, 18 19 E 20 LUGLIO DI VENT'ANNI FA' ; LA PAURA E IL DRAMMA DI UN’INTERA VALLE. 28 LUGLIO 1987 LA FINE DI UN INCUBO
Riceviamo e pubblichiamo:
Ricorre proprio in questi giorni i ventennale della drammatica alluvione che si abbattè all'improvviso in Valtellina mettendo in ginocchio un intera popolazione. La Valtellina ed in particolare i suoi abitanti è fatta da gente di poche parole ma di grande volontà e voglia di lavorare. Vent'anni fa' la protezione civile mise in allerta gli abitanti della valle annunciando disguidi a causa di una pesante perturbazione che avrebbe da li a qualche giorno interessato la zona. Nessuno mai si poteva immaginare il
dramma che stava per abbattersi su molte famiglie. Il 17 Luglio il fiume Adda iniziò ad assumere un aspetto non più amichevole e gli abitanti iniziarono a temere quella furia d'acqua che pian pianoiniziava a percorrere strade naturali, ossia non più quelle decise dall'architettura studiata dall'uomo. Il letto del fiume non serviva più, campi, strade e cantine furono lentamente ma
incessantemente sommersi da una furia d'acqua che portava con sé sassi, massi e rami. La mattina seguente iniziò la valutazione dei primi danni materiali tutti i sindaci si diedero da fare per cercare di trovare soluzioni diverse che potessero però limitare i danneggiamenti che comunque aumentavano sempre più. L'acqua nel frattempo, ignara della presenza dell'uomo, proseguiva nella sua sempre più "cattiva" discesa a valle. Il pomeriggio del sabato, il dramma, il cielo della Valtellina si riempì di elicotteri ed il suono delle sirene aumentava la paura di non capire cosa stava per accadere. Smottamenti, frane e
allagamenti, a questo punto la montagna ed il fiume che da sempre caratterizzano la vita della Valtellina da "amici" diventavano pericolosi "nemici" da temere. Da questo momento le notizie si accavallarono creando paura, terrore, panico
ed anche disperazione dei parenti delle prime vittime e delle persone che per prime persero casa e certezze sotto le frane della Val Tartano, minacciando la popolosa Morbegno e tutti i moltissimi comuni sorti vicino alle rive del fiume.
Polizia, carabinieri, vigili del fuoco, protezione civile, esercito, tutta Italia intervenne per cercare di arginare il drammatico sgretolio della valle ma la natura stava procedendo definitivamente al mutamento della sua struttura geologica in questa valle e nulla e nessuno poteva ostacolare questo processo reso drammatico dalla presenza umana. Solo domenica pomeriggio il sole, molto timidamente, si riaffacciò sulla valle, come per controllare quando era successo.
La realtà però fu che la parola FINE di questa maledetta storia non era ancora stata scritta. Nell'attento controllo dei danni si appurò che molte crepe sul Monte Zandila avevano seriamente aperto un nuovo fronte molto pericoloso per i paesini sottostanti. Si attese poco, e la mattina del 28 Luglio alle 7.20 del mattino la natura a sorpresa terminò il suo operato facendo crollare 40 milioni di metri cubi di fango e detriti sui paesi di Morignone, S. Antonio Morignone, Tirintrè, Poz e San Martino Serravalle seppellendo tutto sotto una coltre di fango impressionante. Il dramma nel dramma fu che incredibilmente la forza esplosiva dell'enorme frana oltre a scendere a valle riuscì persino a risalire sul lato opposto della montagna creando uno spostamento d'aria che distrusse anche l'abitato di Aquilone che non era stato evacuato. Nei giorni che seguirono il dramma proseguì seguendo passo passo i frenetici controlli dei danni e soprattutto la stabilità di questo nuovo lago che si era formato, un lago naturale generato dalla frana, ma quanto poteva
resistere questo nuovo sbarramento in considerazione delle grandi piogge e di quanto stava arrivando dalla vallata superiore, nessuno lo sapeva. Tutta la popolazione a valle di questo strano sbarramento fatto di detriti, fango, massi e alberi, restò in trepida attesa di istruzioni dalle autorità competenti che a breve sentenziarono quello che nessuno avrebbe voluto
sentire. L'allora Ministro Remo Gasperi impose la "tracimazione controllata" del lago naturale. Gli operai fecero il possibile, e forse anche l'impossibile, visto gli strettissimi tempi tecnici e le continue avversità metereologiche. Dopo aver temuto la montagna ed il fiume, fino ad allora considerati alleati, i valtellinesi dovettero anche abbandonare le loro case. Seguì dunque una grande evacuazione, con non poche difficoltà comprensibili. Immaginate di camminare per le strade della vostra città,quella che da sempre ha accompagnato la vostra vita con la preoccupazione e la consapevolezza che al vostro ritorno potreste non trovarla più. Sono punti di riferimento che vennero a mancare a tutti. Il silenzio di questi giorni resta tutt'ora nei cuori forti dei valtellinesi. Momenti indimenticabili. Il 30 Agosto alle 4 del mattino iniziò la tracimazione
controllata sotto gli occhi di tutta Italia e tutti con il fiato sospeso. Come un buon thriller al momento clou l'acqua tentò di nuovo di sfuggire al controllo dell'uomo ma poi finalmente riprese a seguire la direzione sicura delle strutture preposte per defluire l'enorme massa d'acqua che sovrastava la Valtellina. Sembra ieri , ma sono già passati vent'anni. La caparbietà degli abitanti ha fatto si che tutta la valle si è rimboccata le maniche e silenziosamente si è rimessa a lavorare come sempre con la voglia di tornare presto alla normalità senza dimenticare quanto accaduto ma con la consapevolezza di avere le forze per poter tornare ad essere una delle valli più imprenditoriali di tutta la penisola.
Alberto Moioli