LA NASCITA DEL PDL. UN FANTASMA NELLA SALA. I SUOI PENSIERI. IL FUTURO

Il fantasma - Confiteor: mea culpa - Il martire - Nomenklatura - Due, solo due - Tanti, uno dopo l'altro a casa - Le opportunità, quelle sprecate e quella colta - Egemonia - Diagnosi e prognosi

Stavamo guardando la scena della Fiera di Roma trasformata in elegante e affollatissima sala-parto. La nascita sotto gli occhi delle telecamere, sotto dunque i nostri occhi, del nuovo soggetto politico che l'on. Berlusconi si è augurato sopravviva ben più dei suoi fondatori, anzi dichiarandosene certo.

Abbiamo sentito che c'erano tutti. Con Berlusconi lo Stato Maggiore di Forza Italia. Con Fini quello di Alleanza Nazionale. Con vari altri personaggi anche le formazioni minori, sopravvissute ad una stagione per loro non facile e confluite nella novità politica del terzo millennio italico.

Il fantasma

Noi cercavamo di immaginare quel fantasma che, ignorato da tutti, aleggiava nell'aria, quello quantomeno compartecipe del successo di Berlusconi, ma di cui non abbiamo trovato traccia nelle cronache e nelle analisi di questi giorni, quale ne fosse la provenienza. Un fantasma importante, un fantasma cui si deve per buona parte l'indiscutibile successo del 29 marzo 2009, coronamento di un lungo cammino su cui nessuno avrebbe scommesso cento lire, anzi cento lire contro diecimila. Un fantasma che si aggirava smarrito facendo venire in mente, in luogo poco distante, l'invocazione di 2001 anni fa di Augusto a Publio Quintilio Varo, generale sconfitto e subito suicida: "ridammi le mie legioni", le tre che erano state annientate dalle tribù tedesche nella foresta di Teutoburgo, ponendo così fine alla presenza romana nella Germania oltre Reno. Un fantasma memore di glorie passate, di condizione quasi egemonica, simbolo la sua bandiera su Palazzo Chigi, e con il conforto di piazze colme, di una cultura schierata, di una magistratura nel cui mirino erano finiti, a vario titolo e per varie ragioni, gli avversari, che parevano ormai in decennale rotta.

Confiteor: mea culpa

Un fantasma che però in questa enorme sala sussurrava, anche per parte laica, quasi fra i denti un inusuale Confiteor con quella dolorosa ammissione: "mea culpa, mea maxima culpa".

Silvio infatti parlava, con un sorriso che andava da un orecchio all'altro - e ne aveva ben ragione -, seimila delegati passavano da applauso in applauso - addirittura un'ovazione sintomatica per Brunetta - . E ogni frase era una stilettata.

Il fantasma ripercorreva, affranto, tempi passati. Pensava a pochi giorni prima, al termovalorizzatore di Acerra trionfalmente - e ne aveva ben ragione -, inaugurato da Berlusconi, quell'impianto che un Ministro di sinistra deputato ad occuparsi dell'ambiente aveva bloccato dando retta a quattro giovanotti, con qualche persona di media età plagiata dai citati giovanotti vociferanti sostenitori della tesi che da quell'impianto venisse il male, col risultato della devastazione dell'ambiente che aveva fatto il giro del mondo.

Pensava agli scioperi dell'Alitalia, dei treni, dei bus all'insegna del sacrosanto diritto costituzionale di non andare al lavoro, e tutti dimentichi del sacrosanto diritto di tutti di potere andare al lavoro, a scuola e via dicendo - fino a limiti sconsiderati come i 60 dipendenti di Alitalia che con il loro sciopero fecero restare a terra 200 aerei (a spese nostre) -.

Pensava al buonismo imperversante. Da accogliere sempre e comunque quelli che arrivano da fuori, anche se a un certo punto non si sa più dove metterli e cosa fargli fare. Guai alle sanzioni per la droga. Guai a qualsiasi misura punitiva ritenuta discriminatoria quali che ne siano le ragioni.

Pensava alla logica dei NO così dominante in quel periodo di egemonia.

Pensava alla fatica di Sisifo di un Prodi continuamente proteso a spingere il masso fino alla cima del monte per poi, quasi arrivato in cima, vederlo nuovamente rotolare in fondo, in parte per sue 'distrazioni', in parte per quelle degli altri. Altri, dal chiacchiericcio continuo, dal veto incrociato, emuli, in sessantaquattresimo, della Palude francese con i suoi petulanti soggetti che fecero dire ad un osservatore attento "la storia passava davanti a loro e manco se ne accorgevano".

Il martire

Un altro applauso scrosciante e prolungato. Berlusconi guarda appagato quelli che lo incoronano, anche senza bisogno di avere materialmente serto d'alloro e corona aurea sul capo.

Il fantasma assume una posa come fosse inginocchiato, il capo fra le mani, le gote tirate, il respiro affannoso. Pensa al bombardamento di anni e anni. Le TV, private e pubblica. Il conflitto d'interessi. I processi. L'avviso di garanzia a Napoli quando lì c'erano i grandi del mondo. Le sue società. Centomila altre cose. Non meritava certo l'aureola di martire, che spetta solo ai Santi. Gliel'hanno invece appiccicata sopra. Ognuno di questi aspetti provocava certo l'applauso delle piazze e la titolazione vistosa dei giornali amici, ma allontanava ogni volta qualcuno di quella vasta platea fatta di gente normale, tranquilla fino a scontentare persino chi nel tempo era stato fedele e convinto seguace di una sinistra che offriva una speranza di riscatto.

Nomenklatura

Il fantasma ripensa al Palazzo, ad una nomenklatura che non si accorgeva del mondo reale e delle trasformazioni in atto della società, che da una parte il consenso scendeva, scendeva, scendeva mentre dall'altro saliva, saliva, saliva…

Il fantasma ripensa alle stratificazioni ideologiche e alla rigidità politica sia di chi aveva coltivato per decenni le aspirazioni del paradiso marxista come di chi veniva invece dal cosiddetto 'cattolicesimo democratico'. Simbolo, questo nome, di una significativa contraddizione in termini, di fatto attribuendosi agli altri cattolici, quelli che avevano fatto diversa scelta di schieramento, la singolare privazione del carattere 'democratico'…

Due, solo due

Il sipario cala. La gente sfolla. Gli addetti smontano le scenografie. I giornalisti rendono conto ai loro lettori dell'ultima giornata. Il fantasma medita. Resta l'immagine di Silvio, dei 15 anni di strada, alcuni di dura salita. Con lui di Fini, e della sua strada, inizialmente difficilissima, una sorta di mulattiera, fuori dal percorso seguito da tutti gli altri. Poi, 14 anni fa, la svolta con AN, e ora l'espressione finale "la transizione è finita". Due uomini,. Due Palazzi: quello che ha preso il nome dai banchieri senesi Chigi, quello che fu residenza estiva del Papa sino alla breccia di Porta Pia. Due destini paralleli, anche istituzionali?

Tanti, uno dopo l'altro a casa

Il fantasma ripercorre questo tempo, di due leaders indiscussi, sempre al loro posto. E, tristemente, riguarda indietro. Là i soliti due. Qui il tourbillon continuo: Occhetto, a casa, D'Alema, a casa, Veltroni, a casa, Fassino, a casa, Veltroni, a casa, Franceschini, appena arrivato ma con il suo preannuncio che in autunno andrà a casa. Il fantasma ripercorre anche la strada degli altri, quelli arrivati dalla DC, la maggior parte però non 'dalla DC' ma dalla 'DC di sinistra', meno incisiva sulle vicende della sinistra nel complesso. A parte, pensa il fantasma e con ragione, Prodi e Prodiani.

Le opportunità, quelle sprecate e quella colta

Scrivevamo tempo, tempo, tempo fa. Berlusconi ha davanti a sé un'opportunità. O la coglie o la palla passa agli altri. Non la colse. Se è vero che fu Bossi togliere l'appoggio al Governo è anche vero che il decisionismo Berlusconiano faceva sì che il Carroccio si sentisse mortificato. Ballò dunque una sola estate Berlusconi. Interregno di Dini e poi Prodi. Ripetemmo: ha davanti a sé un'opportunità. O la coglie o la palla passa agli altri. Due anni e mezzo e a ottobre del 1998 la grande novità: un ex-comunista a Palazzo Chigi. Ripetemmo ancora: ha davanti a sé un'opportunità. O la coglie o la palla passa agli altri. Niente da fare. Un anno di interregno Amato e poi le elezioni del 2001 le vince Berlusconi. Stavolta, scrivemmo, con l'esperienza passata, ha davanti a sé una nuova opportunità. O la coglie o la palla passa definitivamente agli altri. Non la colse, nonostante la permanenza quinquennale alla guida del Governo. Ma l'opportunità conclusiva non la colse neppure Prodi, durato due anni con la differenza però che Berlusconi, dato ormai per assoluto perdente, ribaltò le previsioni. Vittoria sì di Prodi ma di Pirro.

Il fantasma ricorda quel Senato con le maggioranze affidate allo stato di salute degli anziani senatori a vita ma poi soprattutto la litigiosità interna fra le 14 anime interne della coalizione. Ultima chanche, scrivemmo, per Berlusconi. Colta. E, come sempre sostenuto, egemonia a portata di mano.

Egemonia

Il fantasma sa che per il nostro Paese una egemonia, non importa di chi, è indispensabile. I grossi guai per l'Italia, a cominciare dal debito pubblico (e magari anche da tangentopoli), infatti sono venuti quando la DC l'egemonia era arrivata a perderla, pur continuando ad avere la maggioranza relativa. Lascia la sala anche lui, per ultimo. Sa che questa egemonia è cominciata. Sa che la sinistra ha perso occasioni d'oro, a raffica. Sa che una speranza, nel breve termine, c'è solo se la nuova formazione politica implode, dall'interno. Sa anche, ma questo è marginale, che l'ultimo dei segretari, quello in carica temporaneamente, deve urlare ogni giorno contro Berlusconi per fare più rumore di Di Pietro e per non farsi rubare elettorato da quelli che orgogliosamente si sono ripresentati come "comunisti". Lo deve fare ma il fantasma sa che questo è un ulteriore regalo a Berlusconi.

Diagnosi e prognosi

Il fantasma conosce bene la definizione che gli appare mentre sta uscendo dalla Fiera: "La più diffusa credenza popolare vede i fantasmi come apparizione dei defunti". Si guarda in una vetrata che gli fa da specchio. Scaccia il pensiero. No, non ci sono ancora defunti. Malati gravi sì. La diagnosi è univoca, il male è serio, non mortale. La prognosi è di circa un quinquennio per le cure. Poi, salvo complicazioni, qualche anno di convalescenza nel tentativo di tornare sul ring con una speranza se non di KO quantomeno di vittoria ai punti. Sempre però sperando che sull'altro versante succeda qualcosa. Magari nel maggio del 2013 quando scade il mandato del Presidente Napolitano, tenuto però conto che pochi giorni prima scade il mandato della XVIma Legislatura…

Il fantasma si rincuora. Non certo molto, ma meglio di niente. Spes, si sa, ultima dea.

Alberto Frizziero

Alberto Frizziero
Politica