A proposito di Bush
Chi legge sa che io condivido assai poco
della politica estera di Bush, sia sull’Iraq sia nei rapporti
con l’Europa. Ma dietro la sua rielezione c’è un fenomeno
grosso, che bisogna considerare con molta attenzione, anche
perché gli USA precedono in genere il resto del mondo. Ed è il
movimento religioso che ha giocato moltissimo nella elezione.
Il fenomeno Bush è molto diverso dal reaganismo. La molla di
questo era l’antistatalismo e la spinta liberistica. Oggi questo
c’è, ma non è più la forza principale. Bush non vince perché
riduce le tasse. Vince, oltre che per l’Iraq, perché interpreta
il desiderio della società americana di difendere la famiglia e
i suoi valori tradizionali. In questo (non nella guerra
preventiva o nella missione dell’America nel mondo) è più vicino
al Papa che il cattolico Kerry. E paradossalmente, è anche più
vicino a Bin Laden del candidato democratico.
Ebbene io dico senza mezzi termini che sarebbe
bello se qualcosa del genere nascesse anche in Italia. Sarebbe
molto utile se il mondo cattolico italiano rilanciasse alcune
battaglie. Non penso solo alla famiglia. Penso alla reazione
verso una cultura edonistica, consumistica, che sta largamente
prevalendo. Penso alla riscoperta del senso del dovere, in un
mondo che vuole solo il soddisfacimento di ogni pretesa. Penso a
una predicazione dell’onestà, in un mondo che indica il facile
affarismo come modello da seguire e la ricchezza come unico
metro del successo. Ritengo, per dirla senza peli sulla lingua,
che questo potrebbe essere il sale del centro destra del futuro.
Non sono un integralista, sia ben chiaro, continuo ad essere un
cattolico liberale. Ma il rispetto e la tolleranza sono
pienamente compatibili con la difesa della famiglia. Sono
assolutamente contrario ad ogni discriminazione verso gli
omosessuali, ma sono altrettanto contrario al loro matrimonio e
al diritto di adozione.
Insomma perché proprio noi cattolici liberali non pensiamo a una
campagna su questi temi? Essere liberali significa che
rispettiamo le idee degli altri, non che rinunciamo alle nostre
e alla battaglia per farle prevalere. E anzi proprio noi
potremmo fare queste cose senza suscitare sospetti di crociate o
di integralismo.
Sulla politica estera mantengo invece tutte le mie riserve e
preoccupazioni. Ma la scelta dell’America può aiutare a capire
una cosa. Che la strada americana e quella europea sono ormai
divaricate, e si divaricheranno sempre più. Che questo non va
considerato un dramma, ma una evoluzione di un mondo che si è
lasciato alle spalle la guerra fredda. E che questo non
significa affatto essere antiamericani, perché l’Europa deve
continuare ad essere un alleato sincero, ma deve avere una
diversa identità, una diversa cultura, e in certi momenti una
politica diversa. E questo non nuoce affatto agli USA, che hanno
bisogno di amici e non di sudditi, ed è l’unico modo per far
crescere l’Europa .
Mario Segni
GdS 10 XI 2004 - www.gazzettadisondrio.it