IL FENOMENO EMERGENTE

In Italia mai fatte, o si sono fatte poco, politiche in favore delle giovani generazioni

Desidero riprendere il tema che ho trattato alcune settimane orsono con l’intento di fornire ulteriori elementi di valutazione su un tema di grande attualità e interesse generale.

Da una osservazione sommaria dello stato dei fatti emerge chiaramente che nel nostro Paese non si sono mai fatte, o si sono fatte poco, politiche in favore delle giovani generazioni.

L’apparato produttivo in generale, spesso e volentieri ha usato i giovani come manodopera a basso costo, mentre la scuola è stata sostanzialmente estraniata da ogni e qualsiasi rapporto di connessione tra momento di studio e mercato di lavoro. Scuola e impresa, salvo poche eccezioni, sono camminate ciascuna per proprio conto mentre il Paese si stava radicalmente trasformando. Le grandi ristrutturazioni industriali degli anni ottanta hanno ridisegnato la mappa dei lavori e delle professioni e conseguentemente del mercato del lavoro, senza che imprese e istituzioni assumessero la guida di quel processo. Praticamente quello che di positivo nel contempo è stato fatto, è da ascriversi solo a felici intuizioni ed a buona volontà di quei soggetti che autonomamente avevano capito la portata di ciò che stava succedendo. Al di la di queste encomiabili scelte, che hanno saputo tenere il passo con l’evoluzione dei tempi, l’economia del Paese in generale aveva imboccato la strada dell’arretramento nella graduatoria dei paesi sviluppati, arrancando faticosamente per rimanere competitiva dentro il processo di globalizzazione. Ora, i Report della varie agenzie di studi e ricerche hanno emesso i loro implacabili verdetti corredati di statistiche e valutazioni che mettono in evidenza i nostri ritardi, i nostri punti deboli e i nostri sprechi. Nessuno dei soggetti che si affacciano sul proscenio socio – economico – politico del Paese è indenne da responsabilità. Quindi è perfettamente inutile puntare il dito contro questi o quelli, tentando in modo maldestro di scaricare proprie responsabilità. Ora è il momento di arrestare il declino, invertire la rotta e riguadagnare il terreno perduto (qualche positivo segnale si sta intravedendo). Occorre superare il dilemma conservare o innovare. Bisogna conservare i valori e le coerenze di fondo, ma contemporaneamente è necessario innovare, perché le sfide che abbiamo di fronte ci impongono una diversa capacità di interpretare i fenomeni sociali ed economici e di trovare risposte adeguate alle esigenze del lavoro e dell’impresa che cambia. Altrimenti alle giovani generazioni si offrono solo precarietà, negazione di prospettive, sfruttamento. In definitiva solo chiacchiere! Poi non lamentiamoci se tanti ragazzi si perdono nella droga o finiscono nelle bande dei violenti per scaricare le loro tensioni.

Occorre dare ormai per acquisito, che il futuro prossimo sarà caratterizzato più dal fenomeno demografico che da quello economico. Si studia più a lungo e si intraprende un percorso lavorativo in età più avanzata e l’aspettativa di vita si è notevolmente allungata. Nei prossimi anni raddoppieranno gli ultraottantenni, aumenteranno i non autosufficienti e si modificherà drasticamente il tasso di dipendenza degli anziani. La società che si prospetta è quindi profondamente cambiata rispetto al passato e le politiche dovranno essere adeguate alle nuove variabili. Allo stato dei fatti, pare evidente che la nostra attrezzatura sociale, sindacale, imprenditoriale, politica e culturale è completamente inadeguata: “E’ necessario un radicale e profondo salto culturale a partire dalla famiglia, dalla scuola e dall’impresa”. Dobbiamo essere convinti che la fraternità e la solidarietà intese come governance, come democrazia economica e come reti di interconnessione socio-politico-economica, devono diventare un programma politico. Altro che politiche neocorporative e separatiste, di distinguo categoriale, regionale, territoriale o di quant’altro! Il deficit pubblico è allo stremo, i dati confortanti sulla crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL) sono sempre al di sotto della media europea di riferimento. Se si vuole impostare una vera politica di sviluppo, bisogna capire che per farlo è necessaria una politica di risanamento. Ci sono molti temi concreti da portare al tavolo del confronto politico, dalla previdenza al fisco, al mercato del lavoro e quello dei capitali, ma è fondamentale dare la sensazione che si stia avviando un cammino a prescindere dal colore politico dei vari governi. Credo che sia il momento di porci fermamente il problema della formazione di una nuova generazione di politici, di sindacalisti, di managers e di intellettuali. Avviare una politica con questa priorità e con questi contenuti, significa offrire concrete opportunità e buone prospettive per le giovani generazioni. Certo, poi tocca a loro scendere nell’agone politico e darsi da fare. Valerio Dalle Grave

Valerio Dalle Grave
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