LIBANO: ARMIAMOCI E PARTITE. FUGA DALLE RESPONSABILITA’. MISSIONE, DOVEROSA E RISCHIOSA, DI PACE, COME LE ALTRE. CONTINUA L’IPOCRISIA.

LIBANO: ARMIAMOCI E PARTITE. FUGA DALLE RESPONSABILITA’. MISSIONE, DOVEROSA E RISCHIOSA, DI PACE, COME LE ALTRE. CONTINUA L’IPOCRISIA.

Cone nel Villaggio d'Hornachuelos del secondo atto, titolo emblematico, de “La forza del destino”, la spedizione urgentissima delle forze ONU ufficialmente (ipocrisia persistente…) per fare da supporto all’esercito libanese giorno dopo giorno continua all’insegna del “Partiam, partiam, partiamo - buono notte, buona notte”. Sembrava tutto fatto. 49 i Paesi che avevano dato la disponibilità a fornire truppe, USA e Gran Bretagna ovviamente restando fuori. La Francia candidata a guidare la spedizione. Poi è intervenuto Totò con la sua celebre espressione “armiamoci e partite”. Marcia indietro della Francia che vuole la guida ma fornisce, udite, udite, ben 200 uomini (non c’è errore di zeri, sono proprio ducento in tutto). La Germania l’appoggio lo dà ma standosene lontano dall’infido e rischioso territorio tra il confine israeliano e il Litani, fiume di 145 km che da Baalbek lungo la Valle della Beqara conclude la sua corsa nel Mediterraneo. Quindi pattugliamento delle coste in funzione anti-traffico d’armi e stop. Toccata e fuga da parte di Belgio, Danimarca, Olanda, i cui soldati se ne resteranno a nord. I Paesi più disponibili, come ad esempio il Nepal, sono però anche quelli per i quali Israele storce il naso in quanto Stato da loro non riconosciuto. Come poi si possa coordinare una forza di 15.000 uomini con un mosaico di etnie, di linguaggi, di tipi di armamenti, di grado di preparazione militare, perfino di regole, è un mistero per molti con l’auspicio che le cose vadano invece per il verso giusto. Ma si arriverà a questi 15.000 uomini? Persino il nostro Paese ha fatto una parziale marcia indietro. Era ormai scontato che cinque navi, fra cui la nostra unica portaerei, la “Garibaldi”, avrebbero imbarcato 3500 uomini con costi diretti preventivati in oltre 100 miliardi di vecchie lire al mese. Dopo questa diffusa fuga dalle responsabilità anche l’Italia ha dovuto per evidenti motivi di opportunità ridimensionare la sua presenza che scenderebbe a 2000-2500 soldati. Intendiamoci, detto del dovere di parteciparvi va aggiunto che si tratta di missione assai rischiosa visti i molti limiti all’attività militare perché così vuole la politica, e quindi con tutti i punti interrogativi conseguenti. Dubbi anche sulla durata della missione e delle conseguenze di un eventuale fiasco che, per quanto riguarda il disarmo degli Hezbollah, è sicuro al 99,99999%.

Naturalmente la formula, ripetuta sino alla noia specie in Italia è una sola: “missione di pace”. Certamente l’Italia, gli altri Paesi, l’ONU non vanno in Libano per far la guerra ma per cercare di contenere i conflitti, ma non è forse la stessa cosa delle altre “missioni di pace” cui l’Italia ha partecipato, ed in particolare quelle in Afghanistan e in Irak? In realtà l’ipocrisia continua a dominare, sovrana, sia nel negare l’evidenza di questa uguaglianza fra una missione e l’altra come nel sorvolare sul fatto che la missione ONU non può essere il bis allargato della UNIFIL, ma deve avere un mandato meno restrittivo. In altri termini se ci fosse da sparare e non si può per ragion politica, i nostri e gli altri soldati verrebbero esposti a colpevoli gravissimi rischi di cui dovrebbe rispondere l’ONU cui compete fissare l’ambito di operatività del contingente.

Luca Alessandrini

Luca Alessandrini
Politica