I CATTOLICI TRA FINANZCAPITALISMO E POPOLARISMO 11 12 20 5
Riceviamo e pubblichiamo:
Questo Governo e questa manovra, con tutto il rispetto dovuto e non formale per il Presidente Monti e i suoi Ministri, rappresentano la parte terminale della Seconda Repubblica.
IL SUICIDIO DELLA POLITICA.
La classe politica non a caso ha deciso di mettersi da parte rinunciando a quel "primato" che la Costituzione le conferisce: il Governo "del Presidente" è una anomalia rispetto alle previsioni dell' art. 97 della Carta perché sposta sostanzialmente sul Presidente della Repubblica il potere che spetta al Parlamento. Ma i partiti, timorosi e incapaci di dare al Paese una prospettiva sulla crisi economico-sociale, hanno preferito "nascondersi" dietro un Esecutivo tecnico che, però, inevitabilmente fa scelte politiche.
GOVERNO POLITICO MASCHERATO DA TECNICO
Lo si è visto subito con il decreto anti-crisi: è una scelta politica colpire i pensionati anziché i privilegi fiscali che tuttora hanno le banche; così come sono politiche le decisioni sull'ICI, sulla casa (coefficienti catastali), sulla benzina, sull'IVA, sulla minipatrimoniale per i depositi bancari, sul bollo auto, sull'IRPEF regionale ecc. ecc.. Anziché tassare le speculazioni finanziarie (Tobin Tax), eliminare il finanziamento pubblico di partiti e giornali, introdurre una patrimoniale sulle grandi ricchezze e tagliare sovvenzioni per oltre trenta miliardi di euro all'anno (avete letto bene: trenta miliardi di euro) in favore di imprese pubbliche e private. E' stata una scelta troppo facile, ingiusta e antipopolare perché ha colpito tutti i cittadini (chi più chi meno, senza risparmiare i redditi più bassi); è stata, dunque, una decisione politica che ha rispettato ricchezze e privilegi mentre ha colpito generalmente i livelli di reddito e di consumo e il tenore di vita di milioni di italiani.
SCELTE IN FAVORE DEL FINANZCAPITALISMO
Pertanto questo è un Governo che si è chiaramente schierato su un preciso versante socio-economico e che, dietro il paravento delle scelte tecniche, ha fatto e farà scelte in favore del "mondo finanzcapitalista" anziché delle esigenze che scaturiscono da una visione neo-popolare. Certamente sono scelte fatte in buona fede nel convincimento, cioè, che questo sia il modo migliore per superare la crisi e trovare una migliore intesa con l'Europa: ma proprio questo ci preoccupa e ci porta ad un pieno dissenso; e non comprendiamo come partiti e persone, che dentro e fuori il Parlamento si rifanno ai principi della Dottrina sociale cristiana possano accettare e sostenere tale modo di gestire la crisi.
IL SILENZIO DEI CATTOLICI
Dove è finito il "quoziente famigliare" tanto evocato da partiti che si autodefiniscono d'ispirazione cattolica? La realtà è che siano dinanzi ad uno scontro di fondo che ha oramai ampiamente superato le diversità tra le categorie politiche del "Novecento" (destra, centro e sinistra): siamo alla contrapposizione tra gli interessi della finanza (nazionale e internazionale) e gli interessi della gente. Un recente articolo di Adam Haslett (giornalista finalista del Pulitzer e del National Book Award) sul "Corriere della Sera" chiarisce la natura di questo scontro dovuto al fatto che "i mercati globali stanno usurpando il potere degli elettori" per cui il vero tema del momento è quello della sovranità popolare di fronte al declino delle istituzioni politiche tradizionali". In sostanza Haslett sostiene che "la finanza spegne la democrazia" e che l'evoluzione storica del capitalismo occidentale va verso una ridistribuzione della ricchezza verso l'alto e la concentrazione del potere nelle mani di pochi individui che esercitano condizionamenti molto forti sul mondo politico, sulle campagne elettorali e sulle Istituzioni. Tema questo condiviso da Luciano Gallino ("Finanzcapitalismo", Einaudi 2011) che mette sotto accusa la finanziarizzazione dell'economia mondiale; concetto questo rilanciato recentemente da Marco Vitale nella conferenza tenuta a Genova il 29.11.2011 "Crisi finanziaria e le ragioni della protesta degli indignati".
CHI DIFENDE GLI INTERESSI POPOLARI?
Ricorda Vitale che i 1.000 individui più ricchi del mondo hanno un patrimonio netto di poco inferiore al doppio del patrimonio totale dei 2,5 miliardi di individui più poveri! "E' frutto di una politica deliberata e dichiarata, basata su una esplicita ideologia neoliberale, nell'ambito della quale si è sostenuto che le disuguaglianze crescenti sono il motore della crescita". Ciò ha comportato (è sempre Vitale che parla) "un vistosissimo spostamento dell'attività bancaria dal finanziamento delle attività produttive alle attività finanziarie e speculative: negli USA i prestiti bancari all'economia reale sono passati dal 26% del 1985 al 10% del 2005. Nello stesso periodo le banche hanno accresciuto di oltre sei volte il reddito proveniente da attività finanziarie".
LA RAPINA DEI POTERI FINANZIARI
Pertanto (come sostiene chiaramente Gallino), il crescente debito pubblico degli Stati non è l'effetto di una politica sociale eccessivamente generosa, bensì dipende dalle sregolatezze e dai vizi strutturali del finanzcapitalismo sostenuti e incentivati dalla politica. Come anche il decreto legge del Governo Monti sta a testimoniare. Su questa stessa lunghezza d'onda è Max Otte, Professore di Business Management all'Università di Graz ("Fermate l'euro disastro - contro l'oligarchia finanziaria" - ed. Chiarelettere 2011), che denuncia come il denaro che l'Europa (e quindi i cittadini europei) hanno dato alla Grecia, all'Irlanda e al Portogallo sia finito nelle mani dei soliti che si accaparreranno i gioielli di Stato a prezzi ridicoli, sulle rovine dello stato sociale.
LE CONSEGUENZE POLITICHE
Se questa è la diagnosi le conseguenze politiche sono inevitabili:
1.le vere distinzioni politiche oramai riguardano esclusivamente come ci si collochi rispetto allo scontro tra popolarismo e finanzcapitalismo;
2.gli attuali partiti continuano a muoversi secondo le vecchie categorie (destra, sinistra, centro, comunismo, anticomunismo, fascismo e antifascismo) che servono solo a dare giustificazione formale e di facciata alla loro permanenza sulla scena politica. E' come se negli USA la lotta politica fosse ancora incentrata sui temi della guerra civile tra stati del Nord e del Sud;
3.è necessario ricomporre lo scenario politico secondo tali esigenze: da una parte i "popolari" che rivendicano sovranità e rappresentanza popolare nella partecipazione alle grandi scelte, dall'altra i c.d. "Poteri forti" che tutelano gli interessi delle centrali finanziarie e delle grandi concentrazioni economiche e patrimoniali (ad esempio, come ci ricorda Vitale, la metà del mercato mondiale è controllata da 10 corporations, l'85% del commercio mondiale delle granaglie è in mano a 3 corporations, altre 3 controllano l'83% del commercio del cacao). In parallelo gli stati europei hanno "scelto" di cedere la "sovranità monetaria" delegandola alla BCE che non solo batte moneta in esclusiva ma che (per legge) può prestarla solo alle banche e non agli Stati. A parte i profitti che la BCE e tutte le istituzioni finanziarie (che ne detengono il pacchetto azionario) incassano, lo Stato spogliato della funzione monetaria è nudo dinanzi alle incursioni speculative esterne in quanto non può rispondere stampando
moneta. E, quindi, deve sottostare ai dictat che i mercati impongono, approvando provvedimenti che impoveriscono la società e arricchiscono i soggetti finanziari.
IL PUNTO DIRIMENTE DELLA POLITICA
La Seconda Repubblica muore e la Terza nasce dentro questo contesto. La politica, quindi, deve muoversi sapendo che questo è il punto dirimente e che, pertanto, le posizioni sono due: popolarismo da una parte, finanzcapitalismo dall'altra. Conseguentemente vanno sciolti alcuni nodi che bloccano la ripresa di una seria dialettica tra i partiti. Come si colloca il PDL? Perché il Terzo Polo si è schierato così apertamente con il Governo Monti? Cosa farà il PD stretto come è tra una tradizione certamente popolare e uno strano "modernismo giovanilistico" che appare all'inseguimento di non chiare posizioni moderate? E' qui che il ruolo dei cattolici diventa determinante.
IL RUOLO DEI CATTOLICI
In teoria il PPE dovrebbe essere il punto di riferimento di coloro che vogliono una politica popolare. Accade, però, che non pochi partiti che vi hanno aderito si riconoscano in posizioni più vicine al finanzcapitalismo che al popolarismo. E' quindi necessario aprire un serio confronto per un definitivo chiarimento. A questo punto le ammucchiate non servono più perché si torna necessariamente alle identità e alle scelte. Alfano anche recentemente ha rinnovato la proposta per la costituente di un PPE Italiano: sarà interessante andare a vedere, al di là delle parole e delle formule, quali siano i contenuti sui temi che abbiamo indicato. Ecco perché diventa essenziale il ruolo dei cattolici nella declinazione politica e programmatica del popolarismo e per dare un contributo di coerenza e serietà nella formazione di alleanze che debbono essere fondate su un condiviso tessuto etico e su una chiara scelta di campo in favore della persona, della sua centralità, della sua rappresentanza e dei suoi valori. Il cattolicesimo politico ha un patrimonio non solo storico, ideale, politico e programmatico ma anche organizzativo. Sono oltre 500 i movimenti sorti autonomamente nel territorio: se solo si riuscisse a coordinarli, sempre senza nessuna velleità egemonica, avremmo un nuovo soggetto politico federale che potrebbe far sentire la propria voce in difesa di precisi principi etici, della sovranità popolare, di una vera rappresentanza democratica e degli interessi più vicini ai problemi delle famiglie e della gente. Per queste ragioni "Rinascita Popolare" sta organizzando a Roma una grande convention nazionale del cattolicesimo politico per il 28 e 29 Gennaio 2012. Siete tutti invitati. Segnalateci la Vostra disponibilità (rinascitapopolare1@libero.it) in modo che sia possibile inviare tempestivamente il programma completo.
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