Irak: ci devono pensare tutti. Ora. Lo dice Rumsfeld
CERCANSI
SOLDATI PER L’IRAK
Irak: ci devono pensare tutti.
Ora.
Lo dice Rumsfeld.
Di fronte a voci americane preoccupate per il tragico
continuo stillicidio di vite umane, di soldati americani
quotidianamente fatti oggetto di attentati e imboscate - al
punto che il numero dei morti a guerra finita supera ormai
quello delle vittime della guerra -, e preoccupate per il
rischio di un aumento della presenza militare USA per
cercare di dare quella stabilità all’Irak che oggi si
profila lontanissima, ha risposto così. In altri termini i
soldati che servono per cercare di far fronte alla
situazione ce li devono mettere altri Paesi. Il nostro
Ministro della Difesa ha già precisato che l’Italia ha
risposto negativamente a questa richiesta. Le voci che
corrono parlano di alcuni Paesi che avrebbero dato una loro
disponibilità, anche se in numero per ora complessivamente
esiguo dato che alcuni contingenti sono di 15-20 soldati.
NON
CI SONO SOLO I MORTI QUOTIDIANI
E non c’è solo questo bollettino ormai quotidiano di soldati
morti. Questo pesa sull’opinione pubblica americana che
comincia a chiedersi se per caso alla vittoria in guerra non
stia corrispondendo la sconfitta nel dopoguerra. Le
previsioni della vigilia si dimostrano sballate, come diceva
larga parte dell’Europa, per questo apostrofata dal solito
Rumsfeld come “vecchia”, mentre, come rispose il Presidente
della Commissione Europea Prodi a nome di tutti era solo
“saggia”.
Le giustificazioni per l’evitabilissimo massacro dei figli
di Saddam, sottratti così ad un giusti processo per le loro
malefatte, e per la macabra esibizione dei loro corpi
martoriati, e cioè che bisognava farlo per gli irakeni che
così avrebbero smesso la guerriglia quotidiana, si sono
rivelate del tutto sballate.
Dilettantismo arrogante in definitiva.
SOLDI
Ora emergono anche le preoccupazioni economiche.
La ricostruzione del Paese, secondo gli ultimi calcoli,
richiederà somme ingentissime che il petrolio irakeno –
sballate anche le previsioni sui quantitativi estraibili –
non potrà coprire interamente. E si tratta di calcoli non
sospetti. E' stato infatti il responsabile USA, Paul Bremer,
a dirlo, sottolineando che ci vorranno "decine di miliardi
di dollari". Quattro o cinque miliardi al mese se ne stanno
già andando per mantenere la forza di occupazione USA in
Irak, e di mesi di occupazione se ne profilano tanti...
Una consolazione: è intervenuto Bush dichiarando che gli USA
non si faranno intimorire dal terrorismo e quindi non si
ritireranno dall’Irak.
Una dichiarazione apparentemente di forza ma in realtà
debolissima e anche tatticamente sballata.
MA NESSUNO
PAGA?
Ora si cerca di arrivare ad una risoluzione dell’ONU di
larga intesa, quella larga intesa che non si è voluta
allora, quando i due “B”, Bush e Blair, avevano deciso per
conto loro e per la quale peraltro nei giorni scorsi non si
sono evidenziati passi avanti, anzi magari qualcuno
indietro.
Ma per tutte le fesserie, ahimè tragiche fesserie, possibile
che nessuno paghi? Possibile, per fare un esempio, che
Rumsfeld resti tranquillo al suo posto? Lui e i falchi del
Pentagono?
Bush qualche preoccupazione, pensando alla sua rilezione, ce
l'ha. Meno Blair la cui popolarità, secondo i sondaggi, é
crollata al 22% per via dell'Irak ma é compensata dal
vantaggio di avere in campo avversario, quello tradizionale
dei conservatori, oppositori abbastanza inconsistenti.
Condividiamo l'appello - che pubblichiamo su questo numero -
di Mario Segni, lui contrario alla guerra, a non lasciare
soli gli Stati Uniti e ad aiutarli a capire che hanno
sbagliato e in cosa hanno sbagliato. Ma evidentemente per
questo occorre anche qualche passo indietro di Washington,
per esempio mettendo in riga quei falchi che sono i
principali responsabili dell'impasse nella quale, per
chiamare le cose con il loro nome e quindi per dire le cose
come stanno, gli Stati Uniti si trovano oggi a Bagdad e al
cospetto del mondo.
Alberto Frizziero
GdS 18 VIII 03 www.gazzettadisondrio.it