzione del bonus alle HMOs per finanziare la sanità dei bambini. Ma naturalmente non si dovrebbe trattare di privare un gruppo per favorire un altro quando si parla di sanità. Gli Stati Uniti è un paese ricco che non dovrebbe avere difficoltà a offrire sanità a tutti senza dovere togliere a un gruppo per favorire un altro.

Il governo americano ha un bilancio enorme e lo sperpero di risorse con l’amministrazione Bush fa venire i brividi. Basta pensare ai fondi spesi per la guerra in Iraq. Si calcola che la guerra costi 2 miliardi di dollari alla settimana. Dodici miliardi all’anno sono necessari per dare la sanità ai bambini americani. Quante settimane ci vorrebbero per conservare i soldi necessari se le truppe americane ritornassero a casa? Anche i bambini potrebbero fare il calcolo. Lo possono fare i democratici che controllano ambedue le camere legislative o devono aspettare finché controllino anche la Casa Bianca?

Domenico Maceri (x)

(x) Domenico Maceri PhD della Università della California a Santa Barbara, è docente di lingue a Allan Hancock College, Santa Maria, California, USA. I suoi contributi sono stati pubblicati da molti giornali e non solo americani ed alcuni hanno vinto premi dalla National Association of Hispanic Publications.

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