Irak. La Costituzione. Rinnoviamo l’errore del 1919 nonostante il rapporto del famoso colonnello Lawrence, inascoltato da Londra e Parigi? E IL PROCESSO A SADDAM

HABEMUS COSTITUTIONEM... (ma i problemi non cambiano) - LAWRENCE D'ARABIA - IL PROCESSO - UNA CONDANNA NON GIUSTA

HABEMUS
COSTITUTIONEM...(ma i problemi non cambiano)

Visto che la Costituzione
irakena é passata, che il timore del veto delle tre province
sunnite si é squagliato al sole del deserto perché un Partito
sunnita é stato convinto dagli americani di scendere
dall'Aventino, - evidentemente sulla base di promesse perché
Curdi e Sciti, approvato il nuovo ordinamento, faranno la parte
del leone in fatto di risorse petrolifere - e che fra nenanche
un paio di mesi si andrà a votare sulla base della Costituzione
stessa, si può dire he tutto é bene quel che finisce bene?

No.

I nodi vengono al pettine. Sono venuti dappertutto ove si sono
stabiliti i destini di popoli a tavolino, ultimo degli esempi la
Yuguslavia.

Il problema etnico non é risolto e il trauma per i sunniti di
dover passare dal trono alla polvere non sarà privo di
conseguenze.

Non lo sarà neppure il passaggio di poteri.

Passaggio, ma a chi? Quello reale inevitabilmente quantomeno al
confessionalismo dal momento che l'Irak viene da anni di
tradizione laica che non possono non avere lasciato il segno.

Stabilire condizioni di democrazia formale é essenziale,
soprattutto per gli USA per poter dire di aver raggiunto il
risultato che si prefiggevano. Sottile ipocrisia, certo, ma un
nulla rispetto alle pseudo-motivazioni dell'intervento, armi di
distruzione di massa in primis.

La storia dicono che sia maestra di vita. Diciamo piuttosto che
lo dovrebbe essere, ma gli allievi sono generalmente o tonti, o
distratti op ad altro occupati quando c'é la lezione. Spesso e
volentieri non si fa tesooro di quel che c'é alle spalle.

Proponiamo un paio di gustosi flash-back.

LAWRENCE
D'ARABIA

Robertt Fisk ricorda in un
suo libro quello che è successo quando
c’è stata la prima rivolta contro l’esercito britannico in Iraq,
nel 1920, l’epoca di cui parlava Lawrence d’Arabia. (nella
guerra fra Haschemiti e Sauditi  che portò questi a
prevalere sugli Hussein grazie all'appoggio inglese il famoso
colonnello Lawrence era stato contrario in polemica con il
Servizio Segreto)

Allora gli inglesi fecero una cosa che, vista di questi giorni,
sembra la fotocopia, o viversa, della situazione attuale.. I musulmani
sunniti furono privati dei diritti civili. Gli inglesi
assediarono Falluja, assediarono Najaf. Il Primo Ministro, in
questo caso Lloyd George invece che Tony Blair, disse: “Crediamo
che ci sarà la guerra civile”, e l’intelligence militare
britannica a Baghdad sostenne che i terroristi arrivavano –
questo nel 1920 – dalla Siria.

D'altronde risulta dal verbale di una riunione dell’ Eastern Commitee
del giorno
5 dicembre 1918 una posizione interessante:

Lord Curzon: «Non dobbiamo noi giocare la carta
dell’autodeterminazione per quello che essa vale? (…) 
credo che la maggior parte della gente di determinerà in nostro
favore (…) l’autodeterminazione è stata
istituita come un principio e giocheremo la carta
dell’autodeterminazione per tutto quello che essa vale, dovunque
noi ci troveremo in difficoltà con i francesi, gli arabi o
chiunque altro, e regoleremo le questioni secondo quest’ultimo
argomento, ben sapendo in fondo ai nostri cuori che noi ne
approfitteremo molto più di tutti gli altri (…)»

Colonnello Lawrence: « Si è molto parlato di autodeterminazione.
Penso che sotto molti aspetti sia un’idea insensata. Noi
possiamo permettere alle genti che hanno combattuto con noi di
determinarsi liberamente. Gente come gli arabi della Mesopotamia,
che hanno combattuto contro di noi, non meritano per nulla che
noi accordiamo loro l’autodeterminazione. Senza dubbio la
situazione si modificherà in perpetuo».
Balfour: «È il privilegio dei conquistatori».

L'Irak detterà banco, per anni. Ahimè.

IL
PROCESSO


Saddam Hussein alla sbarra.

Con lui altri sette tra i quali un suo fratellastro e Awad Hamed Al Bandar,
il Presidente del Tribunale che nel 1982 condannò a morte 143
sciiti del villaggio di Dujeil accusati di aver complottato per
assassinare il Presidente, reato per il quale si svolge il
processo.

La TV ci ha fatto vedere il Presidente del Tribunale, Mohammed Amin,
curdo che insieme agli altri giurati da un anno e mezzo studia
il diritto internazionale, le procedure e quant'altro. Non é un
processo facile. La condanno deve venire con tutti i i crismi.
Deve sembrare giusta.

Perché il dato é inequivocabile: la condanna non sarà giusta,
qualsiasi cosa emerga. E spieghiamo il perché.

UNA
CONDANNA NON GIUSTA

In premessa sgombriamo il
campo da eventuali dubbi o punti interrogativi.

Al tempo della prima guerra contro Saddam chi scrive pubblicò
nella prima pagina del diffusissimo giornale che dirigeva le tre
foto di Hitler, Stalin, Saddam. I tre simboli del peggio
dell'umanità. Pubblicò anche, in quelle settimane, le foto dei
cadaveri dei bambini curdi e delle loro mamme vittime del gas
irakeno.

Dov'é la coerenza - potrebbe dire qualcuno - nel dire oggi che
una eventuale, in realtà certa, condanna non sarebbe giusta?

Non lo é, come non lo é quella, pure inevitabile, di Milosevic -
altro bell'elemento! - sulla base del primo e fondamentale
precetto della Giustizia con la G maiuscola: La legge é uguale
per tutti.

Percheé questi due, con Pinochet in buona sostanza graziato
dalla sua veneranjda età, e nessun altro?

Se la legge é uguale per tutti la Carla Del Ponte, il magistrato
luganese assurta all'empireo della giustizia internazionale,
dovrebbe assumere legioni di sostituti. Ne avremmo per i beati
padri. Ma ovviamente nessuno va a toccare Gheddafi, ieri Arafat,
persino Hammas, Sharon, i sudanesi, vari africani ma ce n'é
anche in Asia e in America latina. Si salverebbero in pochi.

Fra l'altro da sottolineare due comportamenti paralleli. Nel
momento della caduta per Saddam c'era pronto un esilio, che
sarebbe stato dorato, in Mauritania. Per Milosevic in Russia o
in altro Paese dell'ex CSI.

Entrambi sono rimasti a casa loro, sapendo di rischiare e
assumendo un analogo comportamento processuale di fierezza.

Ma allora? Lasciarli liberi? No. Ma fra un processo che comunque
rischia di apparire come l'applicazione della legge del taglione
e che in ogni caso é carico di ipocrisia visto che ci sarebbe
ben altro da addebitare a Saddam che non la condanna degli Sciti
in un Tribunale, e concedere una libertà che non meritano ci
potrebbero, anzi, ci dovrebbero essere vie di mezzo che una
democrazia giusta dovrebbe essere in grado di applicare.

a.f.


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a.f.
Politica