PRO LIFE (LIGHT)…

A proposito di aborto

Quel ciccione che gira tra i partiti col suo cartello Pro Life dovrebbe aggiungere almeno l'aggettivo Light che in inglese significa "magro, leggero", visto che lui proprio non lo è e si è fatto promotore di una campagna o di una sanatoria contro l'aborto, come dice lui, dietro i "buoni consigli" di un alto prelato , il famoso ed intelligente Card. Ruini, senza sapere minimamente che cosa voglia dire per una donna "abortire".

Sui giornali di questi giorni vengono raccontate fatti agghiaccianti di giovani ragazze che per un motivo grave o un altro, lasciano la loro pelle, oltre al loro figlioletto perché non vogliono ricorrere alla legge 194, terrorizzate come sono dal clima di "caccia alle streghe" che percorre attualmente l'Italia che avrebbe ben altri problemi da risolvere.

E' incredibile che perfino partiti che avevano detto sì alla legge per la tutela della maternità, ora tentennano dietro la sporca campagna che si è avviata per la, diciamo così, difesa della vita sin dal suo concepimento. Il tanto ipocrita Pier Ferdinando Casini che se la deve vedere brutta (ma no, tanto il clero è con lui) in un'ultima trasmissione di Porta a Porta (te la raccomando) ha detto con la sua bella faccia di bronzo che proporrà una commissione d'inchiesta sulla 194 per indagare sull'inattuazione di alcune parti della legge. E perché non l'ha fatto prima???

Ma è possibile che, gira e gira, ci devono andare di mezzo sempre le donne, senza che si pensi per un attimo quale choc atroce deve essere per la disgraziata che si sottopone ad un aborto di cui le resteranno( quando se la cava) sulla pelle i segni dolorosi per tutta la vita?

Cosa dice la legge 194, approvata il 22 maggio 1978 (alcuni stralci)

Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza.

1. Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L'interruzione volontaria della gravidanza, di cui alla presente legge, non e' mezzo per il controllo delle nascite. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle proprie funzioni e competenze, promuovono e sviluppano i servizi socio-sanitari, nonché altre iniziative necessarie per evitare che lo aborto sia usato ai fini della limitazione delle nascite….

4. Per l'interruzione volontaria della gravidanza entro i primi novanta giorni, la donna che accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui e' avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito, si rivolge ad un consultorio pubblico istituito ai sensi dell'articolo 2, lettera a), della legge 29 luglio 1975 numero 405 (2), o a una struttura socio-sanitaria a ciò abilitata dalla regione, o a un medico di sua fiducia (2/cost)….

6. L'interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata: a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna; b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna….

12. La richiesta di interruzione della gravidanza secondo le procedure della presente legge e' fatta personalmente dalla donna. Se la donna e' di età inferiore ai diciotto anni, per l'interruzione della gravidanza e' richiesto lo assenso di chi esercita sulla donna stessa la potestà o la tutela.

14. Il medico che esegue l'interruzione della gravidanza e' tenuto a fornire alla donna le informazioni e le indicazioni sulla regolazione delle nascite, nonché a renderla partecipe dei procedimenti abortivi, che devono comunque essere attuati in modo da rispettare la dignità personale della donna. In presenza di processi patologici, fra cui quelli relativi ad anomalie o malformazioni del nascituro, il medico che esegue l'interruzione della gravidanza deve fornire alla donna i ragguagli necessari per la prevenzione di tali processi. ..

17. Chiunque cagiona ad una donna per colpa l'interruzione della gravidanza e' punito con la reclusione da tre mesi a due anni. Chiunque cagiona ad una donna per colpa un parto prematuro e' punito con la pena prevista dal comma precedente, diminuita fino alla metà. Nei casi previsti dai commi precedenti, se il fatto e' commesso con la violazione delle norme poste a tutela del lavoro la pena e' aumentata.

18. Chiunque cagiona l'interruzione della gravidanza senza il consenso della donna e' punito con la reclusione da quattro a otto anni. Si considera come non prestato il consenso estorto con violenza o minaccia ovvero carpito con l'inganno. La stessa pena si applica a chiunque provochi l'interruzione della gravidanza con azioni dirette a provocare lesioni alla donna…

Ma davvero???

I metodi più usati in Italia e nel mondo

In Italia sono due i metodi per evitare una gravidanza non desiderata, la pillola del giorno dopo e l'aborto chirurgico. Nel resto del mondo i metodi sono tre.

In Italia sono due i metodi per evitare una gravidanza non desiderata, la scelta non è una vera scelta ma dipende dallo stadio d'avanzamento del concepimento.

Il primo metodo, il più utilizzato, è l'assunzione della Pillola del Giorno dopo, la dose è composta di un mix di ormoni (quelli utilizzati nella normale pillola anticoncezionale ma con un dosaggio maggiore) da prendere subito dopo il rapporto sessuale a rischio. Sono due pillole vendute in farmacia (da assumere una a 12 ore di distanza d'altra) , da assumere immediatamente dopo il rapporto giudicato a rischio e non oltre le 75 ore dopo. Il margine d'efficacia di questo metodo è del 95%, la trafila per averla non è sempre lineare e spesso si può incappare in fastidiosi problemi. Per poterle acquistare, difatti, bisogna farsi rilasciare la ricetta medica obbligatoria reperibile presso un ospedale dotato di pronto soccorso ginecologico o dal proprio medico curante.

Il problema principale consiste nella disponibilità del medico di turno al rilascio che, potrebbe essere contrario a questo metodo per l'interruzione di gravidanza e rifiutare la richiesta. L'efficacia della pillola del giorno dopo è strettamente legata al momento della sua assunzione, quindi, più l'iter per il suo reperimento è lungo e maggiori sono le possibilità di incappare in una gravidanza non desiderata.

Quando questo succede, quando appunto il concepimento va avanti, l'altra soluzione possibile è l'interruzione volontaria di gravidanza (IVG), in Italia c'è solo un metodo per arrivare all'aborto. Accertata la gravidanza tramite l'apposito test o un'ecografia, la donna si reca all'ospedale e fa l'apposita richiesta di IVG, dopo questo primo passaggio alla donna saranno dati sette giorni e sette notti, che per legge devono trascorrere per evitare ogni sorta di "ripensamento" e che in verità rappresentano un vero e proprio calvario psicologico. L'interruzione di gravidanza è legale in Italia dal 1978 ed è regolata dalla legge n.194/78. Fino al 90° giorno è sufficiente la richiesta della donna controfirmata da un medico non obiettore. Fino ad ora l'unico metodo abortivo utilizzato in Italia è stato quello chirurgico, che prevede solitamente di eseguire lo svuotamento chirurgico dell'utero in anestesia generale . Esso di norma è eseguito dopo la 7ª settimana..

Dunque in Italia, per evitare una gravidanza non cercata si può ricorrere in un primo momento alla pillola del giorno dopo e se questo metodo non funziona si deve per forza di cose ricorrere al metodo chirurgico. Per forza di cose, perché, in verità un altro metodo ci sarebbe ed è l'aborto farmacologico. Da oltre dieci anni in tutto il mondo dalla Comunità europea, negli Usa, in Canada, in Australia, nei paesi dell'Est, in India, in Cina e in quasi tutti i paesi dove l'aborto è legale, all'infuori dall'Italia, è diffusissima l'utilizzo del mifepristone (RU 486), una pillola abortiva, che agisce bloccando gli effetti del progesterone, l'ormone che permette alla gravidanza di andare avanti. Un mix di due pillole, il mifepristone appunto e misoprostolo, da assumere una a distanza di tre giorni dall'altra, un farmaco della famiglia delle prostaglandine, che agendo su un utero preparato dal mifepristone provocherà, dopo un periodo di attesa, l'espulsione dell'embrione e l'aborto. L'utilizzo dell'aborto farmacologico è un metodo assolutamente non traumatico e non invasivo una procedura che i Paesi di tutto il mondo ha già, da oltre dieci anni sperimentato e messo in commercio.

In Italia questo metodo non è legale, il dibattito sulla sperimentazione dell'aborto farmacologico va avanti da molti anni. Anche a Sondrio vi fu parecchi anni fa, un convegno con un medico della Mangiagalli, il quale tutto disse fuorché l'utilità scientifica della pillola. Ne nacque un feroce putiferio, visto che era stato organizzato da un'associazione cattolica, però il giorno dopo l'allora arciprete don Sandro, chiese scusa alla sottoscritta che aveva posto al medico ostetrico un quesito etico stringente: se era meglio che una donna fosse morta per un infuso di prezzemolo (allora era su tutti i quotidiani), oppure, per salvarsi la vita, avesse assunto la RU 486. Non seppe rispondere. Ando per campi ed aie e i medici presenti fuggirono alla chetichella.

Non uccidere( (Es. 20:13; Ge. 4)

Noi viviamo in una società che si dice civilizzata, nondimeno è una società dove si uccide, ed in tanti modi, una società dove quotidianamente (anche solo per finzione scenica), si celebra o si mostra l'omicidio e la criminalità, dove decade ogni scrupolo e rispetto umano. In ogni caso, viviamo in una società violenta. E' una grande contraddizione questa: se da una parte la scienza moderna ed i sistemi di prevenzione e cura nella società sono così avanzati, dall'altra viviamo all'insegna dell'omicidio e del disprezzo della vita umana. Per i credenti la vita appartiene a Dio: è Lui che la rende possibile e che la sostiene. Dio è sovrano sulla vita, e solo Lui ne può disporre. Noi -come esseri umani- possiamo muoverci in questo campo solo nella misura in cui ci è espressamente consentito. Quando noi sopprimiamo arbitrariamente la vita o semplicemente la danneggiamo, noi interferiamo colpevolmente nell'opera di Dio, ponendoci come Suoi avversari ed esponendo noi stessi ad inevitabili conseguenze. La vita umana -a cui in modo particolare si rivolge questo comandamento- ha poi una sua particolarissima dignità perché l'essere umano -secondo la Bibbia- è una creatura unica nel suo genere, l'unica ad essere stata creata ad immagine e somiglianza di Dio (Gn. 1:26), pertanto essa deve essere oggetto di particolare cura. Quando il quinto comandamento ci comanda di non uccidere esso ci proibisce qualunque lesione, offesa, ed ingiusta soppressione della vita umana, si condanna l'uso della violenza, ma anche le sue cause: l'odio, l'ira, il desiderio di vendetta. E' possibile infatti uccidere noi stessi o gli altri in tanti modi: fisicamente, mentalmente, emotivamente, e spiritualmente. Dio, nel sesto comandamento proibisce ciascuno di questi modi d'uccidere. Dice la Scrittura: «Chiunque spargerà il sangue di un uomo, il suo sangue sarà sparso per mezzo di un uomo, perché Dio ha fatto l'uomo a Sua immagine" (Ge. 9:6). Inoltre se non vogliamo rinnegare ogni umanità, dobbiamo averne riguardo come della nostra propria carne, dei nostri simili. Inoltre il sesto comandamento promuove il rispetto di qualsiasi vita umana e il prendersi cura della salute e dell'integrità di noi stessi e degli altri. E chi più della madre ha cura del proprio figlio che è il prossimo della sua carne?

L'aborto nella storia

Anche nella più remota antichità l'aborto è stato praticato e di esso si hanno notizie in testi cinesi, assiro babilonesi ed egizi sin dal 2000 a. C., fino ai Veda, libri sacri indiani collocabili al V secolo a.C.

Nell'antica Grecia, patria del sapere e della saggezza, Ippocrate vietava al medico di interrompere la gravidanza, anche se nei suoi testi trattava in maniera esaustiva l'argomento, indicando i rari casi in cui si poteva agire.

Socrate considerava l'aborto una libera scelta della madre, Platone, nella "Repubblica" lo riteneva strumento di equilibrio demografico, mentre Aristotele non riconosceva personalità giuridica al feto prima del parto.

I Romani regolarono a lungo la materia attraverso la "Lex Cornelia", fino a quando, in epoca augustea, per il rilassamento generale dei costumi si giunse ad un aumento degli aborti procurati, che trovarono un argine soltanto con l'emanazione del diritto giustinianeo, il quale puniva l'aborto come delitto e riconosceva al nascituro la soggettività giuridica, sotto la spinta dell'affermazione del cristianesimo che, divenuta religione di Stato dopo l'editto di Costantino del 313 d.C., fece assumere ad alcune pronunce canoniche la forza di legge.

Nell'ambito degli studiosi Tertulliano, vissuto tra il 160 ed il 250, fu il primo a porsi il problema dell'animazione del prodotto del concepimento che trovò poi con S. Agostino una risposta accettata dalla Chiesa per molti secoli; il grande pensatore riteneva che l'animazione avvenisse prima della nascita, anche se non precisava quando.

S. Alberto Magno, vissuto quasi mille anni dopo, affermava viceversa che il maschio possedeva un'anima 40 giorni dopo il concepimento, mentre una femmina dopo 90.

S. Tommaso d'Aquino(1225-1274), sul cui pensiero si fonda la teologia e l'etica cristiana, sosteneva la tesi della "animazione ritardata", secondo la quale l'anima non poteva essere infusa al momento della fecondazione, perché la materia, il "corpo", non è adeguatamente preparata a ricevere la forma, l"anima", per cui si deduce che quest'ultima è infusa "dopo un certo tempo".

In tempi recenti sul problema si è espresso Jacques Maritain, un noto filosofo cattolico del nostro secolo, il quale, nel 1973, ben conoscendo le nuove frontiere della biologia, dopo la scoperta del DNA e del corredo cromosomico, ha ritenuto "un'assurdità filosofica" credere che al momento del concepimento ci sia l'anima spirituale.

La questione dell'animazione fu sancita definitivamente da Pio IX, il quale nel 1869 nella "Apostolicae sedis", dichiarò che, qualsiasi fosse il periodo di gestazione, il prodotto del concepimento possedeva un'anima.

In epoca post unitaria il codice Zanardelli, varato nel 1889, nel considerare l'aborto, identificava la vita giuridica del feto con il primo atto respiratorio, mentre il regime fascista, nel 1927, aggravava le pene previste per l'aborto procurato, allo scopo di difendere il patrimonio demografico e l'integrità della stirpe; normativa repressiva accolta qualche anno dopo nel codice Rocco, il quale stabiliva che il feto divenisse persona al momento del parto.

All'estero simbolica fu la posizione dell'Unione Sovietica che, nell'interpretare il pensiero marxista, concesse prima l'aborto senza alcun limite, riconoscendo alla lavoratrice la più completa disponibilità del proprio corpo, salvo fare marcia indietro dopo soli 4 anni avviando una larga campagna contro l' aborto.

Fino a quaranta anni fa in Italia il metodo più adoperato dalle donne per abortire consisteva nel famigerato laccio: una sonda introdotta da una mammana nell'interno dell'utero, spesso senza alcuna precauzione igienica, che provocava, tra contrazioni e dolori, l'espulsione dell'embrione, il più delle volte con copiose emorragie e con il frequente seguito di infezioni.

Le donne più ricche potevano ricorrere all'aiuto di un medico che praticava un raschiamento della cavità uterina, un intervento traumatizzante, anche perché eseguito quasi costantemente senza poter contare sull'aiuto di un anestesista.

Poi anche in Italia, alla metà degli anni Settanta giunse il metodo Karman, una tecnica rivoluzionaria basata sull'aspirazione dell'embrione, ottenuta praticando il vuoto con una speciale siringa. Tale tecnica, per quanto semplicissima, ha impiegato decenni per essere apprezzata dai ginecologi, tanto che ancora oggi oltre la metà degli interventi eseguiti nelle strutture pubbliche viene realizzata con il classico raschiamento.

Negli ultimi anni il ricorso all'aborto è fortemente diminuito e le preoccupanti motivazioni demografiche che erano state uno dei motivi che avevano indotto il Parlamento ad approvare la legge 194 sono oggi venute meno.

L'Italia è divenuta infatti il Paese che presenta il più basso indice di nascita per donna del pianeta, l'1,1, quando sarebbe necessario un valore superiore a 2 nascite per donna per rimpiazzare semplicemente la popolazione.

Questa situazione è simile in tutto l'Occidente, mentre è diametralmente opposta nelle nazioni del terzo mondo. Una variazione della situazione demografica, unita al mutato quadro politico che ha dato più volte respiro ai gruppi che si agitano per l'abolizione della legge 194 o per svuotarla di contenuto e operatività.

Il crollo della fertilità della nostra popolazione è fenomeno complesso e di esso molti parametri sfuggono ancora completamente all'indagine scientifica, ma deve anche far riflettere per le gravi implicazioni di ordine sociale che nel giro di uno o due generazioni saremo costretti ad affrontare.

Il panorama è da tempo radicalmente mutato perché da circa un ventennio una nuova scoperta ha rivoluzionato completamente l'orizzonte delle tecniche per indurre l'I.V.G., la possibilità di provocare l'aborto attraverso la somministrazione di sostanze farmacologiche che evitano il ricorso all'intervento chirurgico, una circostanza non prevista dalla legislazione vigente.

In Italia ogni tanto sommessamente si è discusso di autorizzare la vendita del farmaco, ma, come avvenne a suo tempo per la pillola contraccettiva, bisognerà attendere ancora. Si prevede infatti ardua la battaglia per far sì che anche le donne italiane possano usufruire di una metodica in grado di sottrarle all'intervento chirurgico, all'annessa ospedalizzazione per il ricorso all'anestesia generale, all'impatto emozionale con persone e strutture potenzialmente indagatorie, circoscrivendo l'intervento del medico all'assistenza dei rari effetti collaterali ed a risolvere i pochi casi di aborto incompleto.

Anche il gravoso problema dell'obiezione di coscienza tra il personale medico e parasanitario, che assilla e paralizza tanti ospedali, sarebbe alleviato da tale metodica, perché è ipotizzabile che le donne possano da sole introdursi in vagina le candelette del farmaco e finalmente dell'aborto non dovrebbero più interessarsi legislatori e preti, medici ed assistenti sociali, facendo sì che questa scelta, difficile e quasi sempre dolorosa, riguardi unicamente la donna e la sua coscienza. Almeno lo speriamo, visto che finora sul grave problema si sono scontrate opinioni diverse di soli uomini che nulla hanno a che fare con la maternità. Tacessero un poco.

Maria de Falco Marotta

Maria de Falco Marotta
Società