Piccoli Comuni italiani in assemblea
5868
COMUNI, APPUNTAMENTO A TORINO
La Conferenza Nazionale
dei Comuni di minore dimensione demografica che si svolge a
Torino il prossimo 20 settembre si apre con le fugate
preoccupazioni circa il decreto Tremonti (decreto salva
deficit).
In sostanza le limitazioni poste da questo decreto finalizzate
alla limitazione della spese corrente, riguarda gli Enti
Pubblici non territoriali escludendo i Comuni da questi tagli.
L’orientamento del Ministro era quello di contenere la spesa
pubblica per quanto riguarda la gestione corrente ma non gli
investimenti degli Enti Locali.
I Comuni peraltro sono sempre soggetti al patto di stabilità
previsto dalla normativa dell’Unione Europea.
Le richieste avanzate per i piccoli comuni non sono il solito
piagnisteo cui siamo abituati da decenni ma sono la
dimostrazione della volontà di voler conseguire nuovi e
ulteriori miglioramenti delle piccole realtà.
I numeri dicono che nel nostro Paese ci sono 5.868 Comuni con
meno di 5.000 abitanti, pari al 72% dei Comuni Italiani.
I piccoli Comuni costituiscono l’ossatura delle autonomie
locali, sono determinanti per l’attuazione del decentramento,
delle politiche di sviluppo locale, per il mantenimento di
livelli minimi dei servizi pubblici essenziali. Per consentire
ad essi di svolgere al meglio queste funzioni determinanti per
riempire di contenuti l’unità del sistema Paese, è necessario
dare luogo ad organiche politiche di sviluppo, evitare norme
limitanti rispetto ai propri assetti organizzativi, dedicare
disposizioni mirate non più solo “ritagliate” dai Comuni di
maggiori dimensioni.
Spesso il legislatore, dimentica che i piccoli Comuni, hanno
caratteristiche strutturali molto differenti da quelle delle
grandi realtà metropolitane e soprattutto tali da non consentire
l’adempimento dei numerosi impegni amministrativi che la legge
impone.
La conseguenza è che oggi assistiamo ad un progressivo
impoverimento di molte piccole realtà, situate in vaste aree del
Paese, che rischiano di vedere fortemente compromessa la loro
capacità di governo e di perdere tutta la loro competitività
territoriale in un periodo storico in cui, la stessa, è
determinante.
Peraltro, tutto ciò, va traducendosi in una significativa
diminuzione dei servizi “minimi” offerti ai cittadini che
rischiano, come sempre, di subire i lati negativi di scelte
legislative poco attente a queste realtà.
L’ANCI ha dedicato da sempre una attenzione particolare per
questi enti ed è da tempo convinta che una differente disciplina
organica delle norme per i Piccoli Comuni, sia non solo
necessaria e possibile, ma possa rappresentare lo strumento di
un rilancio sociale ed economico per tutti quei Comuni che sono
oggi in difficoltà e dunque trasformare un problema che esiste
in un’opportunità nuova da offrire.
I TEMI
PRIORITARI
Solo come stimolo per un confronto politico ed istituzionale, si
elencano alcuni temi che i comuni considerano prioritari e
potrebbero costituire la base di una revisione organica della
normativa per i Comuni fino a 5.000 abitanti:
1. Incentivi per l’ammodernamento della Pubblica
Amministrazione: alfabetizzazione informatica e piano di
e-governement nazionale per i piccoli comuni. Il rischio è
quello di dar vita a “due Italie”; da un lato le città ed i
grandi centri che saranno in grado di rispondere alle offerte di
servizi in rete e pronte a partecipare alle opportunità del
piano e-government; dall’altro una miriade di piccole realtà in
cui tali opportunità tarderanno a giungere così da rafforzare
ulteriormente il gap già esistente.
2. Rifinanziamento del fondo ordinario investimenti, destinato
in gran parte ai Comuni di minore dimensione demografica almeno
nella stessa misura prevista per il 2001( 380 miliardi in luogo
dei 220 attualmente previsti);
3. Rifinanziamento dei 167 miliardi per i Comuni fino a 3000
abitanti e riduzione dell’I.V.A. per i lavori pubblici e per i
servizi che vengono erogati dagli enti;
4. Normative differenziate per i lavori pubblici, in
particolare: forte semplificazione degli adempimenti nei
confronti dell’Autorità dei Lavori Pubblici, insieme alla
semplificazione dell’attività e della modulistica di
predisposizione del programma annuale e triennale delle opere
pubbliche; nel rispetto delle direttive comunitarie; snellimento
delle procedure di scelta del contraente mantenendo inalterati
il principi di trasparenza e concorrenza; maggiore apertura
all’autonomia organizzativa dell’ente per le procedure relative
al responsabile del procedimento; accordo a livello nazionale
sulle tariffe per la progettazione, al fine di evitare la
automatica levitazione del costo delle opere pubbliche
conseguente alla definizione delle stesse in sede esclusivamente
ministeriale. Non sembra essere più sufficiente una
diversificazione normativa legata soltanto agli importi delle
opere da realizzare o dei servizi da acquisire sul mercato. A
questo criterio occorre legare quello della capacità
organizzativa che impone una riflessione su modelli gestionali
diversi per quei comuni che possono contare su pochissime unità
di personale, poco specializzate, a cui è demandato il compito
di gestire tutte le funzioni amministrative di cui il comune è
titolare.
5. Politiche generali di sostegno a favore dei Comuni minori ove
è più grave il processo di spopolamento, anche con incentivi
fiscali a favore delle famiglie e delle attività commerciali
nonché politiche di tutela e sostegno del patrimonio culturale,
artistico e paesaggistico. Assistenza agli anziani, servizi per
i disabili, asili nido, materne con uno e due bambini
rappresentano un costo elevato non sostenibile per gli enti. I
cittadini non possono essere però abbandonati. Occorre allora
attivare meccanismi fiscali che consentano alle famiglie di
sfruttare delle alternative altrettanto valide dal punto di
vista dell’offerta che consentano di sopperire alla mancanza del
servizio erogato nella forma tipica.
6. Progetti mirati al recupero o alla manutenzione del
territorio per contrastare i rischi derivanti dal cd.disastro
idrogeologico. Occorre evitare di caricare esclusivamente sulle
spalle del comune, già in difficoltà, gli oneri della gestione
del territorio: programmazione e coordinamento fra gli enti sono
le parole chiave da utilizzare per evitare di rincorrere i
problemi. Un intervento su un alveo di un fiume equivale, a
volte, al doppio del bilancio di un piccolo comune.
7. Rifinanziamento del fondo nazionale a favore della gestione
in forma associata dei servizi e delle funzioni (come previsto
dal Testo Unico sulle leggi degli Enti locali), a fronte di un
consistente aumento dei processi di aggregazione fra i Comuni,
particolarmente nella forma delle Unioni. La gestione associata
volontaria è la risposta intelligente per salvaguardare i valori
e le tradizioni campanilistiche ed assicurare efficienza al
sistema. Fuori da questa equazione solo sindacati nominalistici
ed imposizioni senza effetti: occorre lavorare in questo senso
come dimostrano i primi dati che oggi esistono per quei comuni
che hanno deciso di mettersi insieme per gestire servizi
pubblici o per esercitare funzioni amministrative.
8. Maggiore flessibilità nella gestione delle risorse umane,
prevedendo disposizioni specifiche che amplino l’autonomia degli
enti nella fase di contrattazione.
9. Abolizione del nucleo di valutazione, rimettendo allo statuto
le modalità di esercizio dei controlli interni.
10. Ripristino del mutuo annuo di 75.000 euro a carico dello
Stato per la realizzazione di opere pubbliche necessarie per la
vita della comunità, senza vincolo di destinazione.
Per la Provincia di Sondrio saranno presenti il consigliere
nazionale dell’ANCI, Lorenzo Giana, ed il consigliere regionale
Maurizio Copes Sindaco di Verceia.
Lorenzo Giana, consigliere nazionale ANCI.
GdS 8 IX 02 -
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