USA: IL RITORNO DEI LIBERAL

“L’era dei conservatori sta per finire”, disse recentemente Robert Borosage, condirettore del gruppo liberal Campaign for America’s Future. Ecco perché tutti i candidati alla nomina del Partito Democratico hanno recentemente partecipato al congresso dei liberal blogger a Chicago mentre si sono assentati il mese corso da quello del Democratic Leadership Council (DLC). Il primo gruppo tende all’ala sinistra del Partito mentre il DLC spinge verso i valori più centristi facendo del partito una “brutta” copia conservatrice del Partito Repubblicano. Ecco come si spiega che alcuni presenti a Chicago hanno fischiato Hillary Clinton, identificata con il DLC, la quale non ha rinunciato categoricamente ai contributi finanziari dei lobbisti, considerati soldi troppo sporchi e corruttori.

Ma forse l’indizio più chiaro che il Partito Democratico si stia spostando a sinistra è l’aumento di quelli che si identificano come liberal. Nel 1994 solo il 26% dei democratici accettava l’epiteto liberal ma i dati più recenti indicano che il 40% ora lo abbraccia. Ciò non vuol dire che molti non abbiano ancora paura dell’etichetta liberal. Sia Hillary Clinton che Barack Obama, due dei maggiori candidati alla nomina, si sono distanziati dal termine dicendo che liberal e conservatore non hanno significato nel mondo moderno. Da una parte ciò è sempre stato vero. Dunque malgrado la reputazione di ultraliberal, Hillary Clinton ha idee abbastanza conservatrici per quanto riguarda la politica estera. Obama ha anche lui dimostrato dei valori abbastanza conservatori quando ha recentemente minacciato che se il presidente Pervez Musharraf non collabora veramente con gli Stati Uniti lui non esiterebbe ad attaccare Al Quaeda in Pakistan.

Ma questi esempi non sono altro che un metodo di remare anche con la destra onde cercare di non alienare completamente l’opposizione e soprattutto gli elettori indipendenti i quali in ogni elezione sono quelli a decidere il risultato delle elezioni. Ed è questo che dovrebbe preoccupare di più i repubblicani dato che gli indipendenti si sono anche loro schierati contro la guerra in Iraq e favoriscono persino un governo più attivo nella vita degli americani. Ciò si vede non solo con l’opposizione degli americani alla guerra che negli ultimi sondaggi ha raggiunto il 70% ma anche con la forte preoccupazione per la mancanza di sanità per tutti. Se nel passato bastava ai repubblicani di menzionare il termine liberal con tutte le connotazioni negative per vincere un’elezione, sembra che oggi molti si siano resi conto che i programmi governativi e le strutture liberal siano preferibili alla cupidigia delle assicurazioni private. I costi delle medicine per gli anziani di modeste condizioni a volte assorbono il 50% delle loro pensioni spingendoli a scegliere fra mangiare o la loro salute. Per coloro che hanno l’assicurazione lo spettro di perdere il lavoro e di conseguenza il diritto alla sanità ha spinto a riconsiderare l’alleanza naturale fra il Partito Repubblicano e le compagnie di assicurazione. L’iniziativa privata presentata come la soluzione a tutti i problemi è divenuta evidente falsa risposta a una stragrande maggioranza di americani. Il fatto di identificare le tasse con i liberal e tutti i mali del Paese suona falso e ridimensiona le idee politiche.

I liberal non sono naturalmente tranquilli dato che vengono ancora identificati come deboli soprattutto per quanto riguarda la sicurezza nazionale. Ciononostante anche qui sembra che loro avessero ragione fin dall’inizio. Nel 2003 Howard Dean, allora candidato alla nomina del Partito Democratico, fu quasi l’unica voce importante contro la guerra. Ora quasi tutti i candidati democratici favoriscono il ritiro delle truppe dall’Iraq, anche se alcuni come Hillary Clinton e John Edwards hanno votato per la guerra. Dean era dunque all’avanguardia ed aveva scommesso bene ma furono gli elementi conservatori dei repubblicani e quelli dei democratici a decidere e il risultato è divenuto evidente a tutti che la guerra in Iraq è stato un disastro per gli Stati Uniti e per il mondo.

Le previsioni sono per la continua presenza dei soldati americani in Iraq e in questo momento sembra che un candidato democratico, liberal o no, dovrà pulire il caos creato dai conservatori dei due partiti. Una volta avvenuto ciò forse la negatività che i conservatori hanno usato per descrivere i liberal sarà eliminata. Si potrà dunque ritornare alle radici del termine liberal che hanno dato esistenza al social security, al medicare e tanti altri programmi che hanno beneficiato e continuano a beneficiare il Paese.

Domenico Maceri (x)

(x) (dmaceri@gmail.com), PhD della Università della California a Santa Barbara, è docente di lingue a Allan Hancock College, Santa Maria, California, USA. I suoi contributi sono stati pubblicati da molti giornali (International Herald Tribune, Los Angeles Times, Washington Times, San Francisco Chronicle, Montreal Gazette, Japan Times, La Opinión, Korea Times, ecc) ed alcuni hanno vinto premi dalla National Association of Hispanic Publications.

Domenico Maceri (x)
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