Se l'idea del partito unico e delle primarie forse la strada giusta?

DIBATTITO

E se questa volta Berlusconi avesse ragione? Se l'idea del
partito unico e delle primarie per la scelta del leader (e
appena possibile anche per la scelta dei candidati) fosse la
strada giusta? Dobbiamo chiedercelo, perchè per una volta può
essere che le parti si siano invertite: Berlusconi dice cose
giuste, e altri che molte volte difendono una sacra libertà di
pensarla diversamente, questa volta sbagliano.

Ebbene, io ne sono convinto. E non solo perché, non
dimentichiamolo, questo fu il terreno su cui ci dividemmo
aspramente nel ‘99 e nel 2000, quando noi dicevamo esattamente
le cose che lui dice oggi, e lui combatteva dalla trincea
opposta. Erano gli anni in cui lanciammo il terzo referendum
elettorale, quella per la abolizione della quota proporzionale,
che sfiorò il quorum nel ‘99, con circa 20 milioni di sì, e
cadde fragorosamente nel 2000. La conseguenza logica e
necessaria della vittoria referendaria sarebbe stata il partito
unico, e noi lo dicevamo pubblicamente. Ma non basta dire che
era giusto e avevamo ragione. Bisogna vedere se le cose valide
allora lo sono anche oggi, e soprattutto che cosa si può fare
per arrivarci.

Ebbene, non solo sono giuste: sono giustissime. La marcia
istituzionale verso la stabilità e la modernità, iniziata con i
referendum del 2001 e del 2003 devono arrivare alla logica
conclusione. Le riforme non si fanno a metà, e un sistema
politico non regge se non ha una logica e una coerenza. Questo
maggioritario per tre quarti e questo bipolarismo multipartitico
sono una via di mezzo che a lungo non regge. O si va avanti o si
torna indietro. Il ritorno indietro significa proporzionale,
ingovernabilità e atomizzazione dei partiti (nessuno si illuda
che ritornano i grandi partiti di una volta). Se non si vuole un
ritorno indietro rovinoso bisogna arrivare al traguardo, cioè a
due poli omogenei e al premier stabile perché eletto
direttamente, e alle necessarie garanzie. Il partito unico è l'ass
etto politico di questa trasformazione.

Il rischio, naturalmente, è che il partito unico diventi la
dependence di Forza Italia e di Berlusconi. Ed è questo che
muove una serie di critiche e riserve. Ed è un pericolo reale,
stiamo attenti, dato il carattere possessivo dell'uomo e della
sua organizzazione. Per questo la prima condizione è che si
facciano, sul serio, le primarie. Le primarie spostano la scelta
agli elettori, costituiscono un argine alle annessioni e alla
decisioni prese dall'alto. La seconda è che si sviluppi, contemporaneamente, una seria alternativa politica e culturale
sulla linea opposta al bossismo e al berlusconismo che hanno
sinora imperato: e cioè una linea che rivendichi un liberalismo
moderno, aperto alla solidarietà, europeista, ispirato alla
alleanza laico cattolica di De Gasperi: il che è esattamente
l'opposto del thatcherismo dogmaticamente liberista,
antieuropeo, antimeridionale, che è stato poi in questi anni la
vera anima del Polo.

Ma i o sono certo che vi sono oggi le condizioni per iniziare
ambedue queste spinte.

La logica vorrebbe che Berlusconi impostasse questo discorso e
si ritirasse, per non frenarlo con il peso della sua personalità
e del suo passato. Non vi è niente di irriguardoso nel chiedere
a un grande leader di iniziare un processo e a fare un passo
indietro per lasciare che qualche altro lo porti a termine. Se
l'uomo fosse un pò diverso e la sua autoconsiderazione un pò
inferiore varrebbe la pena di chiederglielo, privatamente e
pubblicamente. Per quel che lo conosco penso sia inutile. Ma
adesso siamo ancora alla fase precedente. Prendiamo il buono che
per oggi c'è, e cioè che Berlusconi si dichiara a favore di
queste idee, e andiamo avanti, facendo un passo alla volta. Al
resto penseremo dopo.
Mario Segni


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Mario Segni
Politica