E LE SETTE VACCHE MAGRE?
Di fronte alla palude politica che abbiamo avuto dopo le Election Day 2008 in Italia, non c'è più da stupirsi di niente. We can( noi possiamo) immaginare tutto e per tutti. Fuorché, ovviamente, per coloro che sono fuori dai nostri confini( ma non è poi tanto difficile collegarsi con gli altri con Internet e You Tube). Cerco di rappresentarmi il motivo della vittoria di Berlusconi & Company. E' naturale che la gente comune in Italia, non sentendosi mai protetta dal governo, abbia scelto una coalizione politica in cui è incluso una Lega Nord( ma i suoi rappresentanti a Roma hanno percepito e percepiscono ugualmente circa 50 milioni al mese, più le varie prebende) che promette di armarsi di fucili e varie se non viene attuato un certo federalismo o altre leggi, se non é protetta, se non è pagata giustamente. Sull'onda del forte malumore provocato dalla Sinistra, nel suo insieme, la povera gente (ma è detto nel senso migliore del primo Novecento, quando la nostra povera "gente" emigrava in America, Austrialia) ha votato per il PdL( ma quale libertà???).Ma il bello che anche in Sicilia c'è la Lega. Come la metterà Berlusconi? Combinarle insieme, sarà un vero impegno di statista.
Sia come sia, alla gente fiduciosa non è stato mai prospettato il futuro oscuro che a base di lotte per avere il pane (ma non il salame) si sta estendendo nel mondo intero, a partire dall'Asia. Potrebbe sembrare incredibile. Persino impossibile. Eppure è così. Il tema che sarebbe dovuto essere al centro del dibattito politico, tanto più nel suo momento cruciale, non c'è stato. E neanche alla periferia, che ne so, magari annidato in qualche passaggio secondario di un comizio... Niente. I due protagonisti principali di questa desolante vicenda elettorale di molto hanno parlato, di Ronaldinho e di Totti, di donne e di film, l'uno svendendo bolli automobilistici, l'altro spacciando l'ottimismo come nuova virtù teologale, ma alla questione neppure un accento.
E gli altri, i «piccoli», erano probabilmente troppo occupati a portare a casa la pelle, per guardarsi anche solo intorno.
Mi collego, naturalmente, all'allarme lanciato dal Direttore generale della Fao, il senegalese Jacques Diouf, a Roma, proprio nel giorno della kermesse finale della nostra campagna elettorale, a proposito della «crisi alimentare globale» in corso, destinata ad aggravarsi drammaticamente nei prossimi mesi: «Se il cosiddetto Nord del mondo non cambierà modello di sviluppo - ha detto -, la bolletta per i cereali nei Paesi poveri continuerà a crescere e le rivolte popolari e sociali che oggi colpiscono Egitto, Tunisia, Senegal, Burkina Faso, Camerun, Guinea, Haiti e tanti altri paesi poveri, dilagheranno». Il giorno prima Robert Zoellick, il Presidente della Banca Mondiale -, non era stato meno allarmante, dichiarando che «l'aumento dei prezzi degli alimentari taglierà almeno sette anni sul cammino della riduzione della povertà» a livello mondiale, ottenendo la stessa sordità da parte del mondo politico. E anche in quello giornalistico.
Eppure, se si guardano i dati, allarmi come questi appaiono persino moderati. Addirittura reticenti. Ci parlano di un'emergenza globale in atto, destinata molto probabilmente a cambiare radicalmente gli scenari politici e sociali, non solo alla periferia del mondo, ma anche nei suoi vari centri, nelle cittadelle dello sviluppo e del cosiddetto benessere. Il prezzo del grano, ad esempio, che nell'ultimo anno ha subito un aumento del 56% - come è stato detto in questi giorni -, è tuttavia da almeno un quinquennio (da quando siamo entrati in una nuova fase della globalizzazione) che sale con continuità: costava 161 dollari alla tonnellata nel 2003, è salito a una media del 10% all'anno fino al 2006, poi del 10% al mese a partire dall'inizio del 2007. Oggi costa più di 480 dollari, con un aumento di più del 400% nel quinquennio! Il riso, che implicava 300 dollari alla tonnellata nel 2000, oggi è quotato 880 dollari (quello di media qualità, mentre quello aromatico di alta qualità «schizza per la prima volta oltre i mille dollari», esattamente come la quotazione dell'oro).
Il frumento entra costitutivamente nell'alimentazione di base di almeno due terzi della popolazione mondiale: quella che destina all'alimentazione circa l'80% del proprio reddito. Dal riso dipende la sopravvivenza di due miliardi e mezzo di persone nella sola Asia, dove si concentra oltre un miliardo di poveri assoluti (quelli con meno di 2 dollari al giorno). E' stato calcolato che per ogni punto percentuale in più nel prezzo dei cereali, circa 16 milioni di persone si aggiungeranno a quelli che già sono a «rischio fame»; e che già allo stato attuale delle cose nel mondo circa 25.000 persone al giorno muoiono di fame o per cause correlate alla povertà. Che accadrà se l'attuale dinamica dei prezzi dovesse prolungarsi, o anche solo se non si verificasse una consistente riduzione?
La questione è tanto più allarmante se si considerano le cause «dell'inflazione alimentare». Giocano, alcuni fattori contingenti: condizioni climatiche avverse, il gelo cinese, la siccità australiana, i parassiti del riso vietnamiti. E la devastante «finanziarizzazione» del mercato alimentare - il boom dei prezzi sui cereali, diventati appetitose occasioni di investimento speculativo dopo la crisi dei mutui e la caduta del mercato azionario - da cui dipende la catastrofica «volatilità» dei prezzi alimentari (solo nell'ultima settimana alla «borsa» del riso il costo è salito di 100 dollari...). Ma tutti gli analisti sottolineano le ragioni «strutturali» del fenomeno. Tutti, con esasperante monotonia, ricordano, nell'ordine, oltre ai mutamenti climatici, la riduzione delle terre coltivate e delle risorse idriche consumate dall'industrializzazione, l'aumento del tenore di vita di parti non maggioritarie ma consistenti di popolazione in Cina e in India oltre alla dissennata corsa ai carburanti biologici, scatenata dall'Occidente, Stati Uniti ed Europa in testa, come risposta alla crisi petrolifera. Fattori tutti, senza eccezione, difficili da modificare in tempi brevi, connessi come sono al nostro sistema di vita. Fattori «strategici» del modello socio-produttivo e dello stile di vita caratteristico della «società globale» quale è stata pensata e realizzata come unico sistema possibile e perseguibile! E quale si rivela, invece, umanamente e socialmente insostenibile.
Siamo dunque, si direbbe, alla resa dei conti. O meglio: al punto in cui l'umanità - il pianeta - ci presenta i conti della nostra follia. Può darsi che a Roma si considerino semplici rumori di fondo lo strepito delle rivolte per il pane (e per il riso) che viene dalle periferie dell'occidente. E che affaristi e buonisti variamente contrapposti o ricombinati, pensino che potremo continuare a giocare nella fiera della vanità che è diventato lo spazio politico mediatizzato; che le cose serie saranno il bollo auto o le grandi opere, il business di Publitalia o quello delle cooperative non più rosse. Ma non sarà così. Intanto perché la tragedia delle periferie è destinata a varcare i nostri confini, non solo in forma di flussi migratori, ma anche di «inflazione alimentare» indotta. Di «importazione di poveri» non solo perché i poveri del mondo muoveranno verso di noi, ma anche perché i nostri poveri aumenteranno. Già stanno ingrossando, con i prezzi alle stelle della pasta, del pane, del riso e del latte. E poi perché nessuno può più, moralmente, ritenersi innocente per quanto avviene là, nel momento in cui, anche solo con una scelta di consumo, un pieno in più all'auto, un investimento in banca, un piatto in tavola, si decide il destino di altri, invisibili ma reali.
Forse allora, davvero, quello di questi giorni appena trascorsi, è stato un gioco, a cui milioni di noi abbiamo scherzato con gli occhi bendati. Spero vivamente che a qualcuno dei nostri allegri eletti venga in mente il passo biblico di Giuseppe in Egitto che rivela al faraone il sogno delle famose sette vacche grasse e magre. Il guaio è che per tutta l'umanità si stanno avvicinando pericolosamente solo le vacche magre. E il disastro più grosso è che ancora nessun politico italiano ne parla e tenta di proporre qualche rimedio. Ma già, ora la loro occupazione maggiore è vedere di mettere questo o quell'altra al ministero X o Y, ignorando stolidamente i problemi gravi dell'umanità. Tanto, noi stiamo magnificamente( non tanto se ci sono famiglie che non arrivano a fine mese e vanno elemosinando, con grande vergogna, un po' di cibo nelle varie Onlus sia laiche che religiose).
Cominciamo dagli sprechi
Nelle discariche italiane finiscono ogni giorno ben 4 mila tonnellate di avanzi ancora consumabili. Non solo: nel corso del 2008 ogni italiano produrrà qualcosa come 27 kg di avanzi di cibo, che corrispondono a 584 euro buttati, se si calcola il costo del cibo sprecato. Secondo alcune stime, finiscono nel pattume il 15% del pane e della pasta, il 18% della carne e il 12% della frutta e verdura che gli abitanti del Belpaese acquistano quotidianamente (dati contenuti nel rapporto 2007 della Siticibo). Ma non ci sono soltanto gli scarti che finiscono direttamente nei cassonetti o nei raccoglitori dell'umido. C'è anche da chiedersi che fine fanno per esempio gli yogurt dal bancale del supermercato non ancora scaduti. Oppure le lasagne non consumate di un ristorante, di una mensa scolastica, o i mandarini invenduti dell'ortolano all'angolo. E le casse di verdura con ortaggi leggermente ammaccati del supermarket.
RECUPERO DEL CIBO SPRECATO - Cosa c'è dietro alle quinte dei magazzini della grande distribuzione? Dove finiscono tutti gli scarti, gli alimenti non ancora scaduti, ma tolti dal commercio per gli errori più svariati e grossolani, come il cambiamento del packaging, errori di trascrizione delle etichette, misure non conformi alla vendita, vicinanza della data di scadenza ecc...? Una risposta l'hanno provata a dare alcune organizzazioni che hanno fatto del recupero del cibo ancora utilizzabile la loro missione. Cibo che, anziché finire in discarica, grazie al loro contributo finisce dove ce n'è maggiore bisogno, ad esempio nei refettori pubblici o presso enti caritatevoli. «Non c'è dubbio che con un po' più di coscienza etica si potrebbe trasformare l' avanzo in risorsa e lo spreco in sviluppo sostenibile» dice Giuliana Malaguti, responsabile del progetto Siticibo di Milano. Una delle realtà consolidate in questo campo è il Banco Alimentare, uno dei promotori verso il Parlamento di quella che oggi è comunemente conosciuta come la legge del Buon Samaritano, vale a dire la normativa che disciplina la distribuzione dei prodotti alimentari ai fini della solidarietà sociale. Se a Milano il Banco Alimentare è una certezza acquisita, da Bologna arriva un'altra risposta alla riconvertibilità della eccedenza alimentare, grazie ad uno studio scientifico che si è concretizzato nella realtà. «La richiesta di cibo è potenzialmente infinita - spiega il professor Andrea Segrè, preside della Facoltà di Agraria di Bologna e ideatore del progetto Last Minute Market" - e solo nel 2007 abbiamo "salvato" 283 tonnellate di rifiuti, al lordo degli imballaggi, oltre a beni alimentari ancora perfettamente idonei al consumo, riuscendo ad offrire gratuitamente 504.671 pasti, sostenendo così l'alimentazione di 2.206 persone». La prima pietra del progetto LMM è stata posata nel 1998. Il Last minute market permette il recupero dei prodotti alimentari invenduti, ancora idonei per l'alimentazione L'attività che Last Minute Market svolge, consiste nello studio e nell'attivazione di procedure fiscali, igienico- sanitarie, operativo- logistiche sino alla realizzazione di un prototipo operativo. Il servizio di consulenza di LMM è rivolto alle Asl, ai comuni, alle province, oltre che ad imprese piccole e grandi e mercati all'ingrosso. Siamo, detto fuori dai denti, un Paese assai sprecone e poco attento a quello che ci passa accanto, nel bene e nel male. Cosa è successo?
Un terremoto nella globalizzazione
I grandi cambiamenti demografici, migratori, tecnologici, economici, energetici, climatici e strategici, che hanno segnato il passaggio di secolo, hanno mutato in pochi anni il volto del pianeta. La globalizzazione mostra tutta la sua ambivalenza: migliorano le condizioni di vita e di reddito di milioni di uomini, che per la prima volta hanno accesso allo sviluppo, ma le disuguaglianze tendono ad accentuarsi, mentre le turbolenze dei mercati finanziari ripropongono rischi di recessione e sollecitano una nuova regolazione. Il recente protagonismo della Russia, il riemergere della Cina, l'affacciarsi dell'India e di nuovi Paesi leader continentali stanno disegnando un mondo inevitabilmente multipolare e assai meno eurocentrico. In un contesto in rapida evoluzione e contraddistinto da elevata instabilità, l'Italia deve cambiare, se vuole sopravvivere. Probabilmente siamo davanti al più brutale processo di razionalizzazione politica che si sia mai visto in Italia. Sparisce dal Parlamento un cartello elettorale, la Sinistra Arcobaleno, che riuniva partiti capaci in astratto, ma anche per storia politica alle spalle, di superare il dieci per cento.
La sinistra anticapitalista si trova ai margini della politica, fuori dal gioco, esclusa dal circuito istituzionale. È di nuovo una sinistra extraparlamentare.
La realtà complessiva è che finiscono in fuorigioco la vecchia Rifondazione comunista, i Verdi, i Comunisti italiani e quella frazione ex diessina che non aveva accettato la confluenza nel Partito democratico.
Insomma, ad essere crudi, l'Italia si ritrova come ai tempi di Masaniello: combatte per la sua sopravvivenza locale, neanche nazionale. Però è necessario che il suo sguardo vada oltre i confini perché la fame nel mondo incalza e non ci lascerà più tanto spazio. Che schifezza che gli uomini più votati dai nostri concittadini, non accennino neppure in un inciso, i compiti che toccheranno all' Italia per drizzare il mondo. Ecco, intanto, in sintesi brevissima, il mondo oltre noi in cui siamo.
Il pianeta ha fame
Un mondo condannato alla fame ed alla sofferenza. Sono 800 milioni le persone, da un emisfero all'altro, che soffrono di fame. E non basta, perché la malnutrizione riguarda un numero ben superiore di persone: oltre 2 miliardi. Nel corno d'Africa, cuore della disperazione, l'80% della popolazione soffre di gravi malattie legate alla malnutrizione. I bambini sono soggetti alla caduta di capelli, fino alla calvizie, alla perdita delle unghie e talvolta anche del primo strato di pelle. I1 mondo è pieno di affamati perché le risorse sono mal distribuite. Per questo non è sufficiente aumentare la produzione alimentare, ma combattere la lotta su più piani: da una parte sviluppare l'agricoltura nelle zone più povere, proteggendo le economie rurali, e dall'altra correggere certi effetti dell'economia globalizzata: caduta dei prezzi dei prodotti agricoli, diffusione incontrollata delle colture industriali volute dai gruppi economici più forti, liberazione dei contadini e dei paesi poveri dal giogo dell'indebitamento. Occorrono interventi strutturali in grado di modificare le tendenze spontanee dell'economia mondiale. È necessario che i bisogni ed i contributi dei paesi in via di sviluppo ottengano una giusta considerazione nel commercio mondiale. Liberare dalla fame significa anche liberare dalla guerra.La FAO ha calcolato in 10 centesimi di dollaro a persona all'anno il costo di una integrazione a base di ferro. (l'anemia è la principale malattia da regime alimentare - colpisce un miliardo e mezzo di persone) del cibo destinato alle persone anemiche. Nella sola India un'operazione del genere verrebbe a costare 44 milioni di dollari l'anno. In Thailandia si è avuto successo con un programma che, prima di aggredire la malnutrizione combatte la povertà. Il programma ha dato vita ad una serie di iniziative produttive che comprendono l'introduzione di tecnologie agricole più moderne, la creazione di migliaia di centri di allevamento di bestiame, ed il miglioramento delle strutture educative e dei servizi sociali: la carenza di proteine è stata ridotta così da una prevalenza del 51 fino al 21% in termini globali, mentre le forme più drastiche di malnutrizione sono calate dal 2,1% allo 0,01.
Il RAPPORTO UNICEF
Ogni anno 11 milioni di bambini muoiono per cause facilmente prevenibili e molti altri si "perdono in mezzo ai vivi", resi invisibili dalla miseria,non registrati alla nascita o costretti a lavorare in condizioni estreme. Come i bambini soldato, o quelli nei bordelli, vittime dello sfruttamento sessuale. Oltre 600 milioni,sotto i 5 anni, devono sopravvivere con meno di un dollaro al giorno, 200 milioni sono affetti da rachitismo per malnutrizione e oltre 110 non vanno a scuola.
AIDS
Ogni minuto 6 ragazzi sotto i 25 anni vengono infettati dall'HIV e l'AIDS colpisce soprattutto l'Africa: su 2,8 milioni di persone morte lo scorso anno il 79% erano africani.
RACHITISMO
Carenze alimentari e mancanza di cure adeguate pregiudicano la crescita del bambino nei primi anni di vita. Nei Paesi in via di sviluppo il 39% dei piccoli sotto i 5 anni é affetto da rachitismo, mentre sono oltre 170 milioni quelli sottopeso.
VACCINAZIONI
30 milioni di bambini non sono protetti dalle vaccinazioni obbligatorie (nel primo anno di età) e tra questi 11 milioni muoiono per malattie che si potrebbero prevenire.
ACQUA E SERVIZI IGIENICI
Più di un miliardo di persone continua a non avere accesso all'acqua potabile ed un terzo della popolazione mondiale non dispone di servizi igienici, soprattutto in Cina, Congo, Etiopia, India. Mentre sono 2 milioni i bambini che muoiono per malattie diarroiche ed altri disturbi legati al consumo d'acqua.
MATERNITA' ASSISTITA
44 milioni di donne non ricevono alcuna assistenza durante la gravidanza ed il parto. Questa é ogni anno la causa di morte di circa 600.000 puerpere e 5 milioni di neonati prima, durante il parto o nella prima settimana di vita. Ancora oggi nel mondo oltre 130 milioni di donne hanno subito la mutilazione degli organi genitali.
COSA FARE
Tutti gli uomini devono e possono battersi per la tutela dei diritti umani, troppo spesso violati. Non può esserci sviluppo se questo non è planetario, ed obiettivi dello sviluppo sono quelli di assicurare una condizione di vita dignitosa, un'alimentazione adeguata, un'assistenza sanitaria, istruzione, lavoro e protezione contro le calamità.
Intervenire in aiuto delle Nazioni povere e di combattere la povertà attraverso ogni mezzo: sostenere i programmi internazionali; diffondere il messaggio con campagne di informazioni capillari e ripetute nel tempo al fine di sensibilizzare sempre più il cittadino; promuovere incontri con le Istituzioni cooperando con esse per istituire centri di raccolta e per formalizzare programmi ed interventi educativi; attivarsi con i media per diffondere l'obbligo della difesa dei diritti umani (Cfr.: from www.alertnet.org/). E per tornare ai nostri nuovi( ma tanto vecchi) politici che si affrettano ad occupare sedie in Parlamento più che passarsi una mano sulla coscienza per dare una mano sul serio all'umanità sofferente, vogliamo suggerire solo: ricordatevi che siamo cenere e in cenere ritorneremo.
Maria de Falco Marotta