) Capitolo decimo. . IL BIM, ESSENZIALE STRUMENTO DI TUTELA. – 2) NORMATIVA: a) IL TESTO UNICO DEL 1933 b) DIRITTI DELLE COMUNITA’ LOCALI c ) LA GRANDE NOVITA’: “B.I.M.” E NUOVI SOVRACANONI d) LA NAZIONALIZZAZIONE e) I SOLDI f) SOPPRESSIONE DEI
a) IL TESTO UNICO DEL 1933
Normativa: a) T.U. Testo Unico del 1933 vera pietra miliare
Le indicazioni dalla Commissione “post-Gleno” furono pienamente recepite nel regolamento R.D.
2540/1925. in nove Capi e 69 articoli. Si fissavano i paletti per la progettazione, per le procedure, per la costruzione, per l’esercizio; le tipologie delle dighe; un maggiore controllo pubblico e la sua nuova organizzazione. Per fare un solo esempio dell’accuratezza e del dettaglio si sottolinea come il Regolamento preveda, fra le altre cose, continue prove sui materiali per evitare cadute di qualità persino con la possibilità di avere un laboratorio nel cantiere per tali prove. Ci sono poi, sempre in dettaglio, gli obblighi durante l’esercizio, molto severi. Ulteriori specificazioni vengono introdotte sei anni dopo con il Regolamento R.D. 1 ottobre 1931 n. 1370. Fra queste il campo di applicazione del regolamento viene limitato alle dighe di altezza superiore ai 10 m o che determinano invaso superiore a 100.000 m3, norme tecniche, norme amministrative, l’intervento di un ingnere del settore geologico (prima era del settore delle miniere) e il grande rilievo che viene dato al Servizio Dighe,
Una vera e propria pietra miliare viene con il Regio Decreto n.1775 del 11 dicembre 1933, Testo Unico sulle Acque. Monumentale, con 234 articoli, ma tutti necessari per un inquadramento giuridico d’avanguardia nel mondo.
Normativa: a) T.U. I contenuti del Testo Unico
Per un’idea complessiva ne riportiamo soltanto Titoli e Capi.
TITOLO I - Norme sulle derivazioni e sulle utilizzazioni delle acque pubbliche
Articoli 1-91
CAPO I - Concessioni e riconoscimenti di utenze:
CAPO II - Consorzi per l'utilizzazione delle acque pubbliche:
CAPO III - Provvedimenti speciali per la costruzione di serbatoi e laghi artificiali
TITOLO II - Disposizioni speciali sulle acque sotterranee
Articoli 92/106
TITOLO III - Trasmissione e distribuzione dell'energia elettrica
CAPO I - Autorizzazione all'impianto di linee elettriche:
Articoli 107(137
CAPO II - Servitù di elettrodotto:
CAPO III - Esercizio di impianti elettrici:
CAPO IV - Importazione ed esportazione di energia elettrica:
TITOLO IV - Contenzioso
Articoli 138/210
CAPO I - Giurisdizione:
CAPO II - Norme di procedura:
TITOLO V - Disposizioni generali e transitorie
Articoli 211/234
b) DIRITTI DELLE COMUNITA’ LOCALI
Normativa: b) Diritti: si delinea il risarcimento per i Comuni
Pietra miliare il Testo Unico sotto moltissimi profili. Interessa quello relativo alle comunità locali, diretto e indiretto. Possiamo classificare indiretto il complesso di norme che attengono, in buona sostanza, alla sicurezza e all’ordinato esercizio degli impianti. Diretto quanto previsto agli articoli 52 e 53, anche se sul terreno dell’applicazione concreta nasceranno problemi e sarà necessario, molto dopo, intervenire per legge. Sta comunque il fatto che nel contesto di una trattazione generale viene sancito il diritto all’indennizzo per l’uso dell’acqua per la produzione idroelettrica che avviene quindi a discapito di altri usi, consolidati nel tempo, da parte delle comunità locali.
Non era una novità assoluta visto che compariva già nel primo Testo Unico sulle acque del 1896 e poi, vent’anni dopo, nel Decreto Luogotenenziale 20.11.1916 n. 1664. l’art. 28 stabiliva il dovere del concessionario di versare “un ulteriore canone annuo, oltre che quello allo Stato uno agli enti locali. Testuale: ”Quando l’energia sia trasportata oltre i 15 km dal territorio dei predetti Comuni rivieraschi – si parlerà avanti del significato di “rivieraschi”, il Ministro delle Finanze, sentito il Consiglio Superiore delle Acque, stabilità con proprio decreto, a favore degli enti locali, un ulteriore canone annuo, a carico del concessionario, fino a lire due per ogni cavallo dinamico nominale”. Conferma nel Decreto 9 ottobre 1919, art. 40 e infine nel T.U. del 1933 di cui vale la pena passare in rassegna gli artt. 52 e (commento) 53.
Normativa: b) Diritti: Art. 52 (introduce i “comuni rivieraschi”
“Nelle concessioni di grandi derivazioni per produzione di energia PUO’ essere riservata, ad uso esclusivo dei servizi pubblici, A FAVORE DEI COMUNI RIVIERASCHI, nel tratto compreso tra il punto ove ha termine praticamente il rigurgito a monte della presa ed il punto di restituzione, una quantità di energia non superiore ad un decimo di quella ricavata dalla portata minima continua, anche se regolata, da consegnarsi alla officina di produzione.
I comuni, a favore dei quali è fatta la riserva, devono chiedere la energia nel termine di non oltre quattro anni dalla data del decreto di concessione, e utilizzare effettivamente tale energia entro tre anni dalla comunicazione delle determinazioni del Ministro dei lavori pubblici di cui al comma quarto del presente articolo. Decorso l'uno o l'altro termine, il concessionario resta esonerato da ogni obbligo in proposito. Nel caso di accordo tra le parti, il suddetto termine di tre anni decorre dalla data dell'accordo, di cui deve essere data comunicazione al Ministro dei lavori pubblici.
In mancanza di accordo, il riparto dell'energia fra i comuni ed il prezzo di essa sulla base del costo, tenuto conto delle caratteristiche dell'energia richiesta, comprese le quote per interessi e per ammortamenti, sono determinati dal Ministero dei lavori pubblici, sentito il Consiglio superiore. Quanto alla misura del tasso d'interesse, si applica il disposto dell'ultimo comma dell'articolo precedente.
Normativa: b) Diritti: Art. 53 (che cosa va ai comuni)
L’art. 53 non definiva il quantum di competenza degli enti locali ma solo il massimo, due lire al CV, per l’energia portata oltre i 15 km dalla centrale, che era nella libera scelta del Ministro delle Finanze sia pure dopo aver sentito il Consiglio Superiore dei LL.PP. Un quarto del totale toccava comunque alle Province mentre per i Comuni c’era un ulteriore tetto. Il totale dei sovracanoni non doveva superare il totale delle spese obbligatorie, media del quinquennio ultimo. Passano gli anni e c’è una rivalutazione del quantum. Dal 1.1.1947 le due lire diventano 109 che passano a 436 £/kW con la L. 21.1.1949, n. 8. Il problema però è l’indeterminazione. Sarà la legge 4.12.1956 n.1377 a definire meglio. Pur lasciando le 436 £/kW come tetto viene stabilito che il sovracanone venga applicato a tutta la potenza nominale media concessa e viene cancellato il riferimento alle spese obbligatorie, penalizzante per i Comuni piccoli. Riparto, come da norma, da farsi sulla base dei danni e delle condizioni economiche dei singoli Comuni
c ) LA GRANDE NOVITA’: “B.I.M.” E NUOVI SOVRACANONI
Normativa: c) Novità: la legge 959
Un passo indietro. Finita la guerra, grazie anche al Piano Marshall c’è una forte ripresa dell’industria, trainante quella siderurgica che ha bisogno di tanta energia. Nella logica del “carbon bianco” si aprono cantieri idroelettrici un po’ dappertutto e non solo nelle Alpi. A questo punto non è più sufficiente il discorso dei sovracanoni “rivieraschi” che pure, come abbiamo visto, viene ugualmente portato avanti fra un ricorso e l’altro dei produttori idroelettrici. Lo sfruttamento intensivo, sia pure non dappertutto, delle acque suscita una serie di reazioni perché vien meno l’acqua per una serie di altre attività. Non è più soltanto un problema della sola agricoltura come un tempo. Il problema approda in Parlamento nel 1952 senza esito perché in scadenza di mandato. L’anno dopo quattordici senatori democristiani presentano un disegno di legge. E’ il 4 dicembre 1953. 23 giorni dopo, e con il Natale di mezzo, il disegno diventa legge e due giorni dopo, San Silvestro, la Gazzetta Ufficiale lo pubblica. Efficienza da Imperial Governo Austriaco!
Legge 27 dicembre 1953, n. 959 “Norme modificative al testo unico delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, riguardanti l’economia montana”.
Normativa: c) Novità: Bacini imbriferi, Consorzi, Energia
BACINI. La legge nel suo primo articolo incarica il Ministro dei LL.PP., sentito il collega dell’Agricoltura, di stabilire quali sono i bacini imbriferi con relativo perimetro. Per i bacini ove vi siano concessioni di grande derivazione ha un anno di tempo, tre per gli altri. Il nostro, quello dell’Adda, sarà di 79 Comuni, i 78 di Valtellina (65) e Valchiavenna (13) più Sorico. L’altro della provincia, quello dello Spol, di due Comuni, Livigno e Valdidentro.
CONSORZI. Se almeno tre quinti dei Comuni di un bacino imbrifero sono d’accordo viene costituito un Consorzio obbligatorio. E’ quello che è successo in provincia dopo una sorta di campagna elettorale conclusasi a stragrande maggioranza per la costituzione del Consorzio, linea portata avanti dalla DC che aveva allora un’ampia maggioranza assoluta, ma con alcune posizioni singolari come ad esempio il Comune di Tartano, dichiaratosi in sede di Consiglio Comunale contrario al Consorzio. In Italia lo stesso, Consorzi quasi ovunque. Il problema grave, nel caso di contrarietà alla soluzione consortile, era il riparto fra i Comuni, sostanzialmente “in base ai danni e ai bisogni”. Difficile procedere da parte del Ministro dei LL.PP. con il rischio di contenzioso permanente o quasi. Nel frattempo deposito, da parte dei concessionari, dei soldi in banca d’Italia.
SOVRACANONI. L’ottavo comma dell’art. 1 taglia, come si suol dire, la testa al toro per quanto concerne il corrispettivo, a titolo di indennizzo, dovuto ai Comuni fissando le 1300 lire per kW di potenza media nominale concessa.
ENERGIA. L’art. 3 della legge prevedeva anche la facoltà per i Comuni, e quindi per i Consorzi, in luogo del sovracanoni di ritirare annualmente energia in ragione di 400 kWora per ogni kW di potenza nominale concessa nel caso di ritiro in centrale in alta tensione e di 300 nel caso di ritiro a bassa tensione in cabina di trasformazione. Non fu una via scelta.
Normativa: c) Novità: Il nuovo quadro degli obblighi dei produttori
Con la legge 959 il quadro degli obblighi amministrativi dei produttori veniva definitivamente delineato, salvo gli aggiustamenti che vedremo.
Canoni idrici - tre tipi: il Canone di concessione dovuto allo Stato, i sovracanoni per gli Enti rivieraschi (Comuni e Provincia), i sovracanoni B.I.M.
- Canone di concessione
Definito dal Testo Unico sulle Acque (Regio Decreto 11 dicembre 1933 n.1775) è dovuto allo Stato secondo quanto stabilito per legge.
- Sovracanone per Enti gli rivieraschi
Riprendiamo la definizione di Ente rivierasco: il Comune in cui "il territorio si affaccia sul tratto di corso d'acqua sotteso dalla derivazione a partire dal punto ove ha termine il rigurgito dell'opera di presa fino al punto di restituzione", ovvero tutti i comuni in cui si trova un opera idraulica come opera di presa, diga, condotta forzata, centrale idroelettrica. Il gestore dell'impianto deve corrispondere ai Comuni e alle Province interessate una quota stabilita dalla legge. La suddivisione tra i Comuni non fu semplice. Per quanto ci riguarda, stabilito che alla Provincia andasse il 25%, si trattava di stabilire i millesimi di ciascun Comune in una situazione complessa per via della grande estensione e del grande numero di impianti di ogni tipo, canali di gronda compresi. L’ultimo nodo fu quello del Comune di Colorina che riuscì a strappare dopo un robusto braccio di ferro un paio di millesimi in più, a memoria intorno ai 25. Con la legge 4 dicembre 1956 n. 1377 il sovracanone stabilito – massimo - in 436 lire ma su tutta la potenza media nominale concessa.
- Sovracanone per i Bacini Imbriferi Montani (B.I.M.) cos’ come definito dalla citata legge 27 dicembre 1953 n. 959.
Normativa: c) Novità: Sembra tutto a posto ma…
Sembra tutto a posto ma non è così. Se da un lato ci sono i produttori per nulla contenti che quindi schierano, come prevedibile, i migliori legali ci sono dall’altro oggettive difficoltà, la prima delle quali è la delimitazione dei bacini con la fissazione della quota minima degli stessi (ecco la ragione per la quale l’impianto ex-Ferrovie di Ardenno-Monastero non paga sovracanoni al BIM). Nel supplemento della Gazzetta Ufficiale n. 6 del 10 gennaio 1955 vengono finalmente pubblicati i decreti di delimitazione: per 63 Bacini in cui però ci sono 99 Consorzi BIM con 3.784 Comuni on quanto se un bacino imbrifero si estende sul territorio di più province la legge prescrive che vi sia un Consorzio per ogni provincia.
Occorre di nuovo l’intervento del Legislatore perché molti produttori, fra cui anche le Ferrovie dello Stato, erano ricorsi al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche impugnando la legge 959, per non pagare i sovracanoni. Arriva la legge 30 dicembre (anche questa di dicembre!) 1959 n.1254 che fa chiarezza in particolare disponendo che i sovracanoni li devono pagare tutti i concessionari di grandi derivazioni Non è che le spade vengano rimesse nel fodero, tutt’altro. Non era solo una questione di “beghe” legali. C’era chi non pagava, tanto che a fine 1956 erano stati versati solo cinque miliardi su 12 dovuti e che l’anno dopo i versamenti erano saliti a 6 miliardi e 346 milioni ma il dovuto era salito a 19 miliardi!Le vertenze continueranno sino al 1965 quando il 13 maggio la Corte Costituzionale riconosce la piena legittimità della legge sui sovracanoni.. La Corte del resto si era già pronunciata il 4 luglio del 1957 con un primo riconoscimento di costituzionalità ma quel che più conta, anche ai fini del presente e del futuro – visto con stupefacente leggerezza da qualcuno che pensa che i Consorzi B.I.M. siano da sopprimere senza rendersi conto del boomerang – è la scelta di campo che aveva fatta. Non il sovracanone come “prestazione patrimoniale obbligatoria” come sostenuto dai produttori ma come risarcimento dei danni subiti (connessi con il diritto all’uso plurimo delle acque.
d) LA NAZIONALIZZAZIONE
Normativa. d) Nazionalizzazione. Una fregatura per la Valtellina
Nel 1962 la nazionalizzazione dell’energia elettrica. L’ENEL subentra a 1270 imprese fra le quali molte in provincia di Sondrio con centraline che vengono acquisite e poi chiuse, per essere poi ricostruite in questi anni, alcune con polemiche e anche con carte bollate.
Non giudichiamo la nazionalizzazione che aveva ragioni solide – una strategia di sviluppo passava per la certezza della futura disponibilità energetica che il sistema produttivo allora non è che la garantisse – e che ebbe però conseguenze negative anche pesanti sul mercato borsistico e quindi per i risparmiatori. Giudichiamo i fatti, due in particolare.
- FREGATI NELLE TARIFFE. La nazionalizzazione portò ovviamente all’unificazione tariffaria su tutto il territorio italiano. Unificazione, anche qui ovviamente, sui livelli maggiori anche perché l’ENEL aveva bisogno di fare cassa per far fronte al debito che aveva contratto rilevando quasi tutto il sistema produttivo elettrico, fuori essendo rimasti soltanto autoproduttori (caso Falck per noi) e Municipalizzate (AEM Milano e Aziende minori). E così i valtellinesi e valchiavennaschi che avevano le tariffe più basse d’Italia, con vantaggio per i cittadini ma anche per le imprese, si trovarono a sborsare una differenza la più alta di tutti.
- FREGATI NEI RAPPORTI. In provincia i maggiori produttori erano Edison, Sondel, Falck, Vizzola, AEM. Fatta salva l’AEM per la sua natura di azienda del Comune di Milano con la quale non erano facili, i rapporti con gli altri produttori da parte degli Enti locali erano generalmente buoni. In alcuni casi si era stabilita una collaborazione, certamente interessata da parte dei produttori, ma comunque positiva. Arrivato l’ENEL era come se fosse arrivato un Ministero. Al di là delle relazioni con le persone, e nonostante che gli stessi dirigenti si rendessero conto delle anomalie della situazione, di fatto non c’erano più interlocutori, al punto che per la compravendita di un modestissimo appezzamento di terreno attiguo alla palazzina ENEL di Via Bormio in Sondrio si dovettero aspettare mesi perché la decisione competeva (!!!) al Consiglio di Amministrazione a Roma.
Normativa. d) Nazionalizzazione. Una fregatura per i BIM e quindi per la gente
La fregatura più grossa fu per i BIM e quindi per la gente dei territori di montagna. Il 27 dicembre 1953 per ogni kW di potenza nominale media concessa la legge obbligava i produttori a sborsare annualmente 1300 lire. Vent’anni dopo le 1300 lire erano rimaste 1300 lire. Venticinque anni dopo le 1300 lire erano rimaste 1300 lire. Si doveva aspettare il giorno 22, sempre di dicembre, del 1980 per avere con la legge 925, pubblicata sulla G.U. del 6 gennaio 1981, giorno della befana, una rivalutazione seppur non completa. Le 1300 diventavano 4500 (sarebbero state 8558 se fosse stato recuperato per intero l’aumento del costo della vita che era stato del 658 per cento) e i “sovracanoni rivieraschi” da 436 salivano, in misura fissa, a 1200 lire. Saggia la norma di cui all’art. 3: da allora il Ministro dei LL.PP. per i sovracanoni BIM e il Ministro delle Finanze per i “rivieraschi” ogni due anni provvedono all’aggiornamento in funzione dei dati ISTAT sul costo della vita.
Come è stato possibile che non si provvedesse all’adeguamento a gran voce reclamato dalla montagna italiana e sostenuto politicamente da parlamentari di maggioranza e di opposizione?
Troppo forte l’ENEL, lui e i suoi sponsor, questi i più colpevoli.
I SOLDI
Normativa. e) Soldi: dalle 1300 lire ai 19,62 €uro di oggi
Cominciamo dalla notizia migliore. TITOLO III Capo I Articolo 31 comma 10 della Finanziaria 2003 (Legge 27 dicembre 2002, n.289 - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - GU n. 305 del 31-12-2002- Suppl. Ordinario n.240: “A decorrere dal 1º gennaio 2003, le basi di calcolo dei sovracanoni di cui all'articolo 27, comma 10, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, sono fissate rispettivamente in 18 euro e 4,50 euro. La Legge 28 dicembre 2001, n. 448 (in SO n. 285 alla GU 29 dicembre 2001, n. 301) Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge Finanziaria 2002, aveva peraltro già stabilito un aumento, al Capo II, Articolo 27 (Disposizioni finanziarie per gli enti locali): comma 10: A decorrere dal 1o gennaio 2002 le basi di calcolo dei sovracanoni previsti dagli articoli 1 e 2 della legge 22 dicembre 1980, n. 925, sono fissate rispettivamente in 13 euro e 3,50 euro, fermo restando per gli anni a seguire l'aggiornamento biennale previsto dall'articolo 3 della medesima legge n.925 del 1980.
Al presente, dal 1.1.2006 e quindi per gli anni 2006 e 2007 il sovracanoni BIM è di 19,62 €uro/kW di potenza nominale concessa e quello “rivierasco” di 4,91. Con la Finanziaria 2003 è stato finalmente ripristinato il valore reale del sovracanoni BIM, anzi esso risulta di qualcosa superiore alle 1300 lire del 1953
La storia dei sovracanoni del BIM nel tempo la riprendiamo da una nostra analisi pubblicata su “La Gazzetta di Sondrio” del 10 marzo 2004 partendo dal Decreto “Determinazione del sovracanone in tema di concessioni di derivazione d'acqua per produzione di forza motrice per il biennio 1° gennaio 2004-31 dicembre 2005”.- si scriveva - pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale di oggi, 3 marzo 2004.
La nuova entità del sovracanone è di €uro 18,90 per ogni KW di potenza nominale media concessa o riconosciuta. Dalle 1300 £ della legge 27 dicembre 1953, n. 959, alle 4.500 della legge 22 dicembre 1980, n. 925 (che ha introdotto l’indicizzazione), alle (rispettivamente per i bienni dal1° gennaio 1982 al 1° gennaio 2000) 6.052; 8.031; 9.500; 10.516; 11.767; 13.261; 14.521; 15.944; 16.677; 17.261, con poi dal 1° gennaio 2002, la base di calcolo fissata in €uro 13,00 e ancora con la legge 27 novembre 2002, n. 289, art. 31, comma 10, che, a decorrere dal 1° gennaio 2003, elevava ulteriormente la base di calcolo del sovracanone ad €uro 18,00..
Dipendendo l’aggiornamento dall'Istituto centrale di Statistica, avendo questi segnalato che la variazione percentuale verificatasi negli indici dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati (già indici del costo della vita) nel periodo di ottobre 2001-ottobre 2003 é stata di + 5,0 per cento, i 18 €uro sono diventati per quest’anno e per l’anno prossimo 18,90 pari a
36595,5 vecchie lire. Questo vuol dire un gettito prossimo ai 22 miliardi, sempre di vecchie lire.
Siccome per molti anni abbiamo, giustamente, recriminato sulla inadeguatezza dei sovracanoni, è giusto sottolineare come la rivalutazione intervenuta ha portato ad un risultato apprezzabilmente significativo. Quando il socracanone è nato valeva 1300 £ al kW di potenza nominale media concessa. Ha continuato a restare tale per 27 anni. In questo periodo ovviamente la svalutazione è andata avanti, anzi è anche corsa, causando una perdita per mancato adeguamento stimabile in oltre 500 miliardi di vecchie lire al valore odierno. Gli ultimi due, decisi, adeguamenti, il primo a 13 €uro e il secondo a 18 hanno superato il valore iniziale. Le 36595,5 lire del sovracanone 2004/2005 è nettamente superiore alle 33980,44 che corrispondono alle 1300 iniziali rivalutatela 31.12.2003.
Va ricordato che devono poi essere aggiunti i sovracanoni per Provincia e Comuni rivieraschi.
Detto questo un auspicio: potrebbe, una parte di questo maggior gettito, essere dedicata ad iniziative di contorno dei prossimi mondiali di sci, importanti sotto molti profili, e tali da interessare il resto della provincia. (p. il CCCVa: Alberto Frizziero - GdS 10 III 2004 - www.gazzettadisondrio.it)
Normativa. e) Soldi:Scippati centinaia di miliardi
Da “La Gazzetta di Sondrio” del 16 febbraio 2002:
”Uno studio di oltre una trentina di pagine, unica pubblicazione esistente in argomento, presentato da chi scrive alla Conferenza Provinciale per l'utilizzo delle acque, organizzato dalla Provincia il 24 giugno 1988, si soffermava ampiamente su questa progressiva perdita di valore del sovracanone.
Una serie di dati analitici evidenziava questa perdita. Il dato di sintesi era questo: la perdita, nominale, era a fine 1987 di £. 55.503.347.888, e la perdita in valore reale - lire 1988 - era di 159.155.005.125 £. Aggiornando i dati a fine 2001, ovviamente in valore della lira riferita a tale anno, la perdita complessiva si aggira intorno ai 443 miliardi. A questi andrebbero inoltre aggiunti - anche se la situazione é diversa essendo diversa la fonte legislativa - i miliardi perduti per la mancata rivalutazione dei sovracanoni per i Comuni rivieraschi”.
Dobbiamo dire che aggiornando il conteggio la cifra non salirebbe di molto in quanto sono intervenute le due successive rivalutazioni l’ultima delle quali ha portato in valore il sovracanoni a superare quello inizialmente fissato nel 1953 di 1300 lire
f) SOPPRESSIONE DEI BIM? DEMENZIALE
Normativa. f) Soppressione BIM. Tentativi
Non sono mancato tentativi di soppressione dei BIM. Il più importante, oltre a quello tentato dalla nostra Regione, quanto previsto nella legge 925 del 1980, quella della prima rivalutazione dei sovracanoni e dell’aggiornamento biennale, all’art. 5 disponeva che le Regioni potessero sciogliere i Consorzi BIM trasferendo tutto alle Comunità Montane. Questo però a una precisa condizione e cioè se fosse stato “acquisito l’assenso della maggioranza dei Comuni”. Non ci fu da nessuna parte.
Normativa. f) Soppressione BIM. Revival
Periodicamente, anche nella nostra provincia, un revival di questa ipotesi di soppressione pensando di passare la riscossione dei sovracanoni direttamente alle Comunità Montane o alla Provincia.
Normativa. f) Soppressione BIM. Ipotesi suicida
Periodicamente, anche nella nostra provincia, di fronte al revival di questa ipotesi di soppressione è stato necessario spiegare le ragioni profonde per le quali l’ipotesi sarebbe suicida e ad un tempo demenziale se presentata proprio da chi è beneficiario dei sovracanoni, ovvero le popolazioni di territori sedi di impianti idroelettrici. Il mondo è indubbiamente bello perché vario e quindi si può assistere anche a questo, se però chi sostiene tali ipotesi si documenta sulla natura del sovracanoni, sulla titolarità dello stesso, sul quadro giurisprudenziale andatosi a formare anche a livello di Corte Costituzionale. E’ in questa logica che ci siamo dilungati nella Premessa (primo capitolo) e in questo secondo per fornire gli elementi base del problema.
Nel prossimo capitolo oltre ad entrare nel merito dell’attività del BIM Adda si dovrà parlare anche delle persone non volendo unirci a quella specie di sport nazionale rappresentato dall’esercizio costante della critica per “i politici” dimenticando di dire anche solo un piccolo grazie quando combinano qualcosa di buono. E in questo settore di buono ne è stato fatto tanto.
Alberto Frizziero