ELEZIONI 2004

dValerio Delle Grave

La recente tornata elettorale è stata ricca di colpi di scena sia a livello nazionale sia a livello locale. I trionfalismi e le critiche si sprecano; le autocritiche molto meno. 

Sorpresa, sbigottimento, piagnucolii e….il vecchio vezzo di attribuirsi vittoria anche quando c’è sconfitta. Si ode qualche timido “mea culpa”, ma in genere si preferisce attribuire la colpa del proprio insuccesso agli altri. Questa è ormai consuetudine della nostra stanca democrazia.

Un vecchio adagio recita: “quando si perde una guerra non è mai colpa del nemico” ma questo adagio sembra essere conosciuto da pochi.

In campagna elettorale per le elezioni europee si è parlato di tutto fuorché dell’argomento di cui si doveva parlare, ossia dell’Europa. La competizione verteva su altro.

Mentre nella campagna per le elezioni della Amministrazione Provinciale, l’unico dato chiaro che è emerso senza equivoci, è stata la frammentazione dei gruppi concorrenti (partiti?) in ben 9 raggruppamenti comprendenti complessivamente 15 liste di candidati. A ciò si aggiunga la altrettanto variopinta sequela di simboli nelle liste per la elezione di rinnovo dei Consigli Comunali, dove la mancanza di coraggio nell’identificarsi politicamente, come se dichiararsi a priori appartenenti ad uno schieramento politico fosse motivo di vergogna, non fa altro che portare acqua al mulino del paternalismo, del vassallaggio e della clientela .

Menti acute, quasi diaboliche, hanno fatto di tutto (riuscendoci) per mettere in difficoltà gli elettori e per alimentare la disaffezione verso un diritto, uno dei pochi di fatto riservati al popolo, in questa democrazia sgangherata. 

Insomma, il tutto si è svolto all’insegna della mediocrità e della confusione e l’inevitabile risultato, almeno per quanto riguarda la Provincia, sarà quello di avere un’Amministrazione rappresentativa (se va bene) di circa un terzo della gente di Valtellina e Valchiavenna.

Qualche esponente politico (politico?) ha avuto l’ardire di dichiarare che la prolificazione delle liste è stato uno stimolo positivo per l’affluenza alle urne; qualcun’ altro invece ha sostenuto che avere presentato tante liste su cui poter scegliere dimostra ricchezza di vitalità e di fantasia dei programmi.

A questo proposito sarebbe interessante fare un sondaggio tra gli elettori per sapere quanti di loro conoscono il programma della lista a cui hanno dato il voto; ma questo, forse, è pretendere troppo.

L’anomalia provinciale più eclatante, addirittura di portata nazionale, è quella di vedere in competizione al ballottaggio due esponenti dello stesso schieramento che ha governato la Amministrazione precedente . 

E’ pur vero che il senatore Provera (una vera chicca) ha dichiarato di essere in alternativa al centrodestra (vedi La Provincia del 1 giugno 2004). Ma, al di la della dubbia moralità di tale dichiarazione, dovrebbe però spiegare all’elettorato dove sta la coerenza di quanto dichiarato con la sua collocazione politica sia nel governo centrale che in quello locale.

Qualcuno ha scritto che Provera potrebbe essere l’occasione adatta a scalzare da
Palazzo Muzio l’ultimo superstite (Tarabini) di un modo di governare vecchio e superato. Affermazione che fa molto sorridere se si pensa al dilettantismo autoritaristico con cui gli uomini della Lega hanno preteso di affrontare le straordinarie questioni legate alle riforme sociali (vedi le vicende dell’articolo 18 e della riforma delle pensioni).

Qualcun altro invece tifa e spera che permanga ancora Tarabini: perché conosce, perché sa, perché garantisce la continuità (di che cosa?).

Da parte mia, mi sembra di assistere alla competizione tra la disarmante e asociale lentezza di un bradipo con la saltellante e schizofrenica mobilità di un scimpanzè.

Al di la della facezia, c’è però un problema serio che incombe ed è la approvazione del Piano di Coordinamento Provinciale. Strumento indispensabile e utile per aiutare questa provincia ad uscire dall’arretratezza in fatto di tutela e sviluppo del territorio sul piano infrastrutturale, istituzionale, produttivo, sociale e formativo. 

Entrambi i due contendenti non ne hanno parlato nei loro programmi e, potendolo approvare in tempo utile prima delle elezioni, visto che era pronto e che è costato un sacco di soldi alla collettività, se ne sono guardati bene dal farlo. Perché??? Lo diranno un giorno?

Certo, approvare il Piano di Coordinamento Provinciale, significava, e significa, assumersi grosse responsabilità di governo nella gestione del territorio, nell’utilizzo razionale e oculato delle sue risorse umane e materiali. Approvare il Piano di Coordinamento significa anche mettere tutti i Comuni e le Comunità Montane nelle condizioni di amministrare veramente e di assumersi fino in fondo la responsabilità della gestione del territorio di propria competenza e di tutte le risorse in esso contenute. Ovvio che la Amministrazione provinciale anziché fare clientela con i propri amici, trascurando i disobbedienti come sempre è avvenuto, deve esercitare un ruolo forte di coordinamento e di indirizzo verso le istituzioni minori (Comuni e Comunità Montane) e, allo stesso tempo, di tutela verso le istituzioni superiori (Governo Regionale e Governo Centrale). 

In questo caso (solo in questo caso) ci sarebbe una vera promozione in fatto di democrazia e di partecipazione, altrimenti, ogni altra direzione porta alla sola gestione del potere per il potere.

E’ evidente che ancora una volta, vista la situazione in cui siamo messi, la lotta in corso è solo per il potere; e come sempre, indipendentemente dalle promesse elettorali, vincerà il potere e perderà il popolo.
Valerio
Delle Grave


GdS 30 VI 2004 -
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Valerio Delle Grave
Politica