Non ho voluto scrivere subito…

di Mario Segni

Non ho voluto scrivere subito. Fin da lunedì sapevo di dovervi la mia interpretazione, le conclusioni alle quali siamo arrivati, che cosa faremo adesso. Ma ho preferito aspettare una settimana perché non ci fosse nulla di affrettato, perché ciò che scrivo fosse libero dalla stanchezza e dalla delusione; fosse, insomma, un ragionamento meditato.

Ebbene, la prima cosa che dico spontaneamente è che non ho una virgola da cambiare a tutto quello che abbiamo detto in campagna elettorale, a quello che ho scritto in altre newsletter, a quello che si è fatto in questi mesi. Abbiamo fatto un tentativo sacrosanto: porre le basi di un centro destra diverso, serio, libero dall'ipoteca leghista e sottratto alle pesantezze del berlusconismo. Abbiamo detto che questo era nell'interesse dell'Italia. Ne sono convinto, non rinnego una parola. L'Italia avrebbe bisogno di questo. Quello che abbiamo fatto lo difendo a testa alta, senza cambiare nulla delle convinzioni che da un anno ci hanno mosso in questa avventura. E' stata una battaglia giusta; dico qualcosa di più: è stata una battaglia nobile, della quale comunque dobbiamo essere orgogliosi.

Naturalmente bisogna guardare in faccia la realtà, che è quella della sconfitta, anzi di una pesante sconfitta. E bisogna analizzare le cause, perché se si vuole guardare al futuro occorre rendersi conto del perchè certe cose sono accadute.

L'analisi era giusta, questa è la prima considerazione. Il ciclo del berlusconismo è entrato in crisi. Una massa crescente di cittadini non ha più fiducia nel Governo e lo ha dimostrato col voto. Altra analisi giusta è che la gran parte di questi elettori non si è riversata sul centro sinistra. C'è quindi una Italia che cerca qualcosa che né Berlusconi né Prodi riescono ad offrire. Ma quella Italia non ha creduto che la alternativa potessimo essere noi. Ed è inutile trincerarsi dietro la tesi della comunicazione drogata. Che la comunicazione in Italia sia falsata è verissimo, ed è una delle cause della nostra battaglia. Ma noi sapevamo di dover fare la battaglia in queste condizioni. E, premesso questo, bisogna dire che la comunicazione della nostra iniziativa è in qualche modo passata, che la RAI, grazie anche alla par condicio, si è con noi comportata correttamente, che la nostra capacità di iniziativa, pur con forze esigue, è riuscita spesso a bucare i
mass-media. Gli italiani, o almeno una buona parte, hanno visto il nostro messaggio. Ma non li abbiamo convinti. E' questo il punto. 

Abbiamo invece sottovalutato (è questa la mia opinione) la distanza che esiste tra la conoscenza del messaggio e il voto. Poiché una larga parte di italiani era alla ricerca di qualcosa di serio e non di sinistra, e poiché questo era nell'interesse dell'Italia, abbiamo creduto che bastasse mostrarla per avere il consenso elettorale. Non è stato così, invece. Abbiamo suscitato curiosità, interesse, simpatia ma non voti. Quante persone hai sentito dire che era un peccato che non ce l'avessimo fatta? Molti di questi probabilmente, non ci hanno votato. La verità è che un messaggio ha bisogno di tempo per essere compreso, assimilato, e poi tradotto in voto. Il tempo non c'è stato. E questa è certo una delle cause. 

Il fatto è che di un partito liberaldemocratico, montanelliamo per così dire, l'Italia ha tremendamente bisogno. Perché se nelle elezioni ci sono stati parecchi sconfitti, non c'è stato nessun vincitore, con la eccezione di Follini e De Michelis, che però non mutano il quadro generale. A destra un berlusconismo ferito ma non morto, che continua a guidare la coalizione, sempre più rissosa e sempre più paralizzata. A sinistra una coalizione che non convince gli elettori moderati. E i veri liberali, quelli che vorrebbero un centro destra serio, moderato ai quali volevamo offrire una casa dove stanno? Continuano a rimanere senza casa. Insomma l'Italia ha bisogno di un partito liberaldemocratico sul serio, che sfidi il centro destra sui temi cruciali: il partito azienda e la povertà della classe dirigente, la devolution, il conflitto di interessi.

Ecco perché la mia convinzione, te lo dico con franchezza, è che noi dobbiamo continuare. Non mi nascondo le difficoltà. La botta è stata grande, la strada è in salita. Ma è una strada giusta, e il primo pezzo lo abbiamo già fatto. 

Tra qualche settimana, dopo i ballottaggi, convocherò una serie di riunioni per definire le iniziative future. Intanto, se lo credi, attendo tue considerazioni, idee, proposte. Qualunque suggerimento, osservazione, rilievo, è utile. 

Un caro saluto
Mario Segni


GdS 20 VI 2004 -
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