Turchia in Europa? Due citazioni. Pensiamoci bene

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CANETTA 1

Carissimi Amici,

personalmente - lo ammetto - non conosco "Gioventù Europea" ma
trovo difficile contestare ciò che è scritto qui di seguito.

Come non vedere che attualmente la Turchia occupa circa il 30%
di uno Stato - Cipro - che fa parte dell'EU ?!?

Come non vedere che, Genocidio a parte (si fa per dire!), i
confini armeni sono CHIUSI, da parte turca ?

Quindi, se e quando la Turchia sarà EU, i confini EU saranno
chiusi con l'Armenia, non perché l'EU abbia alcun contenzioso
con l'Armenia ma solo per volontà turca.

E non parliamo del problema curdo!

Personalmente credo, ed ho incominciato a dirlo e scriverlo ove
posso, che dietro l'ammissione della Turchia in EU vi siano
inconfessati ed inconfessabili interessi economici, di quei
"poteri forti" che, in Italia come un po' ovunque, in EU
condizionano la politica, la stampa, l'informazione, l'arte e lo
spettacolo.

La Turchia, a questi personaggi, interessa solo come Paese da
"modernizzare" e come terra ove bisognerà investire miliardi di
euro.

Che poi questi euro saranno tolti, ad esempio, ai contadini
italiani, ai "padroni del vapore" non frega assolutamente nulla.
Come non gli frega nulla se l'identità dell'EU, già poco chiara,
lo sarà ancora meno.

Loro hanno in testa un registratore di cassa, non altro!

Come sempre sarò ben felice di confrontare le mie idee con
ognuno di voi.

A presto.

Nemo (Canetta)


CANETTA 2

Carissimi Amici,

ricevo dall'amico architetto Arà Zarian, che mi avevo
organizzato il viaggio nel suo Paese ed in Georgia (cui ho
dovuto purtroppo rinunciare per le vicende paterne ...) alcune
notizie sul "difficile" rapporto tra la Turchia e la sua storia
recente.

Mi paiono cose da far rabbrividire, pur se purtroppo già note.

Se pensiamo che questo paese vuole "entrare" in Eu e che molti
(troppi) politici europei, si di dx che di sn, ne sono
entusiasti, mi viene da pensare che l'Eu vende la sua coscienza
per una manciata di denari!!!

Come possiamo solo pensare che un paese ove l'informazione è
così poco libera e così controllata possa entrare nella ns
Unione?

Come possiamo tollerare che chi ha sulla coscienza milioni di
morti possa accedere all'Eu senza un atto, non dico di
contrizione, ma almeno di pubblico riconoscimento di ciò che è
stato commesso?

Se l'EU farà tutto ciò, se l'EU farà accedere la Turchia al suo
interno senza porre la condizione sine qua non del
riconoscimento del Genocidio armeno, ebbene allora l'EU è morta
e fanno bene quelli che non ne hanno la minima fiducia!

Devo aggiungere che - come cristiano - provo un senso di
stupore, di doloroso stupore nel notare come l'unico stato
islamico che si dice democratico e laico, sia poco democratico,
poco laico e molto anticristiano.

C'è da pensarci parecchio, per meglio comprendere, in futuro,
come saranno i ns rapporti con gli altri stati islamici.

Ovviamente ogni vs commento sarà ben gradito.

Nemo (Canetta)


La posizione di Gioventù
Europea

Da: "comunita"

Data: Thu, 27 Oct 2005 22:16:27 +0200

Oggetto: TURCHIA IN EUROPA: LETTERA APERTA ALL'ON. FINI

Riceviamo e ritrasmettiamo

www.comunitaarmena.it


Gioventù Europea -
Coordinamento Nazionale
www.gioventueuropea.it
-
gioventueuropea@libero.it


Egregio Presidente,

siamo convinti che in questo periodo legato al trambusto di un
imminente clima elettorale, le lettere che pervengono alla Sua
attenzione hanno ben altra caratura rispetto alle semplici ma
significative righe che troverà scritte su questo foglio. Ciò
non toglie che nella veste di giovani impegnati, crediamo ancora
fermamente che la Politica possa avere un’importante funzione
nel decidere le sorti di un popolo. Soprattutto, poi quando le
sorti di un popolo rappresentano direttamente il nostro
avvenire.

Proprio per queste ragioni Le scriviamo, sia in veste di
riconosciuto leader di un partito di destra, che dovrebbe
rappresentare secondo il nostro avviso un solido baluardo delle
nostre tradizioni e dei nostri valori, sia come capace Ministro
degli Esteri, impegnato direttamente nella costruzione di solide
basi per questa Europa ancora disorientata e da troppo tempo
alla deriva politica.

Da qualche giorno abbiamo assistito all'apertura ufficiale delle
trattative da parte dell’Ue per l’ingresso della Turchia, che a
quanto sembra, non sarà comunque nelle condizioni di poter
aderire prima dei prossimi dieci anni. Un arco temporale che può
sembrare lungo e che, a prima vista, potrebbe distogliere
l’attenzione da un atto politico che secondo il nostro avviso
resta un evidente tentativo di suicidio politico. O meglio,
potremo dire il tentativo è quello di abortire un'entità non
ancora nata, e cioè la stessa Unione Europea.

Crediamo moltissimo nelle identità, in un mondo che ci toglie
quotidianamente saldi punti di riferimento e crediamo quindi che
le stesse identità siano delle isole felici da tutelare, anche a
costo di importanti sacrifici politici ed economici. Crediamo
che valga la pena muoversi con un criterio di lungo periodo,
teso più a difendere le prospettive di chi verrà, che non i
facili guadagni di chi oggi decide.

Troviamo poi assurdo il contesto politico nella quale la Turchia
si appresta ad avvicinarsi all'Europa. Pretende di non
riconoscere uno degli attuali membri, Cipro, di cui una parte è
paradossalmente occupata dal 1974 dalle forze armate turche.
Registra ancora prigionieri politici detenuti nei carceri,
elettroshock utilizzati negli ospedali, cariche pubbliche e
militari negate ai cristiani. I diritti delle minoranze
religiose in generale, infatti, non risultano a tutt’oggi
garantiti

Ma non solo. I confini con l’Armenia sono chiusi e il genocidio
perpetrato ai danni della popolazione armena nel 1915,
nonostante le ripetute risoluzioni del Parlamento Europeo
(1987-2005), non risulta ancora riconosciuto dalle autorità
politiche turche, anzi chi ne parla, come di recente rischia di
essere processato e condannato.

Senza parlare poi di cosa può significare l'integrazione della
nostra cultura, purtroppo ancora senza una definita e forte
identità, con una realtà, quella turca, profondamente diversa e
di evidente matrice islamica. L'economia, inoltre, nonostante i
molti vantaggi che possiamo riconoscere possa far scaturire in
favore del sistema europeo, andrebbe certamente a ridurre
ulteriormente i fondi europei destinati al nostro Mezzogiorno,
con caratteristiche socio-economiche simili a quelle anatoliche.

Non vogliamo annoiarLa ulteriormente, pertanto in conclusione,
La invitiamo Presidente, per tutte le ragioni contenute nella
presente, a farsi carico di valutare attentamente la ferma
posizione del Governo italiano sulla questione turca rivedendo
il possibile ingresso che si prospetta nel lungo periodo, in
favore di un partnerariato economico affinché si possa garantire
la tutela delle tradizioni e della cultura dei popoli europei.

Con stima
I ragazzi di Gioventù Europea


LE NOTIZIE DALL'ARCHITETTO


L'Auschwitz degli armeni" cristiani del 1915 - La ricostruzione
storica nel volume "Mussa Dagh, gli eroi traditi" - Zenith.org -
1/9/05

Il 24 aprile del 1915 si è consumata in Turchia quella che è
stata chiamata “l’Auschwitz degli armeni”. I Giovani Turchi, un
movimento ultranazionalista laico, per motivi etnici e religiosi
sterminarono gli armeni cristiani. Le vittime sono calcolate tra
le ottocentomila e un milione e duecentomila. Con lo slogan la
Turchia ai turchi i Greci vennero espulsi, gli Assiri cancellati
e i Curdi perseguitati.

Per ricostruire la memoria di quello che fu il primo genocidio
del XX secolo è stato pubblicato recentemente un volume dal
titolo: “Mussa Dagh, gli eroi traditi” ( Guerini e Associati
<http:// www.guerini.it>, Milano, 2005, pp.154, euro 14,00).

Gli autori di questo libro, il vaticanista del quotidiano “La
Stampa” Marco Tosatti, e la scrittrice Flavia Amabile,
ricostruiscono la storia dei cinquemila armeni che nei villaggi
del Mussa Dagh si ribellarono all’ordine di deportazione turco
nel deserto siriano di Deir-es-Zor, dove sarebbero andati
incontro a morte certa.

Questi armeni decisero infatti di sostenere un assedio su quella
montagna, a nord del Libano, vicino Antiochia, resistendo per
quarantacinque giorni, finché la nave francese Guichen non
avvistò la loro bandiera, bianca e con una grande croce rossa al
centro, e li pose in salvo. Furono circa quattromila le persone
scampate allo sterminio.

La loro vicenda venne immortalata nelle pagine del romanzo
dell’ebreo austriaco Franz Werfel, dal titolo “I quaranta giorni
del Mussa Dagh”. I due autori sono quindi partiti da lì ed hanno
tentato, attraverso ricerche condotte in Francia, negli Stati
Uniti ed in Libano, e attraverso testimonianze personali e
documenti, di raccontare la storia di questi “eroi traditi” che
mai fecero ritorno nella loro terra.

Nell’introduzione al libro Marco Tosatti e Flavia Amabile,
ricordano che Giovanni Paolo II per due volte nel 2000 e 2001 ha
parlato del “genocidio” degli armeni in documenti ufficiali.
Nell’ottobre del 2001, lo stesso Pontefice beatificò
l’Arcivescovo armeno cattolico di Mardin, Ignazio Maloyan, in
quanto martire in “odium fidei”.

Nelle memorie dei testimoni si narra che un certo Mamdouh chiese
una volta all’Arcivescovo: “Non vuoi proclamarti musulmano?”, al
che Maloyan rispose: “E’ strano che tu ripeta la domanda. Ti ho
risposto più di una volta che io vivo e che io muoio per la mia
religione, che è la vera e che mi glorifico nella Croce del mio
dolce Salvatore”.

Il turco Mamdouh sfoderò allora la pistola e sparò al martire
che morì dicendo: “Mio Dio abbi pietà di me. Nelle tue mani
rimetto il mio spirito”. In quella stessa occasione vennero
uccisi altri 417 prigionieri, tra cui sacerdoti, armeni,
siriani, caldei e protestanti.

Secondo la rivista della Compagnia di Gesù “La Civiltà
Cattolica” (quaderno 3712, 19 febbraio 2005), i Giovani Turchi
trucidarono 1.200.000 armeni. Tra i tanti cristiani che non
rinnegarono la fede oltre al beato Maloyan, vi fu anche Mikael
Khatchadourian, Vescovo di Malatya, il quale venne strangolato
con la catena della sua croce pettorale.

Marco Tosatti ha detto a ZENIT che il genocidio armeno è “un
orrore volutamente nascosto per molti anni” e il governo di
Ankara è protagonista di “una sistematica campagna negazionista,
nel Paese e all’estero”.

Per il vaticanista de “La Stampa”, nonostante le diverse radici
politiche e sociali, “la componente anti-cristiana del genocidio
ha giocato un ruolo determinante, fino a coinvolgere nella

morte anche chi armeno non era, ma ne condivideva la fede in
Cristo: siriaci, greci e altre minoranze religiose”.

Tosatti sostiene che il genocidio armeno è di grande attualità,
perché adesso è in gioco la libertà di stampa e la libertà
religiosa di quanti vivono in Turchia.

Per dare un’idea di quanto la libertà di espressione e di parola
siano diritti non ancora acquisiti in Turchia, Tosatti ha
raccontato la storia di Ragip Zarakolu, un editore turco che non
ha potuto partecipare a un convegno, tenutosi nel giugno scorso
a Milano, perché, per aver pubblicato nel suo Paese traduzioni
di libri normalmente in commercio altrove, su di lui ci sono
adesso quattro processi in corso.

Per aver osato raccontare quanto accaduto agli armeni – fatti
ormai riconosciuti dagli stessi storici turchi –, Ragip Zarakolu,
ha subito censura, boicottaggio, mentre una autrice Ayse Nur è
stata condannata a due anni di prigione. La sua casa editrice è
stata sottoposta a forme di pressione giuridica ed economica. Le
società di distribuzione sono riluttanti e nessuno recensisce
libri sugli armeni. Diverse Conferenze di presentazione dei
libri sono state cancellate dalle Università.

Tosatti ha riportato le dichiarazioni del Nunzio apostolico ad
Istanbul, monsignor Edmond Farhat, il quale ha detto: "In
Turchia, Paese che si definisce una democrazia laica, la libertà
religiosa esiste solo sulla carta. Viene sancita dalla
Costituzione, ma nei fatti non viene applicata”.

“Mancanze nell'applicazione delle leggi a tutela dell'esercizio
delle altre religioni, processi che durano decenni, strani
ritardi e rinvii a ripetizione, reticenze e resistenze fanno
pensare ad una strategia per non consentire ai cristiani la
stessa libertà di cui le religioni non cristiane godono in
Europa”, ha continuato monsignor Farhat.

“In Turchia c'è una cristianofobia istituzionale non molto
dissimile da quella esistente in altri Paesi musulmani", ha
affermato il Nunzio apostolico ad Istanbul, spiegando che: "Dal
1967 non riusciamo a farci riconoscere il diritto di passaggio
per accedere ad una chiesa ad Adana dopo che la stessa chiesa è
stata operante, grazie a quel passaggio, per più di 150 anni. Il
diritto c'è ma non viene riconosciuto”.

“La stessa cosa ci accade per quella che per 130 anni è stata la
sede della rappresentanza diplomatica del Vaticano a Istanbul, e
dove due Papi, Paolo VI e Giovanni Paolo II, hanno alloggiato –
ha aggiunto –. Nonostante diritti maturati in 150 anni, non
riusciamo a fare riconoscere lo status diplomatico di quell'
edificio. Non si dà risposta. È questa la prassi turca".

Stessi problemi per il riconoscimento giuridico della Chiesa
cattolica e delle sue istituzioni in Turchia, richiesto già dal
1970: nel 2003 tutte le chiese cristiane hanno chiesto
unitariamente allo Stato turco questo riconoscimento; nel 2004
lo ha fatto anche la Conferenza episcopale dei Vescovi
cattolici. Monsignor Farhat si è incontrato con il Premier
Erdogan. Successivamente, nel febbraio scorso, gli ha scritto
anche una lettera ufficiale, senza ottenere finora alcuna
risposta.

Le fonti storiche sono concordi nel sostenere che la Cilicia,
l’Anatolia, erano zone dove fino a novant’anni fa la presenza
cristiana era altissima. Nel 1927, secondo il censimento di
quell'anno, in Turchia vivevano 900 mila cristiani su una
popolazione di circa 13 milioni. Mentre, secondo il censimento
del 2001 i cristiani erano scesi a 150 mila su una popolazione
di 71 milioni.

Per Marco Tosatti “il genocidio del 1915 è stato il primo,
gigantesco passo nell’erosione della presenza cristiana a
oriente di Costantinopoli. Un’erosione che purtroppo continua;
anzi sembra accelerare il suo ritmo”.


Lo scrittore turco Orhan Pamuk è stato accusato da un
tribunale.... - Il Messaggero 1/9/05.

Lo scrittore turco Orhan Pamuk è stato accusato da un tribunale
di Istanbul di aver «insultato deliberatamente l'identità turca»
in un'intervista a una rivista svizzera affermando che «un
milione di armeni è stato ucciso in Turchia» nel 1915. Il
processo inizierà il 16 dicembre. Lo scrittore rischia da sei
mesi a tre anni di carcere in base ad un articolo del codice
penale che reprime «l'offesa deliberata all'identità turca»

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Nemo Canetta


GdS 10 XI 2005 - www.gazzettadisondrio.it

Nemo Canetta
Politica