VALTELLINA DA SCOPRIRE: NESTRELLI IN COMUNE DI CINO
Per rivedere in pace la traduzione di alcuni scritti di Alessandro Volta e scrivere un articolo sulla sua opera sono venuto nella baita dei miei nonni a Nestrelli, un maggengo a 1200 metri di altezza sulle Alpi Retiche. Qui fino al 1950 pascolava il bestiame nel mese di maggio prima di salire agli alpeggi e in quello di settembre quando tornava a valle.
Le vecchie baite di granito sono state riadattate ma qua e là appaiono le date di costruzione o le iniziali del primo proprietario. Su quella del nonno si leggeva fino a qualche anno fa: 1909. Era appena tornato dalla California dove era emigrato dieci anni prima e aveva deciso di costruire la baita e di sposarsi. Mia nonna raccontava che il loro viaggio di nozze fu appunto a Nestrelli con un carico di calce sulle spalle. L'anno dopo nacque mia madre e il nonno ripartì per San Francisco dove sarebbe rimasto ancora dieci anni. Su un'altra baita c'è inciso: 1792. Il pensiero corre alla rivoluzione francese ma anche all'inventore della pila che proprio quell'anno iniziò gli studi che l'avrebbero prima coinvolto nell'aspra contesa con Galvani e poi portato alla grande scoperta. Su un'altra baita ancora, si legge: «Il levare mi fa male. Più si comoda più si gode.» E sopra la data: 15 luglio 1785. Conoscendo la vita di quei tempi pieni di miseria e di emigrazione, non credo proprio ci fosse molto da 'comodare'. Si poteva al più sperare di farlo, cominciando magari a scriverlo sui muri.
A proposito di miseria Volta, oltre che con le sue invenzioni, contribuì a migliorare il tenore di vita di queste zone anche in altro modo. Infatti nel 1777 al rientro del suo viaggio di istruzione in Svizzera e in Alsazia introdusse nel vicino comasco e quindi verosimilmente anche nella bassa Valtellina, la patata che diventerà assieme al grano, ai prodotti del latte, al vino e alle castagne, uno degli alimenti importanti della popolazione locale.
Ma torniamo a Nestrelli. Negli ultimi anni, l'arrivo della strada, dei telefonini, dei pannelli solari e della televisione, gli ha tolto l'isolamento dal mondo ‘civile’ e, assieme, il fascino di arrivarci dopo una camminata di quasi due ore per godere di una vista stupenda. Di fronte, il verde scuro delle Orobie e la massa imponente del Legnone, illeggiadriti dal verde chiaro dei maggenghi e degli alpeggi. A sinistra, Morbegno, le valli di Tartano e di Gerola e la via Priula che sale verso il passo di San Marco. Sotto, la parte bassa della Valtellina con le prime anse dell'Adda. Più a sud, quella più settentrionale del lago di Como. Con l'aiuto di un binocolo si distinguono chiaramente i palazzi, le chiese, gli orti e i boschi che si susseguono sulla sponda soleggiata e si possono contare le barche dei velisti che prediligono questa zona che è la più ventosa dell'intero Lario.
La sera è un momento magico. Volgendo lo sguardo ad occidente, al di là del gran solco della valle e della testata del lago, si segue il sole che cala dietro le cime scure delle Lepontine, dando inizio allo spettacolo del tramonto ogni volta diverso. Per descriverlo occorrono le immagini di Cesare Angelini. Nuvole color miele, color malva, color cenere riflettono nell'ultimo tratto dell'Adda tinte quasi metalliche. Nello stesso momento, dalla parte opposta, lungo le pendici delle Orobie sale la sera violetta, mentre sopra, la montagna ancora illuminata si insoavisce lisciandosi gelosamente - dietro zone d'ombra - tutte le lucentezze che le concede l'ultimo sole, obliquamente. Poi, improvvisamente, cala la notte e appaiono vicinissime le stelle.
Apparentemente nel cuore e nella mente di coloro che in tempi grami erano costretti a salire a Nestrelli con immensi carichi sulle spalle e a rimanerci isolati per dure settimane di lavoro, più che il fascino di questi luoghi rimaneva il peso della fatica e della miseria. Ma poi, nelle loro lettere di emigranti, il ricordo di questa bellezza riaffiorava sempre.
Imponente come quello reale è lo spettacolo che si può immaginare chiudendo gli occhi e ripercorrendo come in un film tutti gli eventi di cui Nestrelli è stato testimone. Proprio di fronte, in basso, all'inizio di Delebio, nel 1432 le truppe di Venezia attestate lungo una trincea che attraversava la valle si scontrarono con i mercenari dei Visconti. Questi ultimi, alleati dei Valtellinesi, vinsero ma sul terreno rimasero parecchie migliaia di morti. La trincea da allora fu chiamata la fossa dei Veneziani. A ovest, i resti del forte di Fuentes, costruito all'estremo limite dei possedimenti spagnoli, ricordano le terribili guerre che all'inizio del seicento i più potenti eserciti d'Europa scatenarono in questa zona per il controllo della valle; e il passaggio dei Lanzichenecchi portatori della peste descritta nei 'Promessi Sposi'. Più a sud, la vista di Dongo riporta alla fine di aprile del 1945, quando terminò l'avventura politica e personale di Mussolini qui sorpreso assieme alla compagna e ad alcuni gerarchi fascisti in una colonna tedesca che tentava di raggiungere la Svizzera. E guardando davanti al paese, quando il lago è increspato, par di scorgere il tesoro scomparso. A fianco di Dongo si intravede Gravedona dove nell'estate del 1761 il futuro inventore della pila venne a villeggiare nella casa degli zii materni. E qui, racconta Polvani, sopraffatto dalla bellezza del suo Lario e dei monti circostanti, protestò la sua vocazione per gli studi di filosofia naturale e decise di non seguire la carriera ecclesiastica verso cui, quasi fatalmente, l'ambiente circostante lo spingeva.
Pietro Pedeferri (x)
(x) Pietro Pedeferri, Dal 1983 Ordinario di “Corrosione e protezione dei materiali” al Politecnico. Per quanto riguarda la corrosione nelle strutture in calcestruzzo armato tanto ha ideato e messo a punto un nuovo metodo di prevenzione di tale corrosione oggi recepito in diverse normative internazionali. Autore o coautore di 25 libri, ha pubblicato più di 350 lavori su riviste scientifiche e in atti di congressi nazionali e internazionali. Da dieci anni è il rappresentante italiano nei progetti di ricerca europei sulla corrosione delle armature e sulla durabilità delle costruzioni in calcestruzzo armato. Nel 1989 a Parigi il suo lavoro nel campo della decorazione e pittura del titanio è stato premiato al concorso internazionale 'Science pour l'art'. Nel 2005 ha realizzato per l’aula magna e per l’atrio centrale del Politecnico una serie di opere di titanio. Socio del prestigiosissimo Istituto Lombardo: Accademia di Scienze e Lettere istituito da Napoleone Bonaparte con soci illustri fra cui nel tempo anche A. Einstein, e di cui fanno parte altri due valtellinesi, il Lions d’Oro Alberto Quadrio Curzio e Giulio Tremonti, figlio del promotore del Lions a Sondrio.Risiede a Milano ma vive spiritualmente a Nestrelli un maggengo sulla Costiera dei Cech dove, nella baita dei nonni, passa l’estate.