PERCHE’ IL PIANO DEL PARCO DELLO STELVIO NON VA BENE

Considerazioni dell’ing. Giovanni Maria Bordoni, da settembre nuovo consigliere del Direttivo del Parco Nazionale in rappresentanza della Lombardia

Normalmente non amo fare il guastafeste: quando arrivo in un ambiente nuovo cerco di capire dove sono, quali sono le abitudini e le urgenze e di adattarmi. Il Parco dello Stelvio, a dire il vero, era per me qualcosa di non ignoto. I rapporti del passato con i Presidenti Mottana e Osio, per lo più legati alla politica regionale dei parchi e dello sviluppo del turismo in alta Valtellina, mi aveva portato a confronti utili per comprendere le logiche operative del Parco, le sue complessità e le sue contraddizioni.

Insomma, niente di nuovissimo per me. Forse proprio grazie a questi precedenti ho avvertito subito un prurito alla schiena quando ho constatato un particolare fervore nel voler approvare il Piano del Parco. Sapevo dalla stampa i controversi trascorsi e chiesi un pò di tempo per approfondirne “tecnicamente” gli aspetti, aiutato anche dal puntuale lavoro istruttorio compiuto dai Comuni e dalle Comunità Montane Lombarde, cui peraltro non faceva riscontro analogo approfondimento sul versante trentino ed alto atesino.

Proprio da quel fronte venivano peraltro le maggiori sollecitazioni a chiudere rapidamente la partita.

Ho fatto questa premessa perchè la qualità della comunicazione sul Piano del Parco da ottobre in poi mi è sembrata davvero carente e un pò di parte (ambientalista).

Rileggendola in queste vacanze di fine anno mi sono chiesto però cosa mai avrebbe potuto capire un lettore, per quanto attento.

Provo allora io a ripercorrere la questione del Piano del Parco in modo più ordinato, sperando di contribuire a fare davvero chiarezza.

COS’È IL PARCO DELLO STELVIO

Il territorio del Parco si estende per circa 132.000 ettari, di cui oltre 60.000 in Lombardia, 52.500 in Alto Adige e 19.350 in Trentino; interessa un territorio in minima parte abitato e per il resto privo di insediamenti permanenti perché in alta quota.

Le attività presenti nel territorio del Parco sono di tipo turistico, agricolo, forestale, legato ad attività mineraria e di escavazione di inerti e, importantissimo, alla produzione di energia.

Il Parco è gestito da tre Comitati (uno Lombardo, uno Alto Atesino e uno Trentino), che formano un Consorzio, governato da un Direttivo; in pratica un Consiglio di Amministrazione.

Il Parco è sussidiato con contributi dello Stato, che coprono i costi ordinari, della Lombardia e delle due province autonome.

L’accordo di Lucca del 1992 ridisegna gli organi e le funzioni del Parco Nazionale, istituito da una legge del 1935, prevedendo, tra i compiti del Direttivo, quello di “adottare il piano e il regolamento del Parco”, i cui contenuti vennero individuati da una serie di provvedimenti legislativi, a partire dalla legge quadro sulle aree protette n. 394 del 1991, per finire con il Codice dei Beni Culturali e del paesaggio di cui al D.lgs. 42 del 2004.

IL PIANO DEL PARCO

Completata la costituzione degli organi solo nel 1996, dopo l’emanazione della Legge Regionale, entro sei mesi l’Ente Parco avrebbe dovuto predisporre il Piano, quindi pubblicarlo, raccogliere le osservazioni, valutarle e trasmetterle al Ministero insieme al Piano per la definitiva approvazione, nell’ambito di un’intesa da trovare con la Regione Lombardia e le province autonome di Trento e Bolzano.

In realtà l’adozione del piano interviene solo nel luglio 2005 e viene pubblicato per le osservazioni a gennaio 2006. Nei termini vengono inoltrate numerose osservazioni, da parte in particolare dei comuni, delle Comunità Montane, dei Comitati di Gestione, della Comunità del Parco e di privati cittadini.

Il Direttivo avvia l’istruttoria delle osservazioni a fine ottobre 2006, incaricando una commissione tecnica di proporre una valutazione sulle stesse.

La Commissione era composta dai 3 direttori dei comitati di gestione, da un rappresentante della provincia di Trento e da uno di quella di Bolzano. La Lombardia, il cui territorio aveva proposto il pacchetto più strutturato ed argomentato di osservazioni, era inopinatamente esclusa.

Solo il 27.11.2006 il Direttivo mi inseriva nella commissione e potevo così rappresentare le volontà regionali, che si riconoscono pienamente nelle osservazioni proposte dai Comuni e dal Comitato di Gestione Lombardo.

Ho fatto un pò di cronistoria per evidenziare come:

a) ci sono ritardi gravissimi nella predisposizione del Piano, certo non ascrivibili unicamente a questa Amministrazione;

b) l’iter approvativo si è di fatto attivato solo a fine 2006 con l’esame delle osservazioni e non ha senso proporre forzature dei tempi;

c) la corale sollevazione sul Piano da parte dei comuni lombardi, con la condivisione di un documento di pesantissima censura delle scelte nello stesso contenute, impone un ripensamento complessivo e il recepimento delle istanze formulate.

PERCHÈ IL PIANO DEL PARCO NON VA BENE

Nel Direttivo, a partire dalla prima seduta cui potei partecipare a pieno titolo il 27.10.2006 (la Regione aveva trasmesso la nomina il 27 luglio!), mi trovai nella scomoda situazione di far segnare il passo all’iter approvativo, davanti a diversi colleghi che sembravano voler recuperare improvvisamente i ritardi accumulati.

Gli approfondimenti che avevo potuto fare nel merito dell’elaborato, l’acquisizione dei pareri dei nostri comuni sulle scelte del Piano, la constatazione che molte di queste manifestatamente contrastano con lo spirito istitutivo stesso del Parco (che non prevedeva certo che le attività dell’uomo e l’uomo stesso fossero bandite o penalizzate, ma solo regolate in un rapporto che sostenesse e valorizzasse la natura e il paesaggio nel quale si svolgevano), l’antitesi che il Piano realizza con i progetti di sviluppo perseguiti da oltre 10 anni dalla Regione su parte dei territori del Parco non potevano certo essere sacrificati in nome di un formale adempimento e una prescrizione di legge, peraltro ampiamente disattesa per anni.

Si può aspettare qualche mese ancora e recuperare le troppe carenze, sottovalutazioni, contradditorietà e disprezzo dei pareri delle comunità locali che questo piano si porta appresso.

Mentre affermavo questi principi in Direttivo, la Giunta della Lombardia prendeva atto dell’Istruttoria del Piano del Parco sviluppata da un gruppo di lavoro interassessorile che riproponeva questioni già poste dal mio predecessore nel Direttivo prima dell’adozione del Piano e solo parzialmente recepite proprio nella seduta di adozione. Si tratta di 8 pagine fitte fitte, piene di rilievi sostanziali e formali che vi risparmio nei particolari e sintetizzo così:

a) il piano non è stato sottoposto a valutazione di incidenza e non è stata seguita la procedura di valutazione ambientale strategica;

b) il piano non opera scelte per la tutela e lo sviluppo di elementi di fondamentale importanza, rinviando il tutto a 20 progetti speciali dal contenuto indefinito, dai tempi non precisati e dalle procedure problematiche;

c) il piano non ha i contenuti paesistici prescritti dal Decreto Ambientale n. 42/2004;

d) la normativa è spesso generica, non conforme alla nuova legislazione, faragginosa soprattutto per le attività e le presenze antropiche, superficiale rispetto al tema di Natura 2000, evasivo sulla viabilità di attraversamento e le modalità di realizzazione delle relative infrastrutture;

e) la materia di tutela e gestione di fauna e flora sono generiche e lo stesso la tutela del suolo e degli aspetti geomorfologici;

f) non esiste un piano delle acque, non c’è raccordo in materia con le disposizioni regionali e in cambio si prevedono differenti ed incongrui criteri per determinare il minimo deflusso vitale;

g) non è prevista un’adeguata normativa per le attività agro-silvo-pastorali, per la realizzazione delle strade forestali, per la disciplina degli alpeggi e per la trasformazione del bosco.

Queste ed altre più specifiche considerazioni erano state oggetto dell’osservazione unitaria proposta da tutti i Consigli Comunali della parte lombarda del Parco al Piano adottato, con la conclusione che lo stesso si propone come “largamente carente e tale da non meritare un giudizio positivo”.

Davanti a una siffatta stroncatura e ben prima di infilarsi nella valutazione delle singole osservazioni, sarebbe stato saggio fermarsi a riflettere sullo strumento che si voleva approvare, cercando di integrarne i contenuti in modo da non assumere un Piano che sarebbe stato illegittimo ad ogni effetto di legge.

Si è preferito cercare di andare avanti, ignorando anche la disponibilità dei Comuni che, con qualche ingenuità se vogliamo, avevano offerto una disponibilità all’approvazione del Piano, nell’interesse delle popolazioni interessate, purchè venissero introdotte le correzioni in accoglimento alle loro richieste, tanto di carattere generale che particolare, recuperando quel processo di pianificazione dal basso che il documento proposto non aveva praticato.

COSA FARE ADESSO

Rimboccarsi le maniche, innanzitutto. La Regione ha annunciato la volontà di coordinare l’uscita dal pantano, supportando l’azione del Direttivo. Sebbene con ritardo, su questo percorso si sono disposte anche le due province autonome, accettando di concorrere a dotare il Piano del Parco dei contenuti minimali per la sua legittimità e di quelli richiesti dalle comunità locali per la sua accettabilità.

Sgomberato il campo dai tentativi di forzatura, sarà spero possibile approntare un Piano che tenga conto delle previsioni normative e delle aspirazioni di chi vive nel Parco di non vedere mortificate legittime aspirazioni di sviluppo compatibile.

Ci vorrà qualche mese, ma ne sarà valsa la pena: per la gente, per l’Istituzione, per il Parco stesso.

Per quanto mi riguarda mi adopererò per dare continuità ad un progetto di sviluppo del territorio che sia anche di promozione del Parco, delle sue straordinarie bellezze come delle necessità di chi ci vive.

Tutto questo in coerenza con la politica regionale per la montagna che, a partire dalla legge 10 del 1998, ha perseguito con convinzione la necessità di trasformare il territorio montano da problema a risorsa della Lombardia.

Giovanni Maria Bordoni (x)

(x) consigliere del Direttivo del Parco Nazionale

Giovanni Maria Bordoni
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