Dentro la resistenza irachena
"Gli Americani cercano le armi
di distruzione di massa? Bene, le hanno trovate"
Su smh.com.au è comparsa un'intervista effettuata in Iraq a
membri della resistenza irachena, di cui riportiamo ampi
stralci.
L'intervistatore si incontra, dopo settimane di negoziati,
con "due uomini - Ahmed, un trafficante d'armi e comandante
di un gruppo di resistenza irachena, e Haqi, uno dei suoi
soldati.", entrambi vengono descritti nell'articolo come
spavaldi e questo perché fieri di aver condotto recentemente
un'azione vittoriosa contro un convoglio americano in
un'area rurale a Nord di Baghdad.
Ahmed la descrive così: "Ieri ci hanno informato di un nuovo
movimento di convogli, così abbiamo utilizzato un auto
speciale per trasportare sul posto RPG [granate con
propulsione a razzo] e cannoni. Attaccammo al tramonto in
un'area circondata da fattorie. Prima ci mescolammo con gli
abitanti; poi al passaggio del convoglio prendemmo le armi
che avevamo deposto sul terreno. C'erano complessivamente 19
soldati. Potevo vedere i loro volti. Sparammo tre granate e
fuggimmo con un'auto che ci stava aspettando. Il tutto è
avvenuto in poche secondi".
Questa è la terza missione per Ahmed, un uomo di 32 anni, e
la quarta per Haqi, un taxista di 25 anni che definisce
Ahmed come suo istruttore: "entrambi appaiono soddisfatti
per i centinaia di attacchi colpisci-e-fuggi della
resistenza contro gli USA.". L'autore dell'intervista,
incredulo della discordanza delle cifre, secondo la fonte,
ha cercato, a questo proposito, le testimonianze dei
cittadini: ad esempio "a Al Meshahda, vicino Tarmiya, 60
chilometri a Nord di Baghdad, due agricoltori, i fratelli
Muhammad e Ibrahim Al Mishadani insistono sulla morte di tre
soldati americani quando i veicoli di coda di un convoglio
furono oggetto di un attacco. Ma gli Americani non hanno
riferito di proprie vittime a Tarmiya lo scorso Martedì".
Il numero di vittime americane in questo periodo
"post-bellico" ammonta a 60 -
ormai, al 27 agosto, siamo ben oltre e i soldati uccisi
dalla fine della guerra sono di più di quelli morti nel
conflitto! NdR -, con quasi 500 feriti
-idem -.
Il conflitto sta ora mostrando tutti i segni di quella che
si può chiamare una guerriglia prolungata.
Quando prese l'incarico, il nuovo capo militare americano in
Iraq, General John Abizaid, era già a conoscenza del rapido
costituirsi della resistenza: "Essi sono meglio coordinati,
adesso. Sono meno improvvisati e sono divenute più
sofisticate le loro capacità tattiche e di impiego delle
armi."
Washington continua ad essere riluttante nell'ammettere di
trovarsi di fronte ad una guerriglia, ed ha ripetutamente
dato la colpa dell'instabilità a Saddam Hussein e ai suoi
fedeli del partito Baath, e, dopo l'attentato all'ambasciata
Giordana a Baghdad, anche a stranieri che ritiene aggregati
alla rete di al-Qaeda e consimili.
Così è stato Abizaid ad ammettere che gli Americani si
trovano impegnati in una "classica campagna
anti-guerriglia", pur ammettendo, secondo i dettami di
Washington, che la minaccia agli Americani deriva da "Baathisti
di medio-livello" e da una circoscritta struttura
finanziaria organizzativa.
Fatto stà che il Pentagon, l'esercito Americano e gli
analisti americani, tutti quanti rimangono riluttanti ad
ammettere un supporto popolare alla resistenza irachena. Ma
sentendo parlare in modo aspramente anti-americano sia gli
sceicchi tribali che gli uomini d'affari e molte persone
comuni irachene, diviene difficile non ammettere che vi è
una crescente empatia popolare stile-Palestinese o
stile-Belfast con la resistenza.
Se i resoconti che la resistenza ha fornito nelle interviste
all'Herald negli ultimi 10 giorni sono accurate, i servizi
Americani sono lontani dal capire che quello che sta
emergendo in Iraq è un movimento controllato centralmente,
guidato tanto dal nazionalismo che dalla moschea, un
movimento che si è lasciato alle spalle Saddam e il Partito
Baath e che sta già raccogliendo fondi stranieri per
espellere l'esercito americano dall'Iraq.
Ahmed nega di aver militato nell'esercito di Saddam o in
qualche sua Agenzia di Sicurezza soprattutto perché "Saddam
era un perdente. Le sue guerre sono state inutili e rese,
nemici, i nostri confinanti Musulmani".
Ahmed ci parla della resistenza Sunnita che descrive come
una forza religiosa e disciplinata. Alla domanda di dove si
trovi l'autorità, egli risponde: "Con gli sceicchi nelle
moschee. Agli appartenenti del Partito Baath e agli ex
membri dell'esercito non è permesso divenire nostri capi. I
Baathisti hanno perso. Ora noi abbiamo un solo gruppo al
comando delle operazioni della jihad, un gruppo che opera a
livello nazionale. Tutto è fatto mediante istruzioni che
arrivano attraverso dei messaggeri. Nella mia cellula vi
sono 35 uomini ed io comando altre tre cellule. Il numero
degli stranieri che ci vengono in aiuto è in continua
crescita: Siriani, Palestinesi, Sauditi e Quatari."
"Le affermazione degli Stati Uniti riguardo al-Qaeda e Ansar
al Islam sono soltanto propaganda. Noi non domandiamo ai
nostri combattenti se appartengono a questi gruppi o a
partiti politici".
Parlando attraverso un interprete, in Arabico, continua: "I
nostri combattenti stanno proteggendo la nostra religione.
Noi non permetteremo a stranieri di occupare il nostro
paese. Abbiamo sofferto sotto Saddam e lo odiamo, ma terremo
lui nei nostri cuori piuttosto di un Cristiano e di un
Ebreo, perché egli era un Musulmano".
In questa cultura la vendetta è un onore: "Gli Americani non
ci rispettano, così noi non rispettiamo loro. Essi hanno con
sé un cancro di cose pessime: prostituzione, droga e giochi
d'azzardo".
Haqi aggiunge: "Questa battaglia non è per Saddam ma per la
nostra Patria e il nostro Dio. Il nostro scopo non è la
conquista del potere o del governo del paese. Noi vogliamo
solo espellere gli Stati Uniti e che la parola di Allah sia
al potere in Iraq".
Questo gruppo della resistenza chiama se stesso l'Esercito
del Giusto. Come gli altri (l'esercito di Mohammed e le
Bandiere Bianche), si è fatto notare per volantini e
graffiti intorno alla Moschea di Abu Hanifa nel distretto
Aadamiyah di Baghdad.
Sia Ahmed che Haqi non rispondono alle domande sui loro veri
nomi o sulle loro abitazioni. "l'Iraq è la mia casa" dice
Ahmed.
Egli stima che i combattenti della resistenza ammontino a
circa 7000 uomini. Le famiglie non ammetteranno mai
l'appartenenza di un loro membro alla resistenza. Un
dentista di Baghdad, Amar Abbass, continua ad insistere che
il suo "piccolo fratello" Ameer era armato solo di "quaderni
e una calcolatrice" quando fu arrestato 6 settimane fa. E
questo nonostante che i vicini asseriscano che il ragazzo
ventenne - ora prigioniero N. 10496 - stava portando un
lanciatore di granate quando fu arrestato.
La prima missione di Ahmed fu un attacco su un piccolo
convoglio americano vicino Balad, nella regione di Tikrit,
in Giugno. Alcune settimane dopo prese parte ad un tentativo
fallito di abbattere un elicottero americano.
Come avviene un attacco? "Prima osserviamo gli Americani per
capire i loro movimenti. Noi sappiamo dal modo con cui
sparano - in tutte le direzioni - che hanno paura".
Di solito le cellule operano in gruppi di 4-5 combattenti -
due per maneggiare il lancia-granate e 2 o 3 per fornire
fuoco di copertura. Nella maggior parte dei casi l'identità
di un combattente non è nota agli altri del gruppo. Poiché
le radici della resistenza irachena alla presenza americana
si trovano nella loro cultura tribale e nel Corano, i
combattenti fanno affidamento sulla rete tribale per le
informazioni e per le loro fughe precipitose dopo un
attacco.
"La gente ci offre nascondigli quando siamo in pericolo, ci
conforta con le loro parole, ci nasconde nelle loro auto per
portarci al sicuro".
Di solito viene fatta esplodere una mina anti-carro per
fermare un convoglio e disorientare i militari. Subito, un
gruppo di partigiani apre Il fuoco su un lato della strada,
catturando l'attenzione degli americani, mentre gli uomini
dotati del lanciarazzi prendono le misure a 150 metri
sull'altro lato della strada.
Molti combattenti avevano acquisito esperienza nei reparti
di Saddam o dalle truppe alla sbando dell'esercito iracheno.
Essi hanno avuto successi anche con ordigni a controllo
remoto, compreso quell'episodio in cui fecero saltare un
ponte usato dagli americani collocando su una piccola
zattera un ordigno che fu fatto esplodere sotto il ponte.
In un altro incontro, Ahmed appare irritato: gli Americani
avevano cominciato a disturbare con interferenze le
radiofrequenze usate dalla resistenza per far esplodere le
bombe. Sorrise, quando gli chiesi se avevano trovato una
soluzione, lasciando sottintendere di non voler rispondere.
Le missioni di resistenza sono opportunamente guidate. Ad
alcuni combattenti locali viene assegnato il compito di
condurre nelle loro zone attacchi di bassa intensità, circa
3-4 settimana. Poi nuove cellule sono dislocate nell'aerea
per imboscate ad una frequenza di 3-4 al giorno.
Ahmed afferma che le sue cellule sono responsabili della
morte di almeno una dozzina di soldati Americani.
"Gli Americani dicono che stanno ancora cercando le armi di
distruzione di massa. Ebbene le hanno trovate. Noi siamo le
loro armi di distruzione di massa!".
Le armi della resistenza sono sparse nel Paese, nascoste
nelle case, sepolte nelle tombe, ai margini dell'erba alta
che cresce lungo I fiumi e i canali di irrigazione.
Gli Americani fanno regolari annunci di successi nei loro
sforzi di bloccare gli attacchi, come nel caso dell'Operation
Soda Mountain, nella quale si dice che con 128 raid a metà
luglio sono stati arrestati 971 Iracheni - 67 descritti come
ex membri del regime - con la confisca di 665 piccole armi,
1356 granate, 300 pezzi di artiglieria, 4297 mortai e 4,3
tonnellate di esplosivo C4 e 563 bombe a mano.
Queste cifre sono impressionanti. Ma esse impallidiscono di
fronte alla realtà che c'erano più di 5 milioni di AK-47s
nel Paese e che molte armi sono state stoccate prima della
guerra dall'esercito iracheno e che queste sarebbero cadute
nelle mani della resistenza. Inoltre nel mercato
clandestino, un lanciarazzi costa 100 dollari, e una bomba a
mano 2 dollari. Nei giorni dopo la caduta di Baghdad, un
AK-47s poteva essere comprato per 3 dollari; oggi costa 40
dollari.
La resistenza irachena riceve costantemente donazioni,
supporto da altri Paesi che inviano combattenti e servizi
logistici di intelligence. Le loro attività appaiono in
crescita. Al contrario Paul Bremer, amministratore americano
dell'Irak, la vede diversamente: "Il Nord è tranquillo, il
Sud pure. C'è solo un piccolo gruppo di persone che
resistono in questo nuovo Iraq. Noi ci occupiamo di loro.
Saranno uccisi o catturati".
Ahmed sembra apprezzare questo genere di discorsi e replica:
" Prima della guerra andavo a caccia di maiali. Ora io non
posso più andare a caccia ma per fortuna i maiali vengono da
me". "Il nostro Paese è stato occupato da soli 4 mesi: siamo
solo all'inizio".
da Enrico Galoppini con
traduzione a cura di
www.comedonchisciotte.net
GdS 18 VIII 03 www.gazzettadisondrio.it