Piccoli Comuni italiani: 1) Una “Questione Settentrionale” 2) Infanzia negata. Niente asili-nido 3) occorre difendere innanzitutto i cittadini del domani: i bambini 4) L”On. Emma Bonino fuori dalla politica italiana

UNA “QUESTIONE SETTENTRIONALE”

Lo spopolamento e l¹impoverimento di vaste aree, soprattutto pedemontane, montane e insulari ha ormai assunto caratteri strutturali delineando un¹Italia del ³disagio insediativo², che non è solo un problema meridionale, bensì interessa tutto l¹arco alpino, soprattutto ligure, piemontese, lombardo e friulano, aprendo una concreta ³Questione Settentrionale² dei piccoli Comuni italiani. Tali aree del disagio insediativo non hanno ricevuto in questi anni nessuna reale risposta dal Governo, al punto tale che centinaia di piccoli Comuni sono a forte rischio di desertificazione demografica, soprattutto quelli situati lungo l¹arco alpino piemontese, lombardo e friulano e lungo Alpi e Appennini liguri. L¹incidenza dei piccoli Comuni a disagio insediativo sul totale dei Comuni per Regioni è: l¹8,1% in Veneto; il 13,0% in Trentino Alto Adige; il 14,2% in Lombardia; il 14,7% in Toscana; il 20,5% in Friuli Venezia Giulia; il 24,3% in Valle d¹Aosta; il 40% in Piemonte; il 48,5% in Liguria. I piccoli Comuni destinati alla desertificazione demografica sono 71 in Provincia di Torino; 37 in Prov. di Vercelli; 6 in Prov. di Novara; 107 in Prov. di Cuneo; 69 in Prov. di Asti; 108 in Prov. di Alessandria; 17 in Prov. di Aosta; 43 in Prov. di Imperia; 27 in Prov. di Savona; 26 in Prov. di Genova; 12 in Prov. di La Spezia; 5 in Prov. di Como; 10 in Prov. di Sondrio; 17 in Prov. di Bergamo; 11 in Prov. di Brescia; 52 in prov. di Pavia; 6 in Prov. di Cremona; 14 in Prov. di Trento; 1 in Prov. di Verona; 4 in Prov. di Vicenza; 12 in Prov. di Belluno; 23 in Prov. di Udine; 17 in Prov. di Piacenza; 16 in Prov. di Parma; 4 in Prov. di Reggio Emilia; 11 in Prov. di Pordenone; 26 in Prov. di Biella; 8 in Prov. di Lecco; 1 in Prov. di Lodi; 28 in Prov. di Verbania.

Ci troviamo di fronte ad una costellazione di piccoli Comuni a bassa densità demografica, con popolazione anziana e scarsa dinamicità migratoria e naturale. Questi comuni sono localizzati in area collinare e montana e presentano una densità demografica 8 volte inferiore alla media nazionale (solo 23 persone per kmq), un¹incidenza del 10% dei ragazzi sotto i 14 anni sulla popolazione totale(rispetto alla media nazionale del 16%) e conseguentemente un tasso doppio di anziani (29%) rispetto alla media nazionale (15,3%). Un¹aggravante è costituita dal livello di istruzione, poiché la carenza di laureati è molto forte (solo 1,4%). Le famiglie sono piccole, la dinamica demografica è negativa, sia nel breve che nel lungo periodo, ed è influenzata da scarsa natalità che comporta un forte rischio per il prossimo futuro. Inoltre, le case non occupate per vari motivi sono bei 1 su 2. La struttura commerciale è polverizzata; sono pochi gli addetti al commercio e ancor meno quelli alla grande distribuzione (addirittura lo 0,15%) degli addetti al commercio totali per la grande distribuzione rispetto a una media nazionale del 4,6%); pur in presenza di adeguate autorizzazioni alimentari, i pubblici esercizi per abitante (ben 10per 1000 abitanti, il doppio della media nazionale) sono sottodimensionati rispetto alle superfici territoriali, oltre 4 volte in meno rispetto alla media nazionale.

Anche il turismo non costituisce un elemento di forza per queste aree; si calcolano, infatti, 43 presenze per posto letto (rispetto alle 84 medie nazionali) e solo 123 presenza per kmq. rispetto al valore medio di 981. Migliore il dato delle case per vacanza, forse l¹unico e vero patrimonio di questi comuni (47 presenza per abitante rispetto alle 13 nazionali). Difficilissima la situazione che emerge dall¹analisi della ricchezza, della produzione e dei servizi erogati; gli sportelli bancari e i depositi sono al minimo livello, così come i servizi alle persone e alle imprese; pure l¹agricoltura non sembra rivestire un ruolo almeno alternativo nello sviluppo locale (bassa l¹utilizzazione della superficie rispetto alla media). Pochi i contribuenti di rilievo economico (quelli sopra i ventimila euro sono solo il3,8% del totale contribuenti) ma paradossalmente il rapporto tra contribuenti e popolazione rappresenta il massimo tra le aree in esame (1,3 rispetto a 1,6 medio); tale sintomo potrebbe indicare che la parcellizzazione della struttura produttiva funziona da garante dell¹occupazione, sebbene i bassi livelli reddituali favoriscano l¹emigrazione, scoraggino l¹immigrazione e producano il decremento delle nascite. Solleva preoccupazione, infatti, il dato degli alunni per 1.000 abitanti; in questi comuni non si raggiunge il valore 51, se si rapporta alle 155 unità di valore nazionale, a conferma di una situazione di vero e proprio shock demografico, rischio palese nel breve periodo.

Contro il declino economico. Contro il degrado ambientale. Contro l¹impoverimento sociale. Reagire si può, puntando all¹eccellenza, alla qualità, all¹innovazione, alla ricerca e alla tipicità. Tutto questo però necessita innanzitutto di una classe dirigente all¹altezza del compito e soprattutto sensibile ed innamorato della propria storia e della propria identità. La questione settentrionale dei piccoli Comuni italiani mette in risalto plasticamente tutti i ritardi e le responsabilità di una politica miope che non ha saputo creare una reti di qualità dal basso, dal territorio. Dobbiamo farlo noi utilizzando gli strumenti della creatività, della coesione sociale e della valorizzazione della tradizione. La Soft economy è questa. Una grande sfida per competere e fare dei piccoli Comuni italiani una grande risposta alternativa ai bisogni di crescita e di sviluppo di dieci milioni di cittadini che ivi risiedono dal Veneto alla Sicilia.

INFANZIA NEGATA

Alle tante parole, ai tanti proclami politici sulla famiglia motore della società non corrispondono purtroppo atti consequenziali. Nei 2834 piccoli Comuni italiani sotto i tremila abitanti il diritto all¹infanzia e praticamente negato e vergognosamente negato. Nella stragrande maggioranza di questi piccoli Comuni, in maniera particolare nel Mezzogiorno d¹Italiani non esistono asili nido, non ci sono palestre o luoghi per praticare sport, perfino i campi da calcio sono negati. Le piscine, le piste ciclabili, i parco giochi, sono un sogno irraggiungibile. Per non parlare della totale assenza di sale cinematografiche o teatrali. Per gli infanti dei piccoli Comuni italiani le pari opportunità non esistono, il Paese è davvero a due velocità con bambini di serie a e bambini di serie b. Una situazione di grave disagio insediativo che colpisce ingiustamente le famiglie e penalizza irrimediabilmente la crescita culturale e sociale dei cittadini del domani. Per non parlare del livello delle scuole materne ed elementari, prive di qualsiasi servizio, vedi aule informatiche decenti (l¹Adsl nei piccoli Comuni è desertiticato), sale prova per recitazione, canto o qualsiasi attività manuale. Per non parlare delle biblioteche, autentici luoghi sconosciuti ai ragazzi dei piccoli Comuni. Una situazione di totale disastro che tocca colpevolmente non solo l¹insensibilità della politica nazionale come dimostrano ampiamente i numeri in finanziaria, dove non esiste nemmeno la voce infanzia. Le responsabilità toccano in pieno anche le Regioni, soprattutto quelle meridionali, dove non c¹è nemmeno a pagarlo un piano regionale per l¹infanzia. Una colpevole mancanza anche delle classi dirigenti locali e di molti Sindaci di piccoli Comuni che non guardano con attenzione ai bisogni dei bambini, probabilmente perché secondo una visione vecchia e sbagliata non portano consenso elettorale. Molto spesso non è solo un problema di risorse economiche quanto di totale assenza di sensibilità. L¹Italia è oggi uno dei Paesi più arretrati, dove l¹infanzia non trova cittadinanza, basta vedere le tipologie delle opere pubbliche, non c¹è traccia, non c¹è un solo segno di attenzione ai più giovani. L¹infanzia è solo un grande mercato, un segmento di spesa straordinario per molte aziende ed una grande difficoltà per le famiglie che non riescono a soddisfare tutte quelle esigenze create dalla pubblicità molto spesso ingannevole e pericolosa. Un Paese che non guarda con amore ai più piccoli è un Paese senza futuro. Un futuro negato da una politica ingiusta e sbagliata.

L'EUROPA DIFENDA I BAMBINI

Per costruire l'Europa dei cittadini e non solo delle banche e dell'economia occorre difendere innanzitutto i cittadini del domani: i bambini. La tragedia del piccolo Tommaso Onofri deve far riflettere la politica europea, per arrivare a misure legislative: dure, serie e condivise. Occorre aprire una seria questione politica sull'infanzia, per difendere il futuro stesso dell'Europa. Agli europarlamentari italiani chiediamo su questi temi un supplemento di disponibilità e impegno per costuire dal basso una nuova cultura sociale e politica dell'infanzia. All'Europarlamento chidiamo norme chiare e sopratutto applicate nel

rispetto del diritto all'infanzia. Il sogno europeo si rilancia e si realizza nella misura in cui si progetta il futuro privilegiando l'infanzia e costruendo spazi di partecipazione e decisionali alle nuove generazioni. L'Europa dei bambini è l'Europa del futuro.

L’On. BONINO FUORI DALLA POLITICA ITALIANA

Le dichiarazioni dell”On. Emma Bonino pubblicate dal giornale La Repubblica ­”Penso che nelle scuole pubbliche andrebbero impedite le lezioni di ogni fede. La questione non è insegnare la religione islamica, ma di non insegnare neanche quella cattolica. Mi spiego meglio: la formazione religiosa in termini cattolici può essere solo catechesi, cioè insegnamento morale, spirituale. Dunque lo facciano i cattolici nelle parrocchie a spese dei fedeli, e i musulmani nelle moschee, e gli ebrei nelle sinagoghe²- offendono ed umiliano la stragrande maggioranza dei cittadini e delle famiglie italiane. Ancora una volta l”On. Bonino ha perso una buona occasione per tacere. La proposta del Cardinale Martino di aprire, laddove le condizioni lo favoriscano, l”insegnamento del Corano nelle scuole, non è come dice la Bonino una politica, ma una chiara azione di reciprocità, tesa a costruire concretamente una condizione di tolleranza e rispetto per ogni credo religioso. Da sempre la scuola è stato un luogo straordinario di crescita e di buona integrazione multirazziale e multietnica. Esempio vincente di questo difficile processo di crescita globale sono proprio i piccoli Comuni dove razze e credo diversi riescono a convivere armonicamente e molto spesso a collaborare per il bene comune. Nonostante quello che pensi l”On. Bonino, per le famiglie cattoliche italiane anche non praticanti l”insegnamento della religione resta un fatto importante come fortemente voluto è il momento della preghiera mattutina soprattutto nelle scuole elementari. La storia, la radice e l”identità cristiana e fortemente radicata proprio nei piccoli comuni italiani e non saranno certamente le considerazioni vuote e portatrici di una società dell”indistinto dell”On. Bonino a distruggerla. La proposta del Cardinale Martino è la nostra proposta e lavoreremo in tal senso per radicarla nella pubblica opinione nazionale perché è la giusta via per un futuro di pace nel mondo globale.

Virgilio Caivano
Politica