RAPPORTO DAL NILO. INTRECCIO DI SENSAZIONI E SENTIMENTI. STIMOLI DI VITA. INDICAZIONI DI FUTURO (replica)

Piccola antologia – Tutankhamon. 3333 anni dopo – Emozioni – Templi? Per noi antologia e enciclopedia. Se però c’è la guida giusta – Due mondi – Un solo mondo – Misteri – 3050 anni di Faraoni – Retrospettiva – Il Turisno in Italia e

PICCOLA ANTOLOGIA

Ritorno dalla storia antichissima. Ritorno dal Paese dei Faraoni. Ritorno da un fiume-simbolo.

Diario di bordo? No. Cronaca dunque? No. Reportage dunque? No.

Molto più semplicemente una sorta di piccola antologia dove gli elementi esterni, talora un caleidoscopio di immagini, sono spunto per riflessioni e valutazioni, certo personali, certo soggettive, certo opinabili. Il bello è qui perché ne è favorito il dialogo con l’approfondimento.

Non una successione, consequenziale, di temi, ma un loro sviluppo spontaneo, così come venuti alla mente. Chi scrive non è un cronista, non lo è mai stato, e neppure uno scriba teso a vergare le memorie del suo tempo, quindi nessun diario di viaggio ma semmai una collezione di stati d’animo da trasmettere agli altri. A che pro riferire delle visite a vestigia che sono patrimonio dell’umanità, a Luxor e dintorni, a Esna, a Edfu, a Kom Ombo, ad Assuan, ad Abu Sibel, a Philae? O a quel capolavoro di ingegneria che è la diga di Assuan con il lago lungo 530 km che ha formato? O agli intermezzi in questa o quella città, anche con simpatiche trovate organizzative? O infine alle immersioni in quella sorta di acquario permanente che è il mare nella barriera corallina di Sharm? Queste cose le si possono trovare facilmente altrove.

TUTANKHAMON. 3333 ANNI DOPO.

Lì, davanti a noi.

Faraone per nove anni soltanto, dal 1336 al 1327, anno in cui una freccia alla tempia e un colpo di accetta sulla fronte secondo alcuni, un incidente fortuito secondo altri o per una infezione seguita ad una frattura del femore secondo chi nel 2005 ha effettuato la TAC, fermarono il corso della sua vita a soli 19 anni.

Tutankhamon, genero di Akenathon il riformatore, autore della controriforma, sacerdoti volendolo in quanto furibondi contro chi aveva osato cancellare gli dei tradizionali sostituendoli con uno solo, il Disco Solare Aton.

La sua tomba, famosissima in tutto il mondo, è molto modesta rispetto alle altre 61 dell’arida Valle dei Re, forse per via della giovane età che non aveva consentito, come invece per gli altri, la realizzazione di una tomba adeguata e quindi imponente. Infatti non lunghi corridoi con pareti decorate e dove alto e basso-rilievi nonché geroglifici illustrino le gesta del defunto ma anche momenti di vita quotidiana di questo e quello, onnipresenti gli dei. Non vestiboli. Non decorate stanze laterali. Una scalinata di 16 gradini, un corridoio che scende sino ad una sala, l’Anticamera" che dà direttamente, con altro locale, alla "Camera Funeraria" che a sua volta dà su una stanza stranamente chiamata “del Tesoro". C’erano 600 oggetti per accompagnare il viaggio nell’al di là di Tutankhamon. Una camera funeraria semplice. 25,60 metri quadrati sul totale dall’ingresso di poco meno di 104 Ma…

Ma, al centro, il sarcofago con la sua mummia, l’unica di tutte le tombe. E la sua maschera. Nel sarcofago di granito c’era un primo sarcofago in legno rivestito d'oro, poi un secondo analogo, e infine il terzo in oro massiccio di 2/3 mm per una lunghezza di quasi due metri (188 cm) per 110 kg di peso. Sul capo la formidabile maschera d'oro, 10 kg di peso che riproduce il volto del giovane Faraone, prematuramente scomparso, ora al Museo Egizio del Cairo e riprodotta ovunque, simbolo di una grande civiltà.. Eccolo, 3333 (e non 3334) anni dopo la sua morte. Lì, davanti a noi.

EMOZIONI

Aveva ragione la nostra guida (che guida!): “la tomba è semplice, ma… è quella di Tutankhamon.!. Una tomba che suscita emozioni particolari”. Vero. La stessa a suo tempo suscitata dalla Porta dei Leoni di Micene, fino allora vista e rivista sui nostri libri, non solo di storia dell’arte ma di storia, di geografia, perfino di filosofia. La stessa in Pompei della Case dei Vetti o del Citarista o del Menandro o in particolare dei calchi, o di Monna Lisa in quell’angolo in penombra del Louvre o, anche, dell’eremo della Verna con il giaciglio di San Francesco scavato nella nuda roccia.

O anche di Venezia che merita un inciso. Non solo per la sua fusione con le acque, per arte, architettura, storia, geografia ma per l’ordinamento. L’unico al mondo, di ieri e di oggi, circolare, tutti gli altri piramidali siano dittature o democrazie, abbiano al vertice Faraoni o persone elette.

Con la grandezza dell’Antico Egitto non dunque il confronto con l’Impero Romano che ne decretò la fine nel 30 AC bensì quello con la Serenissima Repubblica di San Marco. Che c’entra? C’entra.

Una grande civiltà iniziata 5107 anni or sono finisce dopo 3130 anni.

Quando datiamo la nostra civiltà occidentale? In genere all’anno zero dell’era cristiana; partiamo pure dalla fondazione di Roma che convenzionalmente si celebrava il 21 aprile, fino al 1945 giorno festivo. Siamo dunque all’anno 2760 della nostra storia, con grande progresso alle spalle ma con pericolosi germi di decadenza mentre altre civiltà si affacciamo sulla scena. Così come i Romani quando Cleopatra VIIa, vinta la disputa col fratello Tolomeo, perse quella dell’annessione. Una storia millenaria conclusa con il suicidio dell’ultimo Faraone, non donna libertina ma politico avveduto che aveva giocato, inutilmente, anche l’ultima carta per salvare la sua civiltà, sia con Giulio Cesare che con Antonio. Non Roma acquisita e sottomessa ma Roma trionfante.

Historia magistra vitae, dicono. Non è forse il caso di riflettere su questa civiltà occidentale che pare avere dimenticato, almeno in parte, le ragioni, i valori, che le avevano dato l'egemonia, la leadership? Altri incalzano e potrebbero accelerare la decadenza, che non é inevitabile ma solo se...

TEMPLI? PER NOI ANTOLOGIA E ENCICLOPEDIA. SE C’È LA GUIDA GIUSTA

Un tempio dopo l’altro. Lo shock della pur attesa imponenza dei primi, quelli di Luxor e di Karnak, e poi via via tutti gli altri..

Templi?

Per gli Egizi di allora certamente. Per noi antologia ed enciclopedia insieme sempre che si possegga la chiave per penetrare gli altrimenti incomprensibili segni sulle pareti, le grandi sculture, i colonnati e mille altre cose. I libri infatti, pur molti in argomento, aiutano ma occorre ben altro, sul luogo. C’è però guida e guida. Non basta conoscere, questa è la condizione necessaria ma non ancora sufficiente. Occorre saper trasmettere con giusti linguaggio, tono, timbro, trovando anche la via per evitare una overdose, inserendo nella esposizione opportuni alleggerimenti anche con dialogo a più voci. Non basta ancora. Il Tropico del Cancro, soli 23 gradi e 27 primi, è appena sotto, di un paio di gradi rispetto a Luxor, di poco più di un grado rispetto ad Assuan. E’ addirittura sopra di un grado ad Abu Simbel . Il sole colora l’arenaria dei Templi ma assilla nonostante copricapo, abiti leggeri, acqua di scorta. I gruppi di turisti, tantissimi, disposti a semicerchio ciascuno rispetto alla sua guida, lontani gli uni dagli altri per non intrecciare gli idiomi. Ce ne accorgiamo perché la nostra guida invece ci ha fatto fermare distante tra gli altri. Fra noi e Ra, il Dio Sole, c’è una solida parete che fornisce il refrigerio dell’ombra e di una leggera, ben accolta, brezza fresca. Un’ombra che agevola l’attento ascolto delle spiegazioni, anche con qualche intermezzo per ingannare l’attesa del turno di ingresso.

Ricordiamo la visita ad Abu Simbel, sito scoperto nel 1817 dall'archeologo italiano Giovanni Battista Bolzoni, con i suoi templi, Patrimonio dell’umanità, scavati nella montagna dal Faraone Ramses II nel XIII secolo AC e poi spostati oltre 200 metri a fianco 65 metri sopra per evitare che finissero sotto le acque del Lago Nasser originato dalla diga di Assuan. Tutti parlano dell’iniziativa dell’UNESCO senza però ricordare che fu un italiano, ci pare Veronelli, a dirigerlo e a dirigere la campagna internazionale per il salvataggio, e con grande apporto italiano di imprese, di tecnici e maestranze. Per suddividere i templi in oltre 1300 blocchi, di 20-30 tonnellate l’uno, di friabile arenaria si ricorse alla perizia dei cavatori di marmo delle Alpi Apuane e fra imprese e lavoratori l’Italia fu ben rappresentata.

Davanti al tempio maggiore, sulla cui facciata, alta 33 metri e larga 38, spiccano le quattro statue di Ramses II, ciascuna alta 20 metri, quasi contemporaneamente si fermano altri tre gruppi, di inglesi, francesi, tedeschi. Le spiegazioni non possono essere fatte dentro, ci sarebbe una congestione di visitatori, le guide le danno fuori. Osserviamo che uno alla volta gli altri tre se ne vanno, e noi invece ancora lì ad ascoltare, ad assimilare quello che servirà poi all’interno. Tempo speso bene, utilissime le indicazioni per leggere una volta dentro i Templi. Leggere è molto diverso dal guardare.

Guida competente ma, vista la durata delle spiegazioni forse poco attenta alla resistenza al caldo di noi visitatori? No. Da Assuan a Abu Simbel ci sono 280 km, larga parte di deserto. E’ bastato partire quand’era ancora buio su bus scortati dall’esercito per arrivare quando il sole sta ancora salendo e i suoi raggi non sono ancora di fuoco. Una levataccia sì ma con pieno consenso di tutti concordi, al termine, nel valutare che è valsa la pena di stare lì molto di più, imparando prima di inoltrarci dentro la montagna, mentre gli altri tre gruppi se ne erano andati molto prima.

Sono 8.000 le guide in Egitto, un migliaio delle quali parlano italiano. L’opinione ascoltata è positiva in quanto a loro competenza e pertanto non vogliamo dubitarne. Riteniamo però difficile che fra le altre 999 ci sia qualcuno meglio di chi ci ha accompagnato. Non solo per la sua competenza ma per una vasta conoscenza sulle cose d’Italia e degli italiani, loro psicologia compresa, di storia, geografia, fatti, episodi, aneddoti, personaggi, attualità. In giorni a stretto e continuo contatto occorre anche commentare, scherzare. Serve anche una fantasia, tutta italiana anche se di un egiziano purosangue, nel variare i programmi, nell’inventare qualcosa di nuovo, nel rendere vacanza piena una vacanza culturale, intervallando a ore nelle vestigia di millenni ore piacevoli nello spazio ristretto di sia pur eleganti e comode motonavi.

Sarà doveroso precisare che il giudizio non è soggettivo ma collettivo e non frutto dell’entusiasmo della novità ma dell’esito del confronto con molteplici e variegate precedenti esperienze di tutti.

Nady Farah, consorte e due figli al Cairo, studi alla Scuola del Turismo e poi perfezionamento ad Urbino, la nostra splendida guida.

Grazie ancora.

DUE MONDI

Cinque del mattino. Due mondi contigui. Sul pullman noi in attesa che si completi la colonna. Dal 1997 c’è la scorta militare per gli spostamenti nel deserto. Sul marciapiede cinque/sei giovani operai che vanno al lavoro. Si fermano, levano le scarpe, estraggono dalla tasca un giornale che stendono per terra. Si inginocchiano. Uno davanti, iman per l’occasione, intona le preghiere. Arriva di corsa un altro, di mezza età, e si unisce al gruppo. Pregano. Finito, si alzano e se ne vanno. Ne vedremo parecchi, in diverse ore della giornata dato che la preghiera è prescritta cinque volte al giorno. Sempre due mondi. Nella scintillante Naama Bay di Sharm al Naama Center ricco di sfavillanti negozi, metà dei quali gioiellerie, stesse scene con molti giovani, eleganti, raccolti in preghiera. Al tramonto, un po’ per ogni dove, gente che beve e mangia dopo un’intera giornata di digiuno. Cinque volte al giorno dai minareti, oggi illuminati e con altoparlanti, arriva la voce dell’Iman che, non tutti lo sanno, riceve lo stipendio dallo Stato, com’era in Italia sino all’aggiornamento del Concordato del 18 febbraio 1984, quando i parroci ricevevano la cosiddetta congrua, peraltro modesta ( a tale data sulle 700.000 lire mensili, meno del meno pagato dei dipendenti pubblici).

Siamo interessati. E’ il primo giorno del Ramadan dopo una vigilia di palpabile attesa. I camerieri che ci servono lo rispettano, tranne uno, ma perché non è musulmano bensì cristiano copto, culto minoritario in Egitto (censimento del 1986: 3.300.000 cristiani ma secondo altre fonti tra 10 e 15 milioni ossia tra il 14 e il 20%).culto comunque rispettato in una positiva convivenza. Dall’alba al tramonto dei 30 giorni del nono mese del calendario islamico lunare, Hjira, che ha non 365/366 giorni ma 354/355 giorni - il mese di Ramadan di anno in anno cambia tutte le stagioni. quindi senza una data fissa rispetto al nostro -, non si deve mangiare (pare che non pesi molto), bere (pare che sia faticoso), fumare, compiere atti sessuali. Guai poi, per tutto il periodo, adirarsi. Esenti malati gravi, bambini, donne in cinta, donne che allattano.

Il sole sta calando mentre in groppa a docili dromedari stiamo tornando alla barca che ci riporterà alla motonave. Un ragazzo che cammina tenendo le briglie e da là sotto non vede il sole nascosto da un alto muro, dopo avere chiesto reiteratamente l’ora, comincia a chiedere a che punto è il sole. Quando sente che ormai là in fondo con un rosso di fuoco sta per sparire dall’orizzonte il suo volto diventa lo specchio della felicità. Finalmente può bere. La sete è dura per tutti. Lo sarebbe a Sondrio, figurarsi ai Tropici. La carovana dei dromedari con noi in groppa attraversa una contrada agricola. Poverissimi, ma bimbi belli e sani. Le casupole sono quelle che sono e così i luoghi, ma il suolo è fertile, il cibo non manca e tutti si accingono a far festa per la fine, giornaliera, del Ramadan. Grande Nilo!

Entriamo in paese. Dappertutto preparativi per la festa che durerà anche sino a mezzanotte. Ai lati della strada si prepara di tutto in botteghe esistenti ed altre improvvisate. C’è persino steso a terra un grande tappeto con una ventina di coperti e alcuni banbini già accovacciati al loro posto, alcuni tegami già in posizione. Sovviene il ricordo della festa patronale d’un tempo in certi nostri paesi quando eventi religiosi e civili si fondevano insieme, e festa era. Per tutti. E sovviene altro ricordo, quello di Khaled Ben Hamad, due anni or sono nostra guida in Tunisia, il Paese arabo “più occidentale”. Alla domanda sulla situazione della pratica religiosa nel suo Paese aveva risposto: 20% di praticanti, 80% di credenti. E noi, in Italia, patria della Cristianità? Realistico concordare nel 20% la percentuale dei praticanti, non l’80% di “credenti”, bensì un 20”, usando Dante, di “ignavi”, 1% di atei dichiarati con l’altro 59% di agnostici. Ben diverso. Chi non pratica ma è “credente” vive e sente comunque la sua religione e non andrà mai contro. Nel nostro 59% di agnostici c’è chi si pone al di sopra e chi considera la pratica religiosa alla stregua della superstizione o quasi (anche chi per educazione e cultura rispetta chi la segue).

Culture diverse. Follia, e incultura, volere esportare la nostra, volere imporre la nostra visione del mondo come follia e incultura sarebbe l’inverso. La cultura è per definizione respiro e quindi rispetto reciproco. Al di là di alcuni – non molti – singoli episodi pur importanti, illuminante anche qui è l’esempio dei rapporti tra Venezia e l’Oriente. Persino mentre a Lepanto il 7 ottobre del 1571 la flotta cristiana al comando di Giovanni d’Austria ma con l’apporto maggioritario delle navi veneziane, - 150 comprese le formidabili galeazze ultimo ritrovato della tecnologia militare che segnava le sorti della battaglia -, in Venezia i mercanti orientali svolgevano il loro lavoro tranquillamente. Significativo un brano dalla recensione del 26.7 scorso di Goffredo Silvestri della Mostra “Venezia & l’Islam 828-1797” aperta a Palazzo Ducale sino al 25 novembre: “Più forti di tutte le vicende, di rapporti e di colonie commerciali, di rapporti diplomatici e viaggi (spesso diari scritti in dialetto), scambi (nel senso di debiti veneziani) in fatto di conoscenze filosofiche, mediche e scientifiche, debiti e crediti artistici. Artisti e artigiani veneziani apprendono tecniche, stili, materiali, decorazioni, e i sultani convocano a Costantinopoli-Istanbul gli artisti della Serenissima, il grande Gentile Bellini”. Con qualche momento difficile dopo la battaglia di Lepanto. Ma i rapporti riprendono. Continuiamo con la citata recensione: “La spinta, il "trasporto" di Venezia verso il Vicino Oriente è connaturato con le origini stesse di Venezia, di avamposto bizantino al Nord che le frutta privilegi imperiali per sviluppare commerci lungo le rotte del Mediterraneo. I veneziani terranno tanto ai buoni rapporti con il mondo islamico (ed alla ricchezza che ne deriva) da battersi contro i vari embarghi lanciati contro gli infedeli fino a compromettere, nel periodo delle crociate, i rapporti con il papa. Imponendosi nei confronti del mondo islamico "un approccio sempre razionale", Venezia seppe "comprenderne e apprezzarne la filosofia e la scienza" e costruire legami privilegiati con le grandi dinastie musulmane, Ayyubidi, Mamelucchi, Ottomani della Turchia, Safavidi dell'Iran, espressioni della "travolgente avanzata islamica" ad Oriente, fin dal settimo secolo, lungo le vie delle spezie e della seta. Venezia sviluppa i rapporti con l'Egitto e la Siria (ed altre aree del Mediterraneo orientale), in particolare con i Mamelucchi che controlleranno per oltre due secoli (1250-1517) la via delle spezie e di altre merci preziose agognate in Europa.

Venezia porta privilegiata dell'Oriente e per l'Oriente, unica potenza europea ad avere plenipotenziari permanenti nelle città più importanti del Vicino Oriente (Damasco, Il Cairo, Alessandria, Tripoli, Aleppo, Istanbul). E colonie commerciali in cui le migliaia di mercanti veneziani trovavano da mangiare e da dormire, un bagno, una chiesa, interpreti (e a lungo andare termini arabi finirono nel dialetto)”.

Nel pianeta, terzo millennio dell’Era Cristiana, secondo dall’Egira, quinto degli Egizi, ci deve essere posto per tutte le culture. Unico vincolo comune: il rispetto dei diritti umani, peraltro oggi negletti in molti Paesi d’ogni cultura, cristiana compresa.

Una domanda conclusiva riferita al 20% di praticanti in Italia. Quanti, di quel 20%, escluso l’ingresso in Chiesa o in un Camposanto, fa o farebbe in pubblico una testimonianza della propria fede simile a quella dei musulmani, anche un semplice segno di croce?

UN SOLO MONDO

Due mondi, anzi di più, ma il nostro pianeta per mille ragioni, effetto serra compreso, ha disperato bisogno che gli sforzi di tutti vengano orientati verso la pacifica convivenza e che le divisioni siano motivo di reciproco rispetto senza l’aspirazione di far prevalere con la forza le proprie ragioni.

Siamo nel centro elegante di Sharm, Naama Bay, dove un appartamento costa anche 375.000 piastre (ce ne sono anche da 715.000) pari a circa 50.000 €uro (e a quasi 100.000) per 100 mq complessivi. Ci sembra poco, ma per capire cosa vuol dire si rappresenta che in altre zone di Sharm ce ne sono a 4 o 5.000 euro in tutto. In alcune vetrine di agenzie immobiliari e di altre che organizzano escursioni campeggia una grande mappa del Sinai. La penisola è un grande triangolo con vertice rivolto a sud. La riva occidentale, egiziana, dà sul mar Rosso. Quella orientale dà sul Golfo di Aqaba, stretta e lunghissima insenatura che comincia sostanzialmente ove si sviluppa per una quarantina di km Sharm el Sheik con, in mezzo, la grande isola di Tiran. Di fronte l’Arabia Saudita le cui montagne non si fanno vedere, tranne il primo giorno quanto foto e telecamera sono ancora nelle valigie. L’Arabia però, lassù, verso la fine del Golfo si ferma. Lassù in un ristretto spazio si affacciano sul mare in successione Egitto con, estremo lembo, Taba, Israele che si incunea sino ad arrivare al mare con Eilat e la Giordania con Aqaba da cui si parte per andare a vedere quello splendore nascosto che è Petra.

Quelle mappe di fatto richiamano l’attenzione che in questo scacchiere c’è ancora da lavorare per gli uomini di buona volontà (e, a dir il vero, la sua parte l’Egitto l’ha fatta). A sinistra c’é scritto, ovviamente, “Egitto”. Sulla parte destra della mappa, salendo verso nord, come è indicato tutto il territorio ove dovrebbero esserci Israele e Giordania? In ogni mappa c’è scritto, in grande, “Palestine”, che poi è la terra degli antichi Filistei.

Coesistenza pacifica nel rispetto della dignità di tutti: i grandi della terra operino in questa direzione.

MISTERI

Perché queste costruzioni ciclopiche lungo il Nilo?

L’arenaria era in loco, tutte le altre pietre, granito e calcare in particolare, venivano da lontano, anche quasi 1000 km, e la via d’acqua era il sistema migliore, per la verità unico, di trasporto. Interessanti le tecniche di costruzione di 3, 4, 5000 anni fa. Quello che conta più di tutto, per quanto si tratti di giudizio soggettivo e quindi opinabile, è il messaggio che arriva da lontano. Un messaggio che è anche un interrogativo grosso come una casa, anzi come un grattacielo. Com’erano arrivati a tali e tante scoperte e invenzioni questi antichi Egizi?

ASTRONOMIA. D’accordo, allora non c’erano inquinamento luminoso, smog o altro a ridurre la trasparenza dell’atmosfera, ma allora non c’erano – almeno lo si suppone – gli strumenti. Sarebbe

passato gran tempo prima che ci pensasse Galileo, e altro tempo prima che il valtellinese Giuseppe Piazzi, andato a dirigere la Specola di Palermo, scoprisse, 1801, il primo dei pianetini oggi detti protopianeti, Cerere (verso il quale è partita da Cape Canaveral il 27 scorso la missione Dawn, con uno dei tre strumenti, lo spettrometro ad immagine, realizzato in Italia, con l’arrivo previsto nel 2012 se i motori a ioni faranno giudizio). C’erano solo gli occhi per guardare il cielo eppure ne sono venute conoscenze straordinarie.

CALENDARIO. Il calendario è opera prodigiosa, come realizzato e poi come adeguato.

PIRAMIDI. Il rapporto preciso, intero, tra la distanza Terra-Sole e l’altezza della Piramide di Cheope. Ora questa è di 136 metri mentre era di 146, ma con il paramento 150 ossia 1,5 per 10 alla seconda potenza. La distanza terra-sole è esattamente, in metri, di 1,5 per dieci all’undicesima potenza, precisamente un miliardo, tondo tondo di volte. Un caso? E chi ci crede? Poi le basi di 230 metri l’una che differiscono al massimo di 4 cm, legate all’altezza da un certo rapporto di cui si parla avanti Interessante infatti una ricerca del Liceo Berchet di Milano che giriamo a qualche appassionato che non disdegni la matematica:: “Qualcuno sostiene che in realtà la Grande Piramide fu costruita per soddisfare un ideale di mezzo phi, ovvero sezione aurea, (0,809017) che, moltiplicato per la lunghezza della base, dà l'altezza dello spigolo. La Grande Piramide si discosta dello 0,15 per cento da questo ideale. Una piramide ideale che si servisse tanto del rapporto di pi-greco quanto di quello di phi è matematicamente impossibile. Costanti fisse nel rapporto tra le varie misure della piramide di Cheope sono due numeri molto singolari : Pi greco=3,141592654 e Phi (o sezione aurea)=1,618033989. Qualsiasi saranno le dimensioni l'importante è rispettare le proporzioni:

r = h / (Fx F) (F= Phi) (h - r)/r =F (h - r) = (h/F)

h1(altezza del triangolo) = (L x F) / 2 S = radice quadrata ( (L/2)x(3,617) )ricordando che 3,617=1+(Fx F) L= radice quadrata ( (4x (SxS))/3,617 ) = (p x h) / 2 Perimetro di base = 2 x p x h h = Perimetro di base / (2 x p) p = 4 / radice quadrata (F) F = h1 / (L/2)”.

Le piramidi non sono solo mausoleo.

STRUMENTI E MEDICINA. Sulle pareti dei templi le immagini di strumenti chirurgici: bisturi, distanziatori, pinze, forbici, coltelli, abbassalingua, forcipe eccetera. Medicina nei Papiri: quello di Ebers di ben 108 pagine, vera e propria enciclopedia di anatomia e patologia, con l’indicazione di come intervenire su un tumore, quello Berlin di medicina generale, quello di Edwin Smith, trattato di patologia esterna e chirurgia ossea, con un saggio sulla circolazione del sangue, e quarantotto paragrafi per curare ferite e fratture.ciascuno composto da cinque parti relative a natura delle ferite, esame dei sintomi, diagnosi, terapia e prognosi, Kahum "A", di ginecologia, compreso il metodo per accertare la gravidanza e se si tratta di maschio o femmina. E altri. Trapanazione del cranio, interventi avanzati sulle arcate dentarie, saggi ortopedici.

ERBE ED ESSENZE. Una sorta di farmacopea avanzatissima usando erbe ed essenze.

MUMMIFICAZIONE. Tecnica avanzata e non solo applicata agli uomini, anzi ai potenti, ma persino agli animali. In uno dei templi visitati, in quello di Kom Ombo, 40 km da Assuan, fanno bella mostra di sé tre mummie di coccodrillo, lunghe forse un paio di metri.

ALIENI? Libera l’interpretazione ma sta il fatto che ci sono sulle pareti queste strane figure, contrariamente a tutte le altre che sono di profilo riprese dirimpetto. Un volto a triangolo nel quale taluni hanno visto un casco spaziale, e due antenne sulla testa. Strane figure certo ma legittimi i dubbi per la fragilità degli indizi. Senonché… Senonché la stranezza ingigantisce i punti interrogativi dal momento che larga parte di una parete è dedicata ad un personaggio illustre di grandi dimensioni profondamente genuflesso di fronte a quelli, in posizione eretta con una sensazione visiva di superiorità, che sembrerebbero veramente alieni, casco e antenne presenti. Alieni? E perché non “Atlantidi”?

3050 ANNI DI FARAONI

Stiamo parlando di una civiltà che ha abbracciato oltre 3000 anni da quando il re Narmet nel 3100 ha unificato l’Egitto con la capitale a Menfi. Ma i ritrovamenti attestano che i primi insediamenti erano avvenuti intorno all’anno 10.000 (petroglifi) e sono dell’anno 8.000 circa le sculture ritrovate con un calendario con cerchi di pietra. Vediamo, in estrema sintesi, lo sviluppo di questa civiltà sino alla fine per opera di Roma anche se già un po’ di tempo prima, 332-323, era arrivato Alessandro Magno

- Primo periodo e Antico Regno, dal 3100 al 2181: sei dinastie e 41 Faraoni

- Primo periodo intermedio e Medio Regno, dal 2181 al 1550: dalla VII alla XVII dinastia con 25 Faraoni principali ed altri

- Nuovo Regno e Terzo Periodo Intermedio, dal 1550 al 656: dalla XVIII dinastia alla XXV con 59 Faraoni

- Epoca Tarda, dal 672 al 343: dalla XXVI dinastia alla XXX con con 20 Faraoni

- Periodo Tolemaico, dal 343 al 50, Periodo Persiano, Dinastie Macedone e Tolemaica con 23 Faraoni

Fine di una Civiltà, di una grande Civiltà.

RETROSPETTIVA

LA SCELTA. Un passo indietro, qualce settimana fa. Tempo di vacanze tardive per via di impegni irrinviabili. C’è da scegliere, naturalmente all’ultimo minuto perché prima il tempo è mancato. La crociera sul Nilo, obiettivo da tempo della gentil consorte, tenta per il suo fascino ma l’attrattiva del mare, specie di quella sorta di acquario che si trova nel Mar Rosso, è forte. Scartabellando sul web, individuando un paio di soluzioni “giuste” (crociera e poi Sharm) si finisce, è il colmo, a richiedere due preventivi che, giunte le due e-mail si rivelano essere dello stesso Tour operator. Più feeling di così tra marito e moglie…

Dunque Phone & Go, giovane e già affermato T-O, proprietario un egiziano, moglie italiana. Sede a Pistoia il che dimostra ancora una volta come ieri fosse necessario spostare le persone – centralizzando quindi le sedi – mentre oggi conta spostare le informazioni per cui la sede centrale potrebbe benissimo essere anche a Ponte o Berbenno. P & G Ci pare affidabile.

LA NAVE. Sceglie bene la compagnia armatrice, la Flesh che possiede otto modernissime motonavi gemelle, sulle 280 che oggi solcano il Nilo cariche di turisti. Cariche? Si fa per dire visto che eravamo circa 120 con un massimo di 140 e 72 persone al nostro servizio. 280 sono tante, gli ormeggi non bastano e così, a Luxor, Assuan e scali intermedi si ancorano una affiancata all’altra, tre o quattro, e si sbarca attraversando la hall delle varie navi. Le più recenti hanno cinque ponti, quello superiore, il ponte sole, con piscina e bar in parte coperto. 70 le cabine molto ampie con uno spazio-giorno e, soprattutto, l’intera parete che dà sull’esterno finestrata. E poi ristorante, bar, negozi e via dicendo. Lunghe 72 metri, larghe 14 pescano solo un metro e settanta. Non possono essere più alte per via dei ponti. Uno di questi richiede di abbassare la copertura del bar, di inclinare le strutture, e per i passeggeri di sedersi. Si potrebbe restare in piedi ma la botta in testa sarebbe micidiale. Dicevamo della bontà della scelta, non solo per la qualità, e la sontuosità, di queste motonavi progettate da architetti italiani e costruite al Cairo, classificate cinque stelle, ma anche per gestione e servizi. Ottima scelta anche per la prosecuzione a Sharm, al Sea Club, pure cinque stelle, sempre stessa proprietà, presente anche in altri Paesi.

L’AEREO. Non è della stessa proprietà la Compagnia aerea, Eurofly, volo 1842, giro intelligente: da Malpensa giù fino a Luxor. Scende chi fa la crociera. Sale chi la crociera l’ha fatta e torna a casa oppure va a Sharm al mare. Rapido volo sopra il Mar Rosso sino a Sharm dove scende chi deve farsi la settimana di mare e dove sale chi torna a casa. Non ci sarebbe nulla da dire se non fosse per la cena. Che sia come la nuvola di Fantozzi? Che sia capitata a noi? Qualcun altro è della stessa idea. Nessuno pretende chissà che cosa, specie su voli non di linea, ma allora sarebbe meglio un panino decente. L’AD di Eurofly controlli e se le cose sono come è capitato a noi il 9 settembre al responsabile acquisti e forniture dia un’alternativa alle dimissioni: per almeno una settimana mangi a mezzogiorno e sera quello che lui fa mangiare ai passeggeri. Se invece le cose sono diverse, pazienza, vuol dire che proprio a noi sarà toccata la nuvola di Fantozzi…

ANCORA LA NAVE. Potrebbe guardarci dentro anche quell’Agenzia diciamo di “rating turistico”, indipendente anche se pagata dalla Compagnia, che effettua frequenti e repentini controlli a sorpresa sulle motonavi con controlli rigorosi di qualità. C’è persino un braccialetto con tre colori al polso dell’ispettore. Una specie di cartina di tornasole sofisticata. Passando vicino a chiunque si trovi nelle cucine se il colore cambia vuol dire che ha qualcosa non va. Rischia il posto. Le cinque stelle, come del resto è per alberghi e villaggi, si guadagnano certo per le strutture, le dotazioni, i servizi, le attività ma anche per quelle che possono sembrare sfumature e invece sono il complemento essenziale delle caratteristiche prima enunciate cui poi si aggiungono i servizi, medico, sala massaggi. Internet point, biliardo, stanza lettura, stanza giochi da tavolo dove riappare anche il domino, negozi, cameramen, animazione serale. É così per quel piccolo distributore di liquido vicino all’ingresso del Ristorante: una goccia profumata, si strofinano le mani e queste sono disinfettate.

É così per chi ti accoglie al rientro sulla motonave con una bevanda tiepida e con una salvietta, di stoffa, rinfrescante che un premuroso inserviente distribuisce anche a chi si trova sul ponte-sole durante la navigazione.

É così per l’addetto alla cabina che passa e ripassa durante il giorno sistemando e pulendo.

É così anche per la doccia con l’idromassaggio.

É così in definitiva per le 72 persone al servizio dei, massimo, 140 passeggeri. Ci tengono a far vedere la sala macchine, la cabina di pilotaggio con i due piloti, particolarmente esperti perché si è su un fiume che può cambiare corso e fondali, ma soprattutto le cucine con il dettaglio delle misure per l’igiene. Otto box chiusi ove si preparano, paste, verdure (con addirittura tre operazioni di pulizia), carni, pasticceria, pesci ecc. Acqua non potabile nei rubinetti ma acqua clorata per cui anche il lavaggio dei denti è sistemato. Quel che resta del ricco e vario buffet, sempre tanto, viene rovesciato su appositi tegami e utilizzato dal personale. Quello che ancora avanza è destinato a gente che ne ha bisogno..

SULLA NAVE. Noi facciamo Luxor-Assuan e ritorno. Altri imbarchi e sbarchi diversi. Mediamente un 120 a bordo, una trentina noi italiani. Un solo bambino. Sei anni, di fatto diventa la mascotte di tutti. Nicolas, figlio di Antonio che viene dal Lago di Bracciano ma può venire scambiato per un rappresentante ufficiale dell’Africa nera al nostro seguito tanto è abbronzato. Due le coppie in viaggio di nozze: doppia ragione per ricordare questa crociera. E c’é Ivano da Cagliari, con lìinseparabile consorte Paola, subito insediato nel ruolo di Faraone. Così, quando partirà nei pressi di Assuan la carovana, il suo dromedario riconoscendo il lignaggio si porrà autonomamente alla guida del gruppo che sfila incolonnato. Non va dimenticato Ahmed il cameriere che, riconoscendo fra tutti i tavoli del capiente e lussuoso ristorante al primo ponte, a filo d’acqua, della motonave quello di razza – ovviamente il nostro – continua a giocare a rimpiattino con piatti, posate, e quant’altro. Lo facesse con gli inglesi…! Dulcis in fundo l’ultima sera supererà se stesso realizzando un grattacielo di bicchieri e, in cima, punte su punte di stuzzicadenti le posate in un equilibrio da studiarsi, così come da studiare quello dei dervisci che si è messo a girare come una trottola senza fermarsi per minuti e minuti. Alla recpetion hanno i documenti, quindi i dati e là non c’è la legge sulla privacy che in Italia impedirebbe la simpatica cerimonia che andiamo a raccontare. All’improvviso infatti rullo di tamburi esce dalla cucina una strana processione: in testa il maitre e poi i camerieri che si dirigono verso la predestinata, che non sa che la festa è per lei da sopra avendo segnalato di chi era il compleanno in quel giorno. Inutile dire l’immediata partecipazione italica con sventolio di tovaglioli e cori, seppur non molto intonati. Trascinati da noi sii associano una parte di tedeschi e una parte di francesi. Stupiti i russi. In altri tavoli invece la silenziosa immobilità è rotta da tre o quattro persone che osservano la scena si lasciano andare perfino ad un lieve aggrottamento di ciglia. Ovvio. Sono inglesi. Come inglese risulta la vincitrice del Bingo – stazza rilevante; vista la quantità di cibo divorata a colazione, a pranzo, a cena la Compagnia sicuramente ci ha rimesso – che silenziosissima in un silenzio di tomba seria seria va a ritirare il premio. Avesse fatto bingo un/una italiano/a ci avrebbero sentito dal Cairo. Intanto, imperturbabile, il cameraman della nave continua a filmare. Prima di andarsene chi volesse avrebbe a disposizione il DVD d’una settimana a bordo con, anche, le immagini archeologiche.

Domenica i saluti. Tutti sull’aereo. Salutiamo chi rientra a Malpensa e scendiamo a Sharm. L’acquario in cui fare il bagno ci aspetta.

IL TURISMO IN ITALIA E IN PROVINCIA

Citiamo tutto questo pensando alle nostre strutture, a quelle del nostro Paese e anche a quelle della nostra provincia. Non per grandi cose, forse la più piccola, il più marginale dei problemi: il pepe. Ci sono esercizi che mettono ancora a tavola il distributore di quello macinato che spesso e volentieri ha disperso nell’aria da tempo il suo aroma. Ha cominciato sì a diffondersi il grande macinino in legno ma non v’è un esercizio in provincia che presenti al cliente la scelta, semplicissima, con un trittico: pepe nero, pepe bianco, pepe creolo. Una sfumatura, una cosa che non costa ma che può accattivare o scattivare il cliente. Peccato veniale? No se si fa una questione di qualità. Se tanto mi dà tanto…

CINQUE STELLE. Cinque stelle. Certo per noi è impossibile competere, salvo che non venga assunta a base, comunque, anche negli esercizi minori, la qualità, quando si pensi al costo di un dipendente, forse un decimo rispetto all’Italia. E l’espansione continua. L’abbiamo vista in Tunisia, l’abbiamo vista a Sharm tornandoci e vedendo cantieri ovunque ma anche un secondo terminal appena aperto, grandi viali a doppia carreggiata, nuovi giardini e palmeti ricavati dal deserto innaffiati con l’acqua che viene, dissalata, tutta dal mare a caro prezzo: costa tra 12 e 15 piastre, ovvero lire egiziane, tra 1,6 e 2 €uro al metro cubo, 50 volte il costo di un kwh quando da noi il rapporto è di 2 o 3. Ormai turismo di massa non in pensioncine familiari ma in maxi-alberghi o villaggi a quattro e cinque stelle accessibili a tutte le borse, o quasi. L’abbiamo vista anche sul Nilo, sui 219 km tra Luxor e Assuan frequentati ora da ben 280 motonavi in continuo movimento nord-sud e sud-nord.

FARE QUALCOSA. Impossibile alla lunga reggere il confronto con conseguenze che se non a breve almeno a medio termine si faranno sentire. Avremo ancora in Italia il turismo culturale, sempre che si impari qualcosa dagli altri smettendo di pensare di vivere di rendita, il turismo religioso, importante ma economicamente meno interessante. Resterà qualche divertimentificio, come la Riviera romagnola con le sue pensioni familiari ma le grandi correnti turistiche, quelle oltre a tutto che allungano le stagioni, guarderanno ad altri lidi. Il caso dei russi. Tantissimi in giro per il mondo, quasi che volessero rifarsi di un periodo di astinenza forzata. Quanti in Italia? E non solo mare, ma anche montagna. Quest’estate sul web si trovavano offerte competitive e di qualità di località austriache, quindi della UE, quindi con basi di partenza simili a noi, da fare accapponare la pelle per la modestia dei costi.

Il turismo è importante anche per noi, per il nostro Paese, per la nostra provincia. Se è vero che ci sono fattori che lo condizionano in funzione delle diverse situazioni locali, e che questi ci sfavoriscono, è anche vero che abbiamo alcuni elementi significativi che vanno giocati, sempre che lo si capisca e che si proceda conseguentemente in una operante intesa tra Istituzioni, soggetti deputati ad occuparsi del settore, operatori privati.

TORNIAMO A NOI: UN BILANCIO.

Questo detto torniamo a noi anche perché una parola sul bilancio di questa vacanza va pur detta.

Ne occorrono, bastano, tre: abbiamo scelto bene.

Alberto Frizziero

Alberto Frizziero
Dalla provincia