SVILUPPO, CON QUALI RISORSE?
Recita un proverbio che specchia la saggezza araba: “è meglio
essere sani e ricchi che poveri e ammalati”.
Il proverbio si
ferma qui, non dice come fare per raggiungere l’obiettivo del
meglio.
Il presidente Berlusconi dice di voler diminuire le tasse, di
essere rimasto il solo a credere che sia necessario diminuirle,
per rilanciare l’economia.
Berlusconi, però, non ha ancora spiegato agli italiani dove va,
e come fa, a reperire le risorse necessarie per realizzare il
suo obiettivo, senza gravare sulle tasche dei contribuenti.
Fintanto che il Governo non specificherà nel dettaglio i termini
della manovra che caratterizzerà la prossima legge finanziaria,
fanno bene i Sindacati ad essere scettici e preoccupati dalle
dichiarazioni del Premier, perché temono che l’idea di fondo sia
quella di togliere ai poveri per dare ai ricchi.
Anche l’intesa delle associazioni dei consumatori sono sul piede
di guerra a causa del continuo aumento dei prezzi, soprattutto
delle tariffe dei servizi pubblici (trasporti, energia, banche,
telecomunicazioni, assicurazioni, poste e tributi per servizi
locali), i quali erodono in modo consistente i redditi dei
lavoratori e dei pensionati.
Al di la delle proteste e delle giuste preoccupazioni di
sindacati e consumatori, resta il fatto che l’economia Italiana
è in stallo. Tutti i dati forniti dall’ISTAT, da Eurostat e
dalle Agenzie internazionali di Rating, mettono in evidenza le
difficoltà del sistema Italia e la necessità di una svolta nella
politica economica governativa.
Nei colloqui preliminari sulla necessità di un rilancio
dell’economia italiana, i sindacati si sono trovati d’accordo,
in linea di massima, con una proposta di riforma formulata da
Confindustria da inserire in Finanziaria che si articola in sei
punti: Un credito d’imposta del 10% per le imprese che duri
almeno 10 anni; finanziamenti pubblici di 10 programmi
strategici variabili tra il 35 e il 50%; la riduzione drastica
degli aspetti burocratici di gestione del sistema pubblico di
ricerca; stimolare la collaborazione tra imprese e università
attraverso un alto credito d’imposta; favorire la creazione di
uno start – up innovativo attraverso l’esenzione degli oneri
sociali; eliminare l’IRAP almeno per tutto il personale delle
imprese addetto alla ricerca.
Si noti che la proposta di Confindustria richiede finanziamenti
notevoli, ai quali ne vanno aggiunti altri per il rinnovo dei
contratti di lavoro che, dicono i sindacati, non possono e non
devono essere aumenti limitati al tasso del 2% come vorrebbe il
governo, ma devono puntare ad un sostanzioso recupero (almeno
dell’8%) della perdita del potere d’acquisto di salari e
pensioni.
Il gap crescente della competitività dell’Italia, messa a
repentaglio dalla globalizzazione e dal boom economico di Paesi
emergenti, come Cina e India, è testimoniato dai numeri che
seguono forniti da alcuni Istituti di elaborazione e analisi
dati.
Per quanto riguarda la percentuale di PIL investita in ricerca e
innovazione, l ’Italia si distingue con un 1,1% (appena
superiore alla Turchia 0,9%), rispetto al 4,3% di Svezia; 2,7%
USA; 2,5% Germania; 1,9% del Canada.
E’ fuori di dubbio che questa situazione di arretratezza deve
essere recuperata (se si vuole uscire dalla crisi), e lo deve
essere facendo massicci investimenti e utilizzando risorse che
non possono essere sottratte dal quantum della manovra
finanziaria 2005.
Quello che desta forti preoccupazioni, sia da parte sindacale
che da Confindustria, è che non si capisce dove il governo
intende reperire le risorse necessarie, stanti le insistenti
affermazioni del Presidente del Consiglio circa la diminuzione
delle tasse.
E’ legittimo, fino a prova contraria, sospettare che quella di
Berlusconi sia una “boutade” facente parte di un pamphlet di
propaganda elettorale.
Per tornare al proverbio iniziale, direi che, invece di
affannarsi a cercare il meglio, sia più saggio accontentarsi di
ricercare il possibile per risolvere il necessario.
Valerio Delle Grave
GdS 30 IX 2004 -
www.gazzettadisondrio.it