DENTRO LE MURA PALMA D'ORO

E la scuola in Italia?

A Cannes la Giuria internazionale ha premiato il film "Entre les murs" o - in inglese- "The Class" del regista sperimentale ed esploratore accurato delle realtà sociali, Laurent Cantet . Il successo di critica e di pubblico dimostra l'incredibile attrattiva di un soggetto centrato sul microcosmo di una classe scolastica di 14enni e i loro professori. Un abile miscuglio di finzione e di documentario che offre l'occasione per più ampie riflessioni sociali (non ne parliamo dell'Italia).

Nel film è presente una Francia meticcia rappresentata dagli alunni di una scuola di un quartiere popolare della capitale, del collegio Françoise Dolto nel ventesimo arrondissement parigino, dove Cantet ha ambientato l'adattamento di Entre les murs, libro scritto da François Bégaudeau, professore di francese che interpreta se stesso nel film ed è meravigliosamente bravo, come ogni genitore desidera che sia quello di sua figlia/o. La sceneggiatura, firmata dal regista, lo scrittore e Robin Campillo, parla di insegnamento e apprendimento, di comunicazione e di conflitti, di affetto e di intolleranza., ciò che succede giornalmente nelle nostre scuole e che lasciano annichiliti i maestri e i professori. Il film è un ritratto dettagliato degli adolescenti di oggi (look, linguaggio, attese e desideri).

Spesso divertente e sempre inventivo, Entre les murs tratta, attraverso l'interazione tra professore e alunni, tanti temi sociali, tra cui l'integrazione, il rapporto con il potere e lo spirito repubblicano. Vi appare una Francia, solidale e multiculturale, abilmente meticcia, la migliore replica ai forsennati delle notti incendiarie, dei caid adolescenziali dell'antistato, delle bande dei giovani renitenti al miracolo assimilativo, alla triade «libertà-fraternità- uguaglianza» della République. I ragazzi di «Entre les murs» sono un'antologia studiata e sapiente della adolescenza black- blanc- beur. Basta scorrere i nomi, evocativi: Passim, Cherif, Laura, Aissata…, per capire che vi sono le varie tribù della Francia che caccia gli stranieri irregolari. Il collegio Françoise Dolto si trova in un quartiere di frontiera, né ricco né povero, mezza periferia e mezza Ville lumière, saggiamente medio, con i monumenti al cemento armato e le case chic, dove non ci sono le comunità che si guardano in cagnesco, dove la vita è quella composita e in parte solidale del villaggio. Lo sfondo ideale per radicarsi questo libro «Cuore» cinematografico da cui si intuisce la soddisfazione di sé, la coesione di classe, la concordia di interessi. Il film è uno splendido investimento di "tatto e di finezza", come l'ha giudicato il Presidente francese, del regista Laurent Cantet.

Quella raccontata nel film è la gioventù che si dichiara depressa, pessimista, sospettosa del cambiamento, rassegnata e conformista., dove le classi sono miste etnicamente e si fa vedere quello che succede in un'aula quando si chiude la porta e si comincia a insegnare i valori della République.

E in Italia? La scuola sembra disastrata del tutto. Uno studio Anp in collaborazione con la fondazione Iard, dal titolo molto significativo: 'Burnout', (se l'insegnante scoppia), a firma di Salvo Intravaia apparso su Repubblica. it il 23 maggio scorso, dimostra che i problemi psichiatrici rappresentano il 70 per cento delle cause dell'abbandono scolastico dei docenti. Un dato questo che negli ultimi anni continua a salire per la difficoltà di affrontare un mondo giovanile sempre più complesso e difficile.

Il "male" degli insegnanti è in rapida crescita e i dirigenti scolastici non sanno come affrontarlo. Ma, secondo gli stessi presidi, neppure i medici sono consapevoli delle patologie psichiatriche cui gli insegnanti vanno incontro nel corso della carriera e le sottovalutano.

In Francia, dopo gli ultimi allarmanti dati sui suicidi tra i docenti, il governo è corso ai ripari affiancando uno psichiatra di supporto ogni 300 insegnanti. "In Italia , nessuno si preoccupa di un fenomeno che è soggetto ad un rapido aumento.

Di fronte ad alunni sempre più "vivaci" e ad una scuola complessa e stressante, un numero crescente di insegnanti annaspa. E i dirigenti scolastici, di fronte ai casi limite sempre più frequenti, non sanno che pesci prendere. L'indagine Anp-Iard ha preso in considerazione oltre 1.400 questionari compilati da dirigenti scolastici o stretti collaboratori all'opera in 11 regioni italiane. Due su tre hanno dichiarato di avere "dovuto affrontare, almeno una volta in prima persona, casi di disagio mentale professionale". Meno di un dirigente scolastico su 4 "è a conoscenza dei rischi di salute di origine professionale negli insegnanti: la gran parte si limita a riconoscere un malessere (il "burnout", letteralmente la "fusione") rifiutando di pensare che questo malessere possa evolvere in patologia psichiatrica".

Il grido di aiuto lanciato dai presidi, che chiedono sul tema maggiore formazione, si trasforma in atto d'accusa nei confronti dei medici. Il 40 per cento dichiara, infatti, che i medici "come l'opinione pubblica non sono informati" e "nutrono gli stessi stereotipi dell'opinione pubblica. Anche secondo i medici fare l'insegnante sarebbe un lavoro leggero. "Da quando - dichiara Giorgio Rembado, presidente dell'Anp - sono venuti in superficie i numerosi contrasti che il confronto intergenerazionale provoca dentro le aule l'opinione pubblica sta scoprendo una realtà tanto dissimile dall'idea di scuola che si era fatta da far gridare, anche a ragione, all'esplosione di un'emergenza educativa".

Emergenza che richiede "un approccio più ragionato attraverso l'utilizzo degli strumenti che l'analisi scientifica mette a disposizione". "Il malessere di cui si parla - spiega Rembado - affligge in primo luogo gli insegnanti" ma non dobbiamo dimenticare "il dovere di tutelare gli studenti di fronte a docenti colpiti da sindrome di disagio mentale professionale". Insomma, "non si può girare la testa dall'altra parte". Già, ma se le famiglie non collaborano??? Domenica, a tavola con me c'erano quattro giovani insegnanti. Molto motivate nel loro lavoro, ma avvilite per il disinteresse delle famiglie oppure spaventate dalla strenua difesa delle madri - qualunque cosa facciano i loro adorati pargoli- . Pure su La Stampa del 28 maggio 2008, a firma di Elena Loewenthal c'era un articolo molto pungente contro gli "scellerati scudi che sono ormai il comodo emblema della genitorialità a scuola:"Povero il mio bambino/a! Ora lo/a difendo io"

Ben venga, allora, il patto di corresponsabilità che entrerà in vigore dal prossimo settembre e dovrà essere firmato dai genitori, impegnandoli a risarcire i danni eventualmente commessi dai loro figli. La scuola divenga di nuovo tale ed educhi.

Maria de Falco Marotta

Maria de Falco Marotta
Società