Tremaglia: "L'emigrazione è una risorsa, la politica non ha ancora capito"

Il Ministro risponde

Tremaglia: "L'emigrazione è una risorsa, la politica non ha
ancora capito"

E’ alla soglia degli ottanta, ma non li dimostra. Classe 1926,
Mirko Tremaglia è forse l’uomo che più si è battuto per il
riconoscimento dei diritti degli emigrati italiani. Con
un’energia inesauribile, che spesso mette a dura prova i suoi
collaboratori, ricopre dal 2001 il ruolo di ministro degli
Italiani nel Mondo, creato su misura per lui. Ha visto coronata
dal successo la sua trentennale battaglia per il riconoscimento
del diritto di voto, e ora non demorde, adoperandosi perché
questo diritto non rimanga sulla carta.

Non ha mai nascosto i suoi trascorsi di estrema destra,
cominciato con la militanza volontaria nelle file della
Repubblica Sociale, e proseguita nell’Msi ed in An. Ma nel suo
impegno misiteriale ha riscosso unanimi consensi, a destra, come
a sinistra. E’ lombardo doc, bergamasco di nascita, e in questa
intervista esclusiva che ci ha concesso fa il punto sul suo
impegno in favore dei nostro connazionali sparsi in ogni
continente. “L’emigrazione è una risorsa – sottolinea Tremaglia
– ma la classe dirigente italiana non se n’è ancora accorta”.


- Voto degli Italiani all’estero, ma non solo. Ministro
Tremaglia, qual è il bilancio

dei suoi quasi quattro anni da Ministro per gli Italiani nel
Mondo?

“Molte battaglie che mi stavano a cuore le ho vinte. Prima fra
tutte quella che ha portato a votare gli italiani all’estero: un
grande sogno che si è realizzato. Tra i nuovi progetti c’è la
nascita della Confederazione degli Imprenditori Italiani nel
Mondo (CIIM) che ha lo scopo di favorire l’aggregazione
all’estero dell’imprenditoria di matrice italiana e svilupparne
il collegamento con il sistema produttivo nazionale”


- Per quanto riguarda l’esercizio del diritto di voto da parte
dei connazionali all’estero, si farà in tempo ad avere dati
credibili dell’Anagrafe consolare prima delle elezioni politiche
del 2006?

“Su mia richiesta il Consiglio dei Ministri ha stanziato in
Finanziaria le somme necessarie al rinnovo dei contrattisti e al
finanziamento dei Comites. I contrattisti sono indispensabili
non solo per le operazioni di allineamento con i dati
dell’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) tenuta
dai Comuni e dal Ministero dell’Interno, ma anche, come
ampiamente dimostrato dalla esperienza referendaria e dalle
recenti elezioni dei Comites, per l’adempimento di tutte le
procedure elettorali relative agli Italiani all’estero.
L’inserimento in Finanziaria di questi fondi era perciò un atto
necessario, un’esigenza assolutamente prioritaria, ledendo la
quale si sarebbe certamente compromessa la democraticità delle
elezioni italiane, che coinvolgono a pieno diritto e titolo i
circa quattro milioni di elettori residenti all’estero. La mia è
stata una battaglia di civiltà condotta fino in fondo, anche in
ragione del fatto che sia la legge 459/2001, sia le deleghe
conferitemi dal Presidente del Consiglio prevedono che si faccia
quanto necessario per consentire agli Italiani all’estero di
esercitare il voto in piena libertà, nell’efficienza delle
strutture a ciò preposte”.

- In molti paesi di forte emigrazione come l’Argentina esiste
una vera e propria emergenza sociale tra i nostri connazionali.
Che cosa può fare (e fa) l’Italia per loro?

“L’Italia può fare molto anche attraverso i fondi delle Regioni.
L’ultima emergenza riguarda il Venezuela, consapevole della
grave crisi politica ed economica che in questi ultimi mesi ha
colpito questo paese, avevo già chiesto il 19 marzo scorso, tra
i Paesi beneficiari di iniziative di cooperazione decentrata
analoghe a quelle già adottate in Argentina. Per questo motivo
sono anche intervenuto presso la Direzione Italiana del
Ministero degli Affari Esteri che, sfruttando economie
realizzate su altri capitoli di gestione, ha deciso di destinare
al Venezuela un finanziamento integrativo di 40mila euro per
l’assistenza diretta ai nostri connazionali all’estero. Grazie a
tale misura il Consolato d’Italia a Caracas disporrà di 30mila
euro necessari alla distribuzione gratuita di medicinali e alla
realizzazione di un Centro d’Accoglienza per i bimbi
abbandonati. Il Consolato di Maracaibo, che disporrà dei
restanti 10mila euro, potrà provvedere alla distribuzione di
pacchi dono natalizi ai connazionali indigenti. Durante l’ultima
Conferenza Stato Regioni ho anche proposto un Fondo unico delle
Regioni per coordinare in modo più veloce e consistente il piano
di aiuti a favore degli italiani indigenti in Venezuela.”


- Lei consiglierebbe a un italo argentino, o a un italo
brasiliano di venire a lavorare in Italia? In Veneto qualcuno di
coloro che sono tornati ha recentemente ripreso la strada del
Sud America deluso.

“I nostri italiani che vivono all’estero pensano sempre con
molta nostalgia e amore all’Italia. Perciò consiglierei loro di
ritornarci volentieri, a patto che possano contare su un lavoro
sicuro.”


- Perché - a suo giudizio – solamente adesso l’Italia sta
scoprendo l’emigrazione italiana nel mondo? In che modo questa
può essere una risorsa per il nostro paese?

“L’emigrazione è da molto tempo una risorsa in termini sociali
ed economici, ma la classe dirigente italiana non se n’è ancora
accorta. In questi ultimi mesi ho riunito in Convegno varie
categorie di italiani all’estero. L’ultimo convegno è stato
dedicato ai Missionari Italiani nel Mondo, una forza
meravigliosa di fede e italianità presente in tutto il mondo.
Ancora prima è stata la volta dei Ristoratori italiani
all’estero: professionisti che hanno fatto conoscere al mondo
intero la nostra cucina creando dal niente dei veri e propri
templi del gusto. Il loro fatturato ammonta a 27 miliardi di
euro, nei loro 60mila ristoranti sparsi per il mondo - 28.500 in
Europa, 18.000 in America del Nord, 7000 in America del Sud e
8300 in Oceania, Africa e Asia - ricevono un miliardo di
clienti. “

- Una volta c’era l’emigrazione di massa per necessità. Oggi,
nell’epoca della globalizzazione, ad andarsene sono i nostri
cervelli migliori. Non si tratta di un impoverimento per il
nostro paese?

“Sono d’accordo, secondo un’indagine del Censis, basata su un
questionario inviato a quasi 2mila ricercatori italiani
all’estero, il 47% degli intervistati lavora nell’Unione
Europea, il 37% negli Usa. Quasi un terzo del totale vorrebbe
tornare in Italia. Il 97% si dice convinto che la carenza delle
strutture in Italia sia patologica. Due anni fa il mio Ministero
ha organizzato il Convegno degli Scienziati nel Mondo, un evento
attraverso il quale ho potuto constare di persona la
professionalità indiscussa dei nostri scienziati spesso
costretti a lavorare altrove.”

Luciano Ghelfi

www.lombardinelmondo.org


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Luciano Ghelfi
Politica