Con la manifestazione per la pace ma contro il ritiro dei nostri soldati - E L'EUROPA A 25?

di Alberto Frizziero

A proposito della
manifestazione a Roma


Alla vigilia della manifestazione per la pace di Roma, con i
familiari degli ostaggi, avevamo diffuso la seguente nota:


1) Manifestazione per la pace con i famigliari degli ostaggi.
Uniche bandiere ammesse, giustamente, quelle della pace.

Anche se fisicamente a Sondrio, in tanti saremo là. Tre vite
umane valgono più di qualsiasi altra cosa. E questo non vuol
certo significare cedimento, anche per la fondamentale ragione –
di cui nessuno parla – che ora gli ostaggi non sono più in mano
di quei terroristi, sporchi assassini a freddo di uno dei
quattro.


2) Richieste di ritirare i nostri soldati dall’Irak. Sono stato
contro, duramente contro la guerra. Non per ragion politica, non
da antiamericano visto che ricordo dove saremmo finiti, e
saremmo ancora, senza l’intervento degli USA contro i nazisti,
ma da amico degli Americani e sulla linea del Papa. Contro per
ragioni che ho scritto allora, che sono ancora leggibili ora,
drammaticamente reali. Non profetiche: bastava usare la logica,
quella della “saggia” Europa, definita allora da Rumsfeld
“vecchia” Europa, per vedere come sarebbe andata a finire.

Premesso questo dirò che sarebbe un grave errore ritirare i
soldati.

Non lo dico affatto per ragion politica, per le ragioni che
portano Ulivo e pacifisti.

Non lo dico affatto per le ragioni che adduce la Casa delle
Libertà, sulla questione della democrazia in Irak (che, almeno
nella nostra forma, in Irak non potrà mai esserci vista
l’articolazione di quella società).

La ragione è un’altra, anche se nessuno ne parla, e tragicamente
grave: andarsene vorrebbe dire avere in poco tempo un regime
para-talebano, una situazione potenzialmente esplosiva.

Taluni però dicono: andiamocene e restino gli USA che hanno già
sostituito i partenti spagnoli.

Gli USA? La loro inefficienza sul piano politico, la loro
incompetenza sul piano psicologico sono di una evidenza palmare.
Già Blair, principale responsabile della situazione, più ancora
di Bush, è in difficoltà a far capire alla più quadrata (nel
senso di testona) delle Amministrazioni USA degli ultimi
decenni, che se errare è umano perseverare è diabolico. Occorre
che almeno i Paesi che pagano il loro prezzo con la presenza in
Irak, noi per primi dopo il forfait spagnolo, premano per far
capire ai falchi del Pentagono che bisogna cambiare rotta. Dopo
che proprio loro hanno umiliato l’ONU, non basta che l’ONU vada
a mettere lo spolverino sulla situazione. Occorre un intervento
reale, e magari soldati di Paesi musulmani davanti a moschee e
pubblici edifici irakeni….


Per questo con la manifestazione per la pace ma contro il ritiro
dei nostri soldati.



Anniversario della fine della guerra:

irakeni testardi

La testardaggine, con annessa la mancanza di rispetto per il
Presidente degli Stati Uniti, degli irakeni é incredibile. Un
anno fa Bush, con una divisa fiammante da pilota e un incedere
marziale, ben studiato dal Commumication Staff, sul ponte della
portaerei nella quale era appena arrivato in elicottero,
annunciava al mondo che la guerra era finita. Il mondo ha preso
atto fidandosi di quanto veniva così autorevolmente detto. Tutti
tranne gli irakeni. Hanno cominciato con un po' di guerriglia.
S'é detto che si trattava dei soliti quattro fanatici imitatori
di quei giapponesi che nelle isole del Pacifico continuavano la
guerra ormai finita da dieci anni. I quattro però sono diventati
otto, poi sedici e così via.

Testardi che non sapevano che la guerra era finita.

L'aveva annunciato Bush.

Qualche yankee meno Rumsfeldiano di tanti altri si accorse che
c'era qualcosa che non quadrava, anche perché si stava
incentivando il tragico flusso di feretri diretti negli USA e ne
parlò con la "Falchi spa" - si legga: Pentagono -. Ma certo, la
causa era fin ovvia: i figli di Saddam! Erano loro i capi della
guerriglia. Neutralizzati loro sarebbe finito tutto. Di qui il
loro assassinio che si configura come un crimine di guerra (non
c'é solo Milosevic). Erano infatti asseragliati in una villetta
più o meno come quelle che ci sono nel piano di Montagna o di
Poggiridenti, circondata da un numero impressionante di soldati
americani. Sarebbero bastati dieci poliziotti di Sondrio e un
pochettino, neanche tanto, di lacrimogeni per catturarli e
processarli. No. Inferno di fuoco e così morti loro e con loro
un ragazzino di 13-14 anni, e venuta meno anche la possibilità
di interrogarli e sapere cose interessanti (a meno che non fosse
pericoloso che parlassero....). A questo punto quei testardi di
irakeni avrebbero dovuto ben convincersi che la guerra era
finita il 1 maggio 2003. L'aveva proclamato Bush, no? E invece
ancora più testardi che mai. Anziché prendere atto di una cosa
così elementare come quella dell'avvenuta fine della guerra,
avanti tutta sino alle cose dei nostri giorni. Pensare quale
testardaggine e quale improntitudine: contro gli USA, con fior
di armi, persino gli Sciti quelli per la cui liberazione dal
giogo sunnita di Saddam Bush aveva fatto la guerra!

Il suggello alla disastrosa linea tenuta dall'Amministrazione
americana é venuto addirittura in questi giorni. Per farcela in
qualche modo a uscire dalla pericolosa spirale in cui si erano
cacciati a Faluja, si sono ritirati facendosi sostituire da
militari irakeni comandati da un generale di Saddam.

Questa disastrosa linea ha coinvolto, per reazioni talune
spontanee altre strumentali, di fatto tutto l'Occidente e così
ci siamo dentro tutti. Anche noi nonostante una tradizionale
posizione di buoni rapporti con il mondo arabo, ed anche i Paesi
che pure di guerra non ne hanno voluto sapere.

Tutti si chiedono come uscirne. Fin papetico il ritornello "deve
pensarci l'ONU", non perché sia sbagliato, tutt'altro, ma per il
semplice fatto che intanto l'ONU deve riacquistare quell'autorevolezza
che andando in guerra e in quel modo USA e Gran Bretagna le
hanno tolto, e poi c'é da vedere su quali truppe dovrebbe poter
contare la forzaell'ONU.

La soluzione è una sola, quella della riconciliazione.


La Giornata
della Riconciliazione


Il momento cruciale potrebbe essere all'inizio del 2005 con LA
Giornata della Riconciliazione al Palazzo di Vetro. Una Giornata
accuratamente preparata, e nella quale non si faccia di tutt'erba
un fascio confondendo la posizione degli Stati Uniti con la
posizione della "Falchi spa", sede al Pentagono con dependence
la Casa Bianca.

S'intende che prima occorrono diversi passi e molto lavoro
diplomatico.

Essenziale comunque resta il passaggio numero uno, quello che
deve fare il popolo americano, rimandando i vari tizi che oggi
occupano il Pentagono nelle società di armamenti da cui sono
venuti, cosa che é agevolmente fattibile nel momento in cui fra
qualche mese in cabina dovranno dire SI o
NO
alla permanenza di Bush alla Casa Bianca.


E l'Europa a
25?


E l'Europa dei 15 ora a quota 25 dopo l'ingresso, solennizzato a
Dublino, di
Cipro (parte greca), Estonia, Lettonia, Lituania,
Malta, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Ungheria.
Si sono aggiunti a Austria, Belgio, Gran Bretagna, Danimarca,
Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia,
Lussemburgo, Olanda, Portogallo, Spagna e Svezia
.

Hanno fatto passare la popolazione europea da circa 380 a poco
più di 450 milioni di abitanti, e il PIL a quasi 10.000 miliardi
di €uro rispetto ai circa 11.000 degli Stati Uniti.

A distanza di 47 anni, un mese e sei giorni, da quel 25 marzo
del '57 in cui, merito di tre Grandissimi,  Adenauer, De
Gasperi, Schumann, prese il via con il cosiddetto Trattato di
Roma la prima esperienza, storicamente parlando, di unione a
livello europeo.

Se in buona parte d'Europa circola una moneta comune, l'€uro, in
fatto di lingue i 25 Paesi ne schierano nove in più di quelle
precedentemente usate e cioè venti, cosa che ha comportato un
ingente numero di assunzioni in quanto tutti gli atti ufficiali
devono essere tradotti in tutte le lingue ufficiali dei Paesi
membri., anche se nelle riunioni le lingue ammesse sono solo
inglese, francese, tedesco. Le 20 lingue:  ceco, danese,
estone, finnico, francese, greco, inglese, italiano, lettone,
lituano, maltese, olandese, polacco, portoghese, slovacco,
sloveno, spagnolo, svedese, tedesco, ungherese.

Passato il momento di - legittima - euforia per l'evento
storico, va detto che in prospettiva l'allargamento dell'Europa
non a breve avrà peso, significato e "ritorno" anche economico,
in attesa di due altri momenti inevitabili: l'ingresso della
Svizzera e le opportune forme di collaborazione con la Russia, A
breve saranno più spine che rose, un po' per tutti, ma in
particolare per il nostro Paese. Poi, raggiunto un assetto
equilibrato le cose volgeranno al meglio per tutti, anche per
noi.

Bisogna saperlo. Bisogna gestire bene questo momento.

Anche politicamente, sullo scenario internazionale e, in
particolare su quello irakeno, tenuto conto che se le cose alle
prossime elezioni americane andranno secondo meriti e demeriti,
poi "La Giornata della Riconciliazione" servirà a definire un
nuovo rapporto Europa-USA, ma con rapporti diversi anche
all'interno del nostro continente.
Alberto
Frizziero



GdS 30 IV 2004 - www.gazzettadisondrio.it

Alberto Frizziero
Politica