Una mia "reazione" all'articolo di Nemo Canetta sulla Turchia
Turchia sì, Turchia no.
Come in tutti i dibattiti trovare motivazioni pro o contro
un’idea può diventare addirittura un gioco. Ma non si può essere
tutti d’accordo, e mi chiedo se è augurabile che in una
discussione non ci sia almeno un minimo di contradditorio. Tutte
molto giuste le obiezioni contro un’eventuale adesione della
Turchia all’Unione Europea. Ma... Possibile che nessuno trovi
qualche punto a favore? Dopotutto c’è un detto popolare che dice
“il diavolo non è poi così brutto come lo si descrive”. Ora io
vorrei ricordare che la Turchia fa parte da sempre della NATO, e
non mi risulta che ci siano stati particolari problemi in questo
senso. Vorrei ricordare anche che i turchi non sono di etnia
araba. L’uso dell’alfabeto arabo fu abolito da Atatürk, che fece
molte altre cose per aiutare la Turchia ad uscire dallo stato di
arretratezza in cui si trovava. E’ vero che è un paese dove la
religione musulmana è la più diffusa, ma molti turchi non sanno
nemmeno leggere l’arabo del loro corano. Quanto all’islam turco
chi ha un minimo di conoscenza in materia sa quanto diverso sia
dall’islam praticato nei paesi arabi. E’ infatti molto forte
l’influenza sufica.
Inoltre è l’unico Paese mediorientale che abbia relazioni
diplomatiche con Israele, mi chiedo quanti se ne ricordino.
Certo c’è il problema del riconoscimento del genocidio armeno. I
genocidi del ventesimo secolo e non solo sono un argomento che
mi appassiona da sempre, chi mi conosce lo sa. (Ne parlo anche
in un racconto pubblicato dalla Gazzetta:
http://www.gazzettadisondrio.it/commenti/e-381.html ). Certo c’è
il problema curdo. La comunità internazionale dovrà vigilare ma
anche aiutare a trovare delle soluzioni.
Omar Pamuk. Alzi la mano chi l’aveva sentito nominare prima del
citato fatto di cronaca. L’ho sentito l’altro giorno in una
intervista alla radio svizzera E’ un bravo scrittore, colto,
aperto. Io ho letto solo un suo libro, “The White Castle”,
purtroppo non tradotto molto bene in inglese, ma mi riprometto
di leggerne altri. In un’edicola dell’aeroporto di Istanbul
quest’estate ho notato pile di suoi libri, in turco,
naturalmente. Vuol dire che qualcosa si muove.
E’ importante cercare di sapere qualcosa di più di quel paese.
La letteratura come sempre aiuta. In questo momento sto
leggendo”L’impossibile Volo” di Louis De Bernieres (Guanda,
2005), di cui raccomando la lettura, così come può essere
interessante leggere di Tariq Ali “The Stone Woman”, non ancora
tradotto in italiano.
Il problema degli armeni. Ho letto tanti anni fa “I Quaranta
giorni del Mussa Dagh” di Franz Werfel, più recentemente
“Passage to Ararat” di Michel J. Arlen, e “La Masseria delle
Allodole”, di Antonia Arslan. Ho provato solo grande pietà verso
il popolo armeno, non odio verso il popolo turco.
Così come ho sempre provato grande pietà per gli ebrei e non
odio verso il popolo tedesco. Certo i tedeschi hanno fatto un
enorme sforzo per elaborare la tragedia della Shoah, ma nessuno
ha mai pensato di escluderli dall’Europa. Ma c’è voluto molto
tempo, non è stata un’operazione semplice, né indolore. A
proposito di Germania, quanti turchi e curdi vi risiedono?
Quanti turchi e curdi di seconda generazione hanno passaporto
tedesco?
Strano come si tenda a ricordare solo i fatti negativi. Ma se
non c’è la gran cassa dei media ad amplificare le brutte notizie
pochi prestano attenzione a quelle positive. Nel luglio 2001 per
esempio il Maestro Muti aveva diretto un concerto a Erevan e il
giorno seguente un altro a Istanbul. Concerti che “volevano
assumere, come già accaduto a Sarajevo, Beirut, Gerusalemme e
Mosca, un significato di pace, distensione tra i popoli, proprio
laddove entrambe sono disattese”.
Ora io non dico di far entrare immediatamente la Turchia, ma di
aiutarla a creare le condizioni per cui sarebbe accettabile il
suo ingresso nella UE. Perché se è anche vero che ci possono
essere interessi economici dietro questa iniziativa – ma dove
non ce ne sono – è anche vero che ci devono essere degli
interessi politici. La Turchia si trova in una situazione di
estremo interesse strategico. Anche in passato lo era, prima per
il controllo dello stretto dei Dardanelli, poi durante la guerra
fredda ci faceva comodo averla come alleata, essendo la “nemica”
storica della Russia. Anche lì un po’ di ripasso non
guasterebbe. Adesso lo è proprio perché è un paese ponte fra
l’Europa cosiddetta cristiana e l’Asia non solo musulmana. Non
solo l’Europa ha interesse a mettere piede in Turchia. Della
Nato ho già detto, ma chi è stato in Turchia di recente avrà
notato il gran numero di nuove moschee appena costruite. Ora si
sa da dove vengono i finanziamenti per costruire quelle nuove
moschee. Allora si vuole davvero rinunciare ad avere un paese
amico in una zona così importante? Non è meglio avere un
atteggiamento di apertura, di curiosità, di giusto interesse
verso un paese che non è “nemico”?
Io sono stata in Turchia parecchie volte. La prima nel 1965, per
quattro mesi, ad Ankara, con la famiglia di un mio cugino,
attaché militare presso l’ambasciata italiana. Abitavo nella
zona residenziale. Ero troppo giovane per avere delle opinioni.
Ricordo soprattutto la bellezza intatta della Cappadocia coi
suoi paesaggi lunari e le chiese scavate nel tufo, di Efeso,
Pergamo e della costa egea. Gordio, famosa per il Nodo, e il
museo ittita di Ankara. Ricordo le contadine dell’Anatolia, con
i loro costumi fiorati. Allora erano pochissime le donne velate.
Poi alcuni anni fa ho fatto un giro della costa mediterranea.
Non mi ero mai resa conto che ci sono molti più monumenti greci
in ottimo stato in Turchia che in Grecia. La magia di Aspendos,
Xantos, Mileto, Afrodisias, della Licia e di Pamukkale, solo per
citare i primi nomi che mi vengono in mente, le prime immagini
che tornano alla memoria.
E poi ancora quattro anni fa una visita approfondita di
Istanbul, la città cosmopolita per eccellenza, con le sue
moschee, le sue sinagoghe, le chiese cristiane, la cisterna
romana, l’ippodromo, la Torre di Galata nel quartiere dei
genovesi, gli splendidi affreschi ispirati ai vangeli apocrifi
di San Salvatore in Cora, i mosaici e lo splendore di Santa
Sofia.
Infine quest’anno una breve sosta prima di recarci a visitare l’Uzbekistan.
Ebbene ogni volta abbiamo notato dei progressi, dei
miglioramenti. La gente no, la gente non aveva bisogno di
migliorare, la gente è sempre stata gentile. Dalla donna che ti
offre l’acqua di colonia al limone all’ingresso della moschea
allo scugnizzo che sorridente ti pulisce le scarpe
nell’affollatissimo bazar.
Ecco questo mio sfogo vuole essere un invito a riaprire le porte
della vera politica, che dovrebbe essere terreno di incontro e
non di scontro, che dovrebbe sforzarsi di trovare ciò che
unisce, che è molto di più di quanto si crede, piuttosto che ciò
che divide. Vediamo sotto i nostri occhi, tutti i giorni
immancabilmente, che cosa succede quando si chiudono le porte
della politica e la parola passa inevitabilmente allo scontro,
alle armi, al terrore. Lo vogliamo davvero?
Cristina Cattaneo
GdS 20 XI 2005 - www.gazzettadisondrio.it