INTERVISTA A MIKHAIL S. GORBACIOV , PRESIDENTE DE THE WORLD POLITICAL FORUM
Parlare di Glasnost (= "apertura", dai termini russi "pubblico" e "voce" ) è come tornare agli anni '80. Tuttavia la parola descrive esattamente le sfide attuali dell’informazione nel mondo globalizzato.
Mikhail Gorbaciov, Presidente dell’ex Unione Sovietica e premio Nobel nel 1990, sa bene quanto la sua politica abbia sollevato speranze e paure, e quanto ancora significhi per i media, il potere e la società civile di oggi.
Il tema è stato al centro di un seminario internazionale promosso dal World Political Forum - il gruppo intellettuale globale fondato da Gorbaciov quattro anni fa per monitorare i processi chiave della globalizzazione - in cooperazione con la Provincia di Venezia che all’isola di S.Servolo ha accolto in modo splendido gli esperti internazionali, giornalisti e professionisti dell’informazione che hanno discusso il ruolo cruciale dei: “Media tra i cittadini e il potere” (Isola di s. Servolo, Venezia,28- 29 giugno 2006).
- Signor Presidente, il Convegno verte su:” I Media tra i cittadini e il potere”. Lei crede che i giornalisti siano liberi veramente? E in Russia?
La politica senza sistemi di comunicazione è morta. Ovviamente i media devono interagire con la politica, perché con questa vengono prese le decisioni che riguardano i cittadini. Dico ciò sia come osservatore della situazione generale, che di quella russa dove c’è una fortissima lotta per il controllo dell’informazione. Per essere più preciso, la comunicazione si basa su sostegni e finanziamenti pubblici e privati, perciò non c’è indipendenza, ma solo dipendenza. Però se in un qualunque Paese gli istituti della democrazia funzionano, se si trova un sistema elettorale davvero ugualitario, non dovrebbero nascere problemi particolari per la divulgazione.
In condizioni di Glasnost non c’è nessuno che può imporre il suo punto di vista, perché tutti sono costretti a far conto sulla dialettica. Per mia esperienza, ogni riunione del Politburo iniziava con l’esame di quanto scrivevano i giornali. Più è indipendente la stampa e più è alto il livello di democratizzazione della società.
Attualmente, con un deputato russo abbiamo il 49% delle azioni di una gazzetta molto radicale e nuova, mentre il 51% è nelle mani della redazione che è libera di assumersi le sue responsabilità per quanto si pubblica. Certo, in un Paese libero e liberale è molto più semplice risolvere problemi che esistono fra stampa e potere. In ogni caso, sono convinto che la lotta fra questi due continuerà per sempre. Per esempio, nel momento più critico della perestroika (la ristrutturazione dell'economia sovietica), i giornalisti continuavano a chiederci con insistenza di rendere pubblico il lato peggiore del regime da subito. Ma, nell’ottica della perestroika, la gente non poteva ripudiare d'un colpo la propria storia e gli ideali in cui i padri e i nonni avevano creduto, e per i quali avevano lottato.
La società civile aveva bisogno di essere accompagnata, portata per mano per comprendere in modo graduale questo momento di transizione.
Guardando ai tempi più recenti, la campagna del presidente Usa George Bush per la guerra in Iraq è un esempio molto significativo. Il dibattito riguarda oggi l'acquiescenza dei media statunitensi che non hanno saputo contestare le motivazioni di questa guerra da parte dell'amministrazione Bush. Come le armi di distruzione di massa, che dopo tre anni dall'invasione americana, non sono ancora state trovate.
- Il crollo delle grandi ideologie ha provocato dei vuoti in tanti Paesi. Per lei è meglio che ci siano o no? Che cos’è il comunismo per Lei ora?
Penso che nelle nazioni dove é cominciata la democrazia , è molto importante creare unione civile o meglio, delle rappresentanze della società civile. Per esempio, sono membro di una fondazione che controlla come funziona lo Stato in Russia. Sono assolutamente contrario a qualsiasi tipo di censura giornalistica, soprattutto quando vengono toccati problemi enormi di carattere nazionale o globale.
Sono tante le idee sul socialismo: se ne scrivono di tutti i colori. Per me è libertà e giustizia. In futuro non credo che vi sarà più una scelta tra il socialismo ed il capitalismo, ma una tendenza ad unificare gli aspetti positivi di entrambi.
- Il suo modo di essere rivela che è uno abituato a comandare…
E’ successo, non mi ero posto tale compito. Però da quando sono andato via dal potere, da quando non sono più il Presidente, mi sento una persona libera e questa è una sensazione meravigliosa.
- Lei ha detto che i giornalisti hanno bisogno del potere politico ed economico.
In Russia vi è una situazione difficile perché mancano i mezzi necessari per vivere. La stampa centrale, a livello federale, riesce ancora a fare qualcosa, però quella regionale, si trova in grandi difficoltà. Non bisogna scoraggiarsi, se si riesce ad aumentare la sovranità popolare formando la società civile, cambiano anche posizione le persone del business.
I grandi imprenditori operano per aiutare il popolo a vivere, ma pure per essere dentro alla politica. Quotidianamente leggo almeno 10 giornali e penso che c’è un forte pluralismo: non c’è stampa dove non si critichi il governo. I mass-media debbono essere responsabili e liberi. Voi che scrivete, non potete considerarvi Dio: gli errori li commettete anche voi.
- Oggi nel mondo l’economia condiziona molto le decisioni politiche. Come restituire alla politica la centralità che le spetterebbe?
Il ritmo del cambiamento è altissimo: viviamo tutti in un mondo diverso e globale, mentre la risoluzione dei problemi è ancora affidata a metodi vecchi del periodo della guerra fredda.
Si diceva che organismi come la NATO e l’Accordo di Varsavia dovevano essere trasformati in istituzioni politiche per risolvere problemi politici. Oggi la NATO ha una struttura solida e un bilancio positivo. Non potrà di sicuro stabilire cosa sia giusto, utile, necessario per altri popoli, altre società ed altri Stati. La politica occidentale ha avuto la grave malattia di considerarsi vincitrice ed assumere decisioni univoche, senza considerare minimamente i consigli dell’ONU o di altri Paesi. La stampa deve far capire quali sono le difficoltà delle nostre attuali società e anche della Russia, in modo particolare.
- La riforma democratica che immaginava era dentro o fuori la Russia?
Era dentro e fuori:dappertutto.
- Il presidente americano Truman affermò che il 90% delle informazioni venivano sottoposte a censura. E in Russia?
I segreti di Stato è meglio non pubblicarli, perché quando vengono resi noti, il mondo potrebbe saltare per aria. Ci vuole una certa cautela.
Nel corso della guerra fredda, lo scontro era talmente elevato che se fossero state pubblicate tutte le cose segrete, ci sarebbero state numerose esplosioni nel confronto.
Sono stato nel centro del Presidente J. Kennedy a Dallas e sul registro dei visitatori ho scritto: “So perché l’hanno ucciso. In un suo discorso preelettorale del 10 giugno ’63 aveva compilato questa frase rivolta a qualcuno degli USA:- Se voi pensate che il mondo futuro si chiamerà “ Pace americana”, vi sbagliate di grosso-. Nello stesso discorso disse: - Quando critichiamo il comunismo, non dobbiamo commettere l’errore di demonizzare i russi che sono persone come noi, che desiderano una vita felice per se stessi e per i loro figli- L’avremmo iscritto volentieri nel partito comunista, anche se adesso preferirei accoglierlo nel partito socialdemocratico.
Quello che dobbiamo chiederci il perché è morto un uomo che diceva che il futuro sarebbe stato nel dialogo, nella comprensione, nella collaborazione dei due sistemi.
Anch’io, a pensarci bene, qualcosa so e per tale ragione mi fanno seguire dalle guardie di sicurezza. Ormai non sono più così importante, ma sono portatore di segreti di Stato che non potrò mai rivelare.
Maria de Falco Marotta