L'autonomia - La zona franca di Livigno - Le Regioni
ORA E' MILANO A VOLERE L'AUTONOMIA
Il consigliere provinciale di Milano Caputo ha avanzato la
proposta, ripresa dalla TV pubblica, di autonomia per la
Provincia di Milano con i suoi 187 Comuni.
Premesso che chi scrive è uno dei pochi che si è battuto a lungo
per l’autonomia della provincia, un’autonomia razionale e non
utopistica, quindi tale da essere avanzata ma da non poter
essere realizzata, merita di tornare in argomento dopo aver
sentito di questa proposta milanese.
AUTONOMIA MA NON SOLO
Autonomia ma non solo. Anche la zona franca di Livigno e la
clamorosa divisione dell’Italia in due serie: la A che riguarda
5 regioni e la B dove ci siamo anche noi, svantaggiati al
massimo visto che le tre Regioni di serie A non insulari stanno
tutte nella parte continentale dell’Italia, anzi nella parte
alpina, e adiacenze per quanto riguarda il Friuli, e i privilegi
loro concessi finiscono di fatto a determinare una concorrenza,
se non sleale quantomeno incentivata, che scontiamo sulla nostra
pelle.
AUTONOMIA ALLE ULTIME ELEZIONI
Per la verità un improvviso sussulto autonomistico c’era stato
prima delle ultime elezioni amministrative. Ricordiamo infatti
che questo punto era stato al centro della campagna elettorale
del candidato alla Presidenza della Provincia sen. Tarabini. Ne
ricordiamo lo slogan martellante uscito negli ultimi giorni
della campagna elettorale: “A un passo dall’autonomia”, colpo
elettorale certamente determinante per l’esito del voto (in una
con un errore in Alta Valle dell’ex Presidente Dioli), ma
infortunio etico. Del resto tempo dopo fu lo stesso Presidente
Tarabini in Consiglio Provinciale a prendere le distanze e a
fare un appello all’opposizione perché usasse clemenza – il
termine usato non era questo ma uno simile - nei confronti dei
suoi amici che avevano ideato e realizzato quel manifesto,
efficace vista la presa avuta in valtellinesi e valchiavennaschi
ma strumentalmente irrealistico.
Non entreremo nel merito di questa programmata e teorica
“autonomia”, che la realtà delle cose ha poi inevitabilmente
fatto finire in un angolo, e quindi della spirale polemica che
si potrebbe innescare.
DIFENDIAMO "L'AUTONOMIA" DI LIVIGNO
Ci interessa invece prendere spunto dalla proposta del
consigliere Caputo per la difesa di una sorta di autonomia non
teorica né più o meno futuribile ma reale, una sorta di
autonomia che invece esiste già: la zona franca di Livigno. E
questo almeno fino al giorno in cui spariranno altre autonomie,
reali, concrete, pesanti, ricche di privilegi, tuttora
esistenti.
Allorché si stava lavorando per una nuova legge per il
superamento della zona franca di Livigno, e anche in precedenza
quando erano emerse proposte in questo senso, reagimmo. E’ vero
infatti che le condizioni che portarono alla istituzione della
zona franca sono venute in parte notevole meno. Non in tutto.
Non va infatti dimenticato che la via più breve da Livigno “per
l’Italia” passa, d’estate, dalla Svizzera attraverso il passo
della Forcola e la strada del Bernina che si imbocca non molto
sotto il passo. Per diversi mesi all’anno per “raggiungere
l’Italia” bisogna salire in quota e superare i Passi d’Eira e
del Foscagno dove la neve, e qualche volta la tormenta, non
manca mai. In caso di urgenza l’Ospedale più rapido a
raggiungersi, e senza salire in quota, è in Svizzera. E se è
vero che la condizione economica dei livignaschi è mediamente
alta non va dimenticato Trilussa e i suoi polli statistici. Chi
non vive di turismo e commerci ha il rovescio della medaglia,
come, per fare un solo esempio, i prezzi elevati di un bene
essenziale come la casa.
CI SONO
ALTRE "AUTONOMIE" DA TOGLIERE!
Ma non abbiamo capito, né comprenderemmo oggi, per quale ragione
si dovrebbe togliere la zona franca di Livigno e lasciare invece
la serie di privilegi che hanno coloro che risiedono nelle
Regioni a Statuto Speciale.
Per quale ragione gli Aostani – che in tutto sono meno di due
terzi di valtellinesi e valchiavennaschi - pagano la benzina
molto, molto meno di noi? Sono a poco più di un’ora di
autostrada da Milano con cui sono collegati anche per ferrovia.
Hanno persino gli introiti, pingui oltre l’immaginazione, del
casinò di S. Vincent. I loro universitari sono assistiti con
costi molto ridotti rispetto a quelli delle nostre famiglie. E
così via.
Per quale ragioni la realizzazione di un impianto di risalita,
punto dolente delle nostre stazioni sciistiche, costa
enormemente di più da noi rispetto al Trentino – Alto Adige,
visto che là la Regione interviene a piene mani, determinando
vantaggi concorrenziali nei nostri confronti?
Per quale ragione noi paghiamo il bollo, e non solo quello, di
più, visto che le Regioni a Statuto Speciale, quasi tutte,
rinunciano ad applicare la tassa regionale (tanto di soldi ne
ricevono abbastanza dallo Stato)? E così via.
I
PRIVILEGI DI ALCUNE REGIONI
Perché non si pensi a una nostra visione parziale riportiamo il
testo di Report (RAI) del 28 gennaio 2001: “Le Regioni a Statuto
Speciale sono 5: Sicilia, Sardegna, Trentino Alto Adige, Friuli
Venezia Giulia, Valle d'Aosta. La loro autonomia dipende da
quanti soldi possono gestire. Al Trentino Alto Adige e alla
Valle d'Aosta ritornano il 90% delle tasse pagate dai cittadini
della regione, al Friuli Venezia Giulia ritorna il 60%, alla
Sardegna il 70%, alla Sicilia il 100%. Ma gli abitanti del
Trentino o della Sicilia sanno perché la loro Regione e' a
"Statuto Speciale"? Nessuno lo sa. Hanno però qualche vantaggio?
Certamente: il Trentino da' sovvenzioni a fondo perduto al 70%
delle imprese, in Friuli Venezia Giulia e in Valle d'Aosta e'
possibile acquistare la prima casa pagando un mutuo agevolato
dell'1%, inoltre la benzina costa 1000 lire di meno al litro. Il
Sud invece continua ad avere i problemi del Sud. La Sardegna ha
competenza sui trasporti, ma costa di meno, da Cagliari, andare
a Londra che non a Milano. L'acqua manca dalle tre del
pomeriggio. Tutte le regioni in questione però hanno un numero
esagerato di dipendenti regionali. Alla Sicilia il primato degli
stipendi: un Consigliere regionale guadagna 15 milioni al mese
ed ha diritto anche al portaborse. Sempre in Sicilia ci sono
80.000 precari a 800.000 lire mensili. Inoltre la Sicilia (unica
regione cui torna il 100% delle tasse) insieme alla Sardegna,
sono le uniche regioni a statuto speciale a chiedere allo Stato
un contributo per le spese sanitarie. Le altre 3 provvedono da
sole”.
Da altra fonte “in Valle d'Aosta ogni cittadino ha una carta che
gli permette di acquistare una certa quantità di carburante
scontato (industrie ed operatori economici hanno quantità
maggiori): 1294 lire in meno per la benzina super; 1209 per la
verde e 887 per il gasolio; In Friuli la giunta regionale per
evitare esodi di automobilisti oltre frontiera ha deciso di
agganciare il costo della benzina a quello sloveno”.
IL CASO
DELLA VALLE D'AOSTA
Infine un’altra citazione, oltre quanto detto in precedenza, e del tutto ufficiale visto che è la
relazione della Giunta Regionale della Valle d’Aosta con i dati
del 1999 riferiti ai102553 residenti.e con riferimento al 4
novembre 1999 (per avere il valore annuo basta incrementare i
valori riportati di quasi il 20%).
Si tratta dei generi in esenzione fiscale. I quantitativi
assegnati: benzina super; 16.219.520 kg; benzina senza piombo
21.303.551 kg; gasolio per autotrazione 8.568.497 kg; olio
lubrificante 800.000 kg; zucchero 3.403.515 kg; caffè 430.087
kg; birra 1.225.892 litri; alcool per la fabbricazione liquori
110.000 litri anidri; alcool incorporato nei liquori 53.298
litri anidri; petrolio 425.874 kg: g.p.l. 6.999.999 kg; olio
combustibile fluido 11.947.000 kg: attrezzature industriali
1.500.000.000 lire.
Infine, sempre con riferimento al 4.11.1999, nei 74 Comuni della
Valle d'Aosta sono stati ritirati i seguenti quantitativi di
tessere contenenti buoni e bollini per il prelevamento di
zucchero, caffè, alcool e birra in esenzione fiscale: 102553
residenti, 11 lavoratori non residenti, 31472
turisti-villeggianti ospiti in Valle d’Aosta.
COSA
DOVREBBE FARE IL CONSIGLIO PROVINCIALE
Impraticabile la richiesta di autonomia della Provincia di
Milano, così come quella di Sondrio, sulla scia però di quello
slogan elettorale, fossimo nel Consiglio Provinciale – non
importa se nella maggioranza o all’opposizione – con gli
strumenti regolamentari un dibattito in argomento. Non per fare
polemiche, ma per concordare e votare tutti insieme un
particolare appello al legislatore nazionale, un appello che
potrebbe essere raccolto da tanti altri Consigli Provinciali
italiani.
Nell’agenda di Governo, seppure in ritardo, c’è la riforma
federalista dello Stato. L’appello dovrebbe riguardare il
richiamo all’art. 3 della Costituzione che sancisce
l’uguaglianza di tutti i cittadini per arrivare all’abolizione
dell’art. 116 che invece sancisce che alcuni italiani (di
Sardegna, Sicilia, Trentino – Alto Adige, Friuli – Venia Giulia,
Valle d’Aosta) sono più uguali degli altri, figli prediletti
dello Stato, soprattutto in tema di finanziamenti). Per le prime
due, obiettivamente in condizioni socio-economiche più
difficili, è evidente che dovrebbero intervenire misure
apposite, ma senza prerogative costituzionali. Così come è
evidente che non si può cambiare tutto in quattro e quattr’otto
e che occorre una certa gradualità.
Andrebbe poi aggiunto che non si dovrebbe ripetere la storia dei
primi anni di vita delle Regioni, tese ad accaparrarsi poteri e
funzioni guardandosi bene però dall’applicare quanto previsto
dall’art. 118, terzo comma, della Costituzione “La Regione
esercita normalmente le sue funzioni amministrative delegandole
alle Provincie, ai Comuni o ad altrimenti locali, o valendosi
dei loro uffici”. Dimenticatissimo precetto costituzionale
efficacemente sintetizzato in una frase del compianto Sindaco di
Sondrio, avv. Saverio Venosta: “Le Regioni sono state lo
trumento per accentrare il potere nelle mani dei decentratori”.
Dobbiamo dire che la Regione Lombardia in fatto di decentramento
recentemente di passi in avanti ne ha fatti parecchi e ne va
dato atto, ma il processo è completo.
AUTONOMIA SI' MA POI BISOGNA SAPERCI FARE!
Qui però viene fuori l’altro problema. Sia che dovesse venire
con l’utopistica autonomia, sia che venga con il decentramento,
l’assunzione in sede locale di poteri contempla anche di saperli
gestire.
Amaramente dobbiamo constatare che alcune cose, importanti, non
sono andate bene.
Una dozzina d’anni fa ci era stato dato, e non credevamo allora
ai nostri occhi, il compito di fare noi il Piano Territoriale,
strumento importantissimo, vera leva principe dell’autonomia
reale. Siamo ancora in alto mare.
Alla fine degli anni ’70 la Comunità Unica di Valtellina si mise
in testa di progettare la riqualificazione della Statale 38, da
Piantedo a Bormio. In un anno e mezzo (!!! – tempi da ing.
Donegani) dall’incarico della progettazione si era già
all’appalto del Tartano e della Sernio-Mazzo, con la tangenziale
di Sondrio e la Mazzo-Grosio pronte a loro volta per l’appalto.
Ma ci fu l’assassinio, con molte complicità, della Comunità di
Valtellina che venne squartata in quattro pezzi vanificando il
lavoro compiuto e non solo in questo settore (Invaso della
Selvetta, Azienda Energetica di Valle, Bagni di Bormio, Piano
socio-economico, Piano Territoriale che era quanto di meglio fin
allora realizzato in Italia ecc.).
Per tornare alla strada aspettiamo ancora e l’unico progetto
abbastanza avanzato che c’è è quello della tangenziale di
Tirano, a parte il peduncolo conclusivo della tangenziale di
Sondrio che la quasi generalizzata penuria di conoscenze
territoriali, e la scarsa propensione ad ascoltare la voce dei
non molti in valle che penuria non lamentavano e non lamentano,
portò ad essere improvvisamente inserito nel contesto generale
della statale 38, con relative procedure, VIA compresa. Si fosse
guardato in là dal naso questo peduncolo sarebbe da tempo realtà
mentre oggi persiste la situazione kafkiana di una tangenziale
che finisce su …un passaggio a livello (e, al minimo, così sarà
ancora per almeno tre anni)!!!
Alberto Frizziero
GdS 28 IX 02 -
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