Irak: perché uccidere i figli - e il nipotino - di Saddam?

di Alberto Frizziero

 POLEMICHE
ASPRE PER LE FOTO DEI FIGLI DI SADDAM


Polemiche aspre in tutto il mondo per la pubblicazione delle
fotografie dei cadaveri sanguinolenti dei figli di Saddam .
Gran parte dei giornali, definendo barbarie la decisione di
diffondere queste immagini – al punto che molti, come pure
emittenti TV, si sono rifiutati di fornirle a lettori o
teleascoltatori - hanno evocato i precedenti, da Mussolini a
Ceausescu. Molti hanno anche ricordato le proteste americane
quando, all’inizio della guerra, gli irakeni hanno diffuso
le immagini sui soldati statunitensi morti.

Rumsfeld se ne è attribuita la responsabilità piena con la
motivazione che bisognava fornire agli irakeni la prova che
i due erano veramente morti per far finire la logorante
guerriglia.


ALTRO CHE
FOTO: IL PROBLEMA E’ ANCOR PIU' GRAVE


Noi non seguiremo questo filone di commenti, fortemente
motivato dall’emozione, ma daremo una lettura dei fatti del
tutto diversa, motivata dalla riflessione.

Rumsfeld, i suoi consiglieri, i suoi psicologi in realtà
hanno fatto centro prendendo ad un tempo due piccioni con
una fava. E’ vero che così facendo hanno sollevato un’ondata
di critiche, ma hanno prodotto un argomento che se non
giustifica quantomeno sta in piedi. Ogni giorno la
guerriglia provoca lutti nelle forze armate americane. La
morte di Uday e QuSay, sicuramente, dicono gli americani, a
capo di questa guerriglia – anche se diventa obiettivamente
difficile pensare a un coordinamento nazionale degli
attentati per l’impossibilità di comunicare senza essere
intercettati - doveva essere provata per far capire agli
irakeni fedeli a Saddam che ormai era finita per farli
desistere dal continuare con gli attentati.

In tutto il mondo sulla morte dei due fratelli non si sono
certo versate lacrime, ricordando le efferatezze di cui,
quantomeno il primogenito, si erano resi responsabili, ma,
come detto, si è accesa un’aspra polemica su come questa
morte è stata presentata, in modo che la nostra cultura
occidentale, e non solo cristiana, sicuramente rifiuta.

Tutto il mondo, preso dall’emozione, si è gettato sulla
forma dimenticando la sostanza.

Due i punti su cui riflettere, prima il minore e poi
l’altro, eticamente obbrobrioso.


PRIMO
PUNTO: “CHIODO SCACCIA CHIODO”


Il primo punto evoca il detto popolare “chiodo scaccia
chiodo”. Sono improvvisamente sparite del tutto le polemiche
che stavano infuriando fortemente, ovunque ma con
particolari rischi in USA e in GB, sul problema delle
motivazioni addotte per la guerra sia da Bush che da Blair
sull’esistenza, per loro “provata”, ma dimostratasi una
bufala, dei traffici di materiale nucleare per l’Irak e
quindi per le sue armi di distruzione di massa che ci
avrebbero minacciati tutti in 45 minuti.

Il giornale inglese The Indipendent aveva appena scritto che
erano state chieste le dimissioni di Cheney: “Un gruppo di
ex agenti della Cia ha scritto al Presidente George W. Bush
per chiedere le dimissioni del vicepresidente Dick Cheney,
accusato di pressioni sui servizi segreti per legittimare
l'intervento armato in Iraq. Cheney avrebbe insistito per
includere un riferimento al tentativo dell'Iraq di
acquistare uranio in Niger nel discorso di Bush sullo stato
dell'unione, malgrado i forti dubbi della Cia. La settimana
scorsa l'amministrazione statunitense ha ammesso che i
documenti erano falsi”. E un altro giornale inglese, The
Guardian, aveva appena scritto: “Il primo ministro
britannico Tony Blair ha parlato ieri al congresso degli
Stati Uniti dove si trova in visita ufficiale. A proposito
delle armi di distruzione di massa irachene, il premier ha
dichiarato: "Anche se avessimo sbagliato a sostenere che
l'Iraq possedeva le armi, di sicuro abbiamo eliminato una
minaccia che ha
causato sofferenza e orrore. Per questo credo che la storia
ci perdonerà".

La questione pesava però come un macigno sia per Bush, alla
vigilia della campagna elettorale, sia per Blair, pressato
anche per il suicidio dello scienziato, definito “presunta
talpa” della BBC.

E’ stato un successo trovare dove fossero i ricercati n. 2 e
n. 3 del regime, e la notizia avrebbe comunque avuto vasta
eco. L’eco è stata però totale con la questione delle
fotografie.

Questo anche se non mancano gli interrogativi. Da
www.almokhtasar.com . -al Jazira.it un commento di giovedì
24 luglio: "

Secondo alcuni, le possibilità che la resistenza irachena
all'occupazione americana s'arresti sono diminuite dopo
l'annuncio di martedì sera [22 luglio 2003] dell'uccisione a
Mosul - nel nord dell'Iraq - di 'Uday e Qusay, i due figli
dell'ex Presidente iracheno Saddam Husayn.

I giornali statunitensi e britannici di mercoledì 23 hanno
riportato che gli Usa disperano di sentire buone notizie
dall'Iraq, con G. W. Bush jr. che avrebbe piuttosto un
particolare bisogno di simili notizie, al pari del Primo
Ministro britannico Blair. In un articolo pubblicato sull'“Indipendent”,
lo scrittore britannico Robert Fisk ha affermato che gli
americani si sbagliano se credono che la resistenza
all'occupazione si fermerà; anche se venisse ucciso Saddam
Husayn, poiché molti di coloro che eseguono gli attacchi ai
quali sono esposti le forze americane non sono i resti del
precedente regime, come dicono invece gli americani, ma
appartengono al movimento islamico sunnita, il quale,
secondo l'opinione di Fisk, detestava Saddam Husayn. Fisk ha
aggiunto che molti iracheni non appoggiano la resistenza
irachena per paura che Saddam Husayn torni al potere, ma se
la sua morte venisse accertata la resistenza aumenterebbe.

Un esperto di questioni mediorientali dell'Univ. di
Melbourne ha dichiarato alla rete Abc che se dopo
l'uccisione di 'Uday e Qusay (che è l'ipotesi più probabile)
la resistenza dovesse aumentare svanirebbe la falsa credenza
secondo cui dietro la resistenza irachena c'erano loro. E in
questo modo sarebbe confermato il rifiuto del popolo
iracheno verso l'occupazione statunitense. Egli ha poi
aggiunto che se la resistenza dovesse continuare, e
addirittura aumentare, sorgerebbe la domanda «chi sta dietro
alla resistenza irachena?», con l'amministrazione americana
che vedrebbe presto capovolgersi la sua attuale
soddisfazione".


SECONDO, E TERRIBILE, PUNTO: PERCHE’ AMMAZZARLI?


Il secondo punto, secondo per ordine di trattazione ma
primissimo per rilievo, é quello di cui nessuno,
emotivamente calamitato dalla questione fotografica, ha
parlato: perché ammazzarli?

Avevano avuto la soffiata. Sapevano dove erano. Duecento
uomini, non venti, delle truppe speciali avevano circondato
la villa. All’occorrenza ne potevano arrivare duemila in
poco tempo. Dal cielo controllavano la situazione. Secondo
la versione ufficiale c’è stata l’intimazione alla resa con
altoparlante. Per risposta un fuoco di armi leggere. E
allora il finimondo. Abbiamo visto tutti come era ridotta la
villa, un vero e proprio colabrodo nei muri esterni e
internamente.

Che bisogno c’era?

Individuata la villa, circondata senza possibilità di scampo
per gli occupanti sarebbero bastati dei gas lacrimogeni, di
quelli in dotazione a tutte le Polizie del mondo, oppure dei
gas soporiferi che non mancano certo all’esercito americano.
Non ci sarebbero stati quattro morti, compreso l’innocente
nipotino quattordicenne di Saddam, Mustafa. Ci sarebbero
stati due prigionieri di lusso.

Rumsfeld ha dichiarato che le foto andavano pubblicate per
far vedere agli irakeni che effettivamente i figli di Saddam
erano morti. Sarebbe stato più produttivo nei confronti
degli irriducibili fedayn dimostrare che erano vivi e in
mano americana, e magari pronti anche a parlare e a far
trovare i loro sostenitori.

Nessuno ha valutato questo aspetto.

Vero che probabilmente l’ordine sarà stato quello di
trovarli, vivi o morti.

Ma visto che si poteva averli vivi perché li si è ammazzati?

Per la legge del taglione?

O per che altro?

E cosa c’entrava il quattordicenne Mustafa con i misfatti
del padre, dello zio, del nonno?


HANNO
SBAGLIATO DI GROSSO


L’8 dicembre scorso scrivemmo un articolo – chi vuole,
andando all’indice (Italia e Mondo Politica estera) può
cliccare e leggerlo – dal titolo “Contro la guerra in Irak,
proprio perché amici degli USA". Essere amici degli
americani non vuole affatto dire essere d’accordo con tutto
quello che fanno. Anzi, se sbagliano i primi a doverlo far
presente sono proprio gli amici.

E questa volta ci pare che abbiano sbagliato di grosso.

Innanzitutto sul piano etico. Poi sul piano politico. Infine
sotto il profilo strategico.

Cose, infatti, da occupanti, anzi da occupanti duri, non da
“liberatori”.

Qualcuno purtroppo là se ne ricorderà per parecchio.

E adesso Saddam (ma conviene che parli?).
Alberto Frizziero


GdS 28 VII 03  www.gazzettadisondrio.it

Alberto Frizziero
Politica