I SETTE PUNTI DI DINI, SETTE PUNTI BASE DEL PROSSIMO GOVERNO DINI SECONDO? (MA PASSEREBBE ALLA CAMERA? HA DETTO, DI FATTO, PRODI)

Con una lettera al Corriere della Sera il sen. Dini ha fissato i sette punti irrinunciabili per soprassedere a quanto dichiarato nel dibattito sulla Finanziaria e cioè che si trattava dell’ultimo voto a favore del Governo. “E non chiamateci traditori”. Aveva già detto di essere stato eletto nelle fila della Margherita - dopo aver sciolto nel 2002 il suo Rinnovamento Italiano che aveva 26 deputati e 11 senatori -, però sparita confluendo nel Partito Democratico, meta da lui ovviamente non condivisa. Poi di avere ricevuto promesse, ma solo promesse. Ora i fatti

I fatti sembrano una specie di ultimatum. Le sue parole “con il nostro voto favorevole, il Parlamento ha approvato la Finanziaria per il 2008 e il protocollo in materia di welfare e pensioni. Al momento del voto abbiamo annunciato in Aula che per noi si concludeva una fase politica. E che il futuro non sarebbe stato la semplice prosecuzione del passato”.

Premette la crisi dell’Italia con un siluro terribile: “Il presidente del Consiglio manifesta un ottimismo basato su una valutazione dell'attuale stato dell'economia e della qualità del nostro vivere civile del tutto distorta. Capita a chi è incaricato di alte funzioni politiche di perdere la precisa cognizione della realtà. In questi casi richiamarlo a un fattivo realismo è un preciso dovere civico. Noi non ci sottraiamo a tale dovere. E partecipiamo alla nuova fase proponendo le cose da fare nei prossimi mesi per frenare il declino dell'Italia e riavviarla sulla strada dello sviluppo.

Quindi i sette punti:

1. Una decisa azione per la riduzione della spesa pubblica. In particolare uscita anticipata di almeno il 5% dei lavoratori pubblici e aumenti delle retribuzioni legati solo al merito di ciascuno.

2. Il ridimensionamento delle persone che vivono di politica. Abolizione delle Province Se le si mantengono va fatto a spese delle Regioni con le loro tasse. In sei mesi.

3. Una riduzione del carico fiscale per i contribuenti, pur graduale con tutti i procventi della lotta all'evasione fiscale, e non disperdendoli per mille rivoli come si è fatto nella prima parte di legislatura..

4. La rinuncia alle centinaia di programmi inconcludenti nei quali vengono disperse le risorse europee. Concentrare le risorse su strade, ferrovie, porti e aeroporti.

5. La realizzazione del sistema nazionale di valutazione dei risultati scolastici, per legare ogni incremento reale delle retribuzioni degli insegnanti a livello e dinamica della preparazione scolastica degli allievi.

6. La riduzione da 45 a 15 giorni della sospensione feriale dei termini processuali. Visti i ritardi della giustizia molto può e deve essere fatto. In questo modo però e con i giudici che facciano come tutti gli altri lavoratori le loro vacanze a turno, la produttività salirebbe del 10%.

7. Il ridimensionamento del ruolo della politica nella gestione della sanità pubblica. La politica fornisca regole e risorse; scelga ministro, sottosegretari e assessori. Ma non direttori generali e primari.

SI AL GOVERNO SE…

Siamo pronti a sostenere un governo che si impegni a realizzare questo programma minimo. Se sarà espressione dell'attuale maggioranza, bene. Ma chiediamo una risposta chiara, senza ambiguità, al più tardi al momento della verifica prevista per metà gennaio. Non rinnoveremmo la nostra fiducia a un governo che non volesse impegnarsi a realizzare questo programma per il rilancio del Paese. In tal caso, non ci rassegneremo al fatto che la legislatura debba andar persa. Ci adopereremo dunque, con le nostre modeste forze, affinché un governo che realizzi queste proposte nasca in questo Parlamento. Senza dimenticare che nel frattempo occorrerà comunque cambiare la legge elettorale, per via parlamentare ovvero per via referendaria.

Firmano Lamberto Dini e Natale D'Amico (E Scalera che fine ha fatto?) il 30 dicembre 2007

NON C’È SOLO PRODI

Qualche giorno fa Dini, seccato, ha detto che non c’è solo Prodi. Qualcuno ha visto in questa affermazione e nelle precedenti un’autocandidatura. Il ritorno cioè a Palazzo Chigi di cui era stato inquilino dal gennaio 1995 al maggio 1996. Prodi ha avuto un passaggio che sembra destinato a chi pensa al DINI secondo: “si tenga conto che alla Camera abbiamo una forte maggioranza”.

NON C’È SOLO DINI

Ma non c’è neppure solo Dini. Marini, Draghi, uno dei due Letta e, perché no?, Andreotti.

E comunque in movimento ci sono altri, da Rifondazione a Bordon.

Tutto questo perché i sette punti possono essere “programma minimo” del DINI 2° non c’è nessuna possibilità che possano esserlo del Prodi secondo. Non passerebbero mai.

Vedremo

a.f.

a.f.
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