URGE RADDRIZZARE I CONTI PUBBLICI

La Finanziaria, i provvedimenti e le tasse…

Riceviamo e pubblichiamo:

La finanziaria ha il pregio (o il difetto) di scontentare tutti. Una parte sono scontenti perché non hanno voglia di approfondirne i contenuti e si affidano per comodità al guazzabuglio disinformativo creato dai media. Un’altra parte sono scontenti perché si vedono toccati privilegi che il governo precedente aveva messo al riparo dalle grinfie del fisco. Altri ancora sono infastiditi perché alcune misure contenute nella legge mettono in atto strumenti di controllo che creano loro sconcerto perché da molto, troppo tempo, sono abituati a dichiarare con discrezione i loro redditi al ribasso e tendenzialmente, sempre con discrezione, a dimenticarsi di pagare le tasse.

Infine, c’è una parte che è allergica alle tasse e quindi le rifiuta, anzi le combatte proprio come una malattia perniciosa.

Personalmente non sono un difensore della finanziaria così com’è stata approvata dalla Camera dei deputati, perché contiene alcuni provvedimenti troppo poco incisivi, altri probabilmente inutili e altri forse troppo edulcorati rispetto agli obiettivi che gli estensori del progetto si erano prefissi.

Devo però riconoscere che c’è stato uno sforzo da parte di questo governo per imprimere una inversione di tendenza, rispetto alla precedente legislatura, tesa a raddrizzare i conti della nostra situazione finanziaria e debitoria, così come ci è richiesto dall’Europa,

Sperando che anche il Senato con qualche necessario aggiustamento approvi definitivamente la legge, a mio parere un giudizio sulla manovra potrà essere dato solo dopo aver verificato che le misure in essa contenute abbiano realizzato i risultati prefigurati e sperati, ossia tra circa sei mesi .

Rispetto ai contenuti della legge, vale la pena soffermarsi e concentrare l’attenzione sulle entrate e in particolare sui tre filoni che hanno scatenato le ire di quanti soffrono di allergia alle tasse.

Trattasi dei nuovi studi di settore, del trasferimento all’INPS di parte del TFR e della nuova progressività delle aliquote fiscali.

Il varo di nuovi studi di settore che dovrebbero assicurare un incremento di gettito da parte degli autonomi (grosso modo pari a circa il 10% della manovra), non piace alla Confcommercio, alla Confartigianato e alle altre organizzazioni del lavoro autonomo.

Le manifestazioni di questi giorni a Milano, in proposito la dicono lunga.

Ma proviamo a riflettere. E’ proprio così tremendamente ingiurioso pensare che molte piccole aziende evadono? Oppure constatare che gli artigiani sono molto restii a rilasciare la fattura e supporre che non si tratti di una dimenticanza? E’ proprio così ingiurioso ritenere che i commercianti non si ricordano spesso di rilasciare lo scontrino o la ricevuta fiscale?

In conclusione, chiediamoci anche se un mercato così taroccato può reggere a lungo sulla scena senza provocare conflitti e reazioni violente all’interno delle stesse categorie. Praticare il dumping alla fine rovina il mercato, le imprese e l’ambiente circostante con danni inimmaginabili.

Per quanto riguarda i circa cinque miliardi di euro del TFR che vengono trasferiti dalle imprese all’INPS, Confindustria farebbe bene a ricordare che il TFR è salario differito e che, dunque, é dei lavoratori, non delle imprese. Se i lavoratori e le loro Organizzazioni sono d’accordo su questo trasferimento, non si capisce perché l’operazione non dovrebbe essere fatta.

In definitiva si può ragionevolmente prevedere che la Finanziaria non produrrà miracoli per la crescita economica del prossimo anno. Dovrebbe però centrare l’obiettivo del raddrizzamento dei conti pubblici, con una redistribuzione dei costi orientata all’equità. Che vuol dire alleggerimento del peso sulle spalle di chi sta peggio e un aggravio di quelle di chi sta meglio (e non si venga a dire che questa è ideologia). Ricordo infine che il debito pubblico ammonta a circa 1.500 milioni di euro, pari a circa il 108% del Prodotto Interno Lordo. Con un esborso ingente di interessi che annualmente gravano sullo stato, in buona sostanza sottraendoli agli investimenti per lo sviluppo e per la crescita dell’economia del Paese.

Il ministro Ezio Vanoni amava dire che il tributo equo, applicato con progressività a seconda del reddito percepito e praticato dallo stato attraverso la legge non deve essere ritenuto una gabella punitiva nei confronti del cittadino, ma un atto concreto di solidarietà e di giustizia sociale.

Novembre 2006

Valerio Dalle Grave

Valerio Dalle Grave
Politica